Excusatio non petita, accusatio manifesta

«Excusatio non petita accusatio manifesta»: letteralmente scusa non richiesta, accusa manifesta. Si dice quando qualcuno anticipa le proprie giustificazioni, senza che sia stato previamente accusato dall’interlocutore, tradendo così un senso di colpevolezza.
Ho letto il comunicato (come sempre poco rispettoso degli interlocutori) con cui Rete prende le distanze dalla discussione nella Prima Commissione Consiliare sulla «proposta di legge per parificare il trattamento retributivo dei professori di religione con quelli delle altre materie».
Si preoccupano di affermare che «Non ne facciamo una questione ideologica: qua la religione non conta nulla. Si potrebbe a lungo disquisire sul fatto che si insegni “religione cattolica”, ma non è questo il punto». Bene, possiamo pensare, si tratta allora di un problema di giustizia o di qualcosa d’altro. Vediamo che dicono, allora. Dopo un ragionamento fazioso sullo stato degli altri lavoratori trattati, a loro modo di vedere, ingiustamente, invece che chiedere un allargamento delle condizioni per tutti, si fa il classico ragionamento di biblica memoria: «Muoia Sansone e tutti i filistei».
Ma poi emerge la vera natura dell’opposizione al provvedimento. Sentiamo: «Quando l’insegnamento non sarà più la religione cattolica ma la storia delle religioni, e i professori verranno selezionati in base agli stessi meccanismi e parametri cui devono assoggettarsi tutti gli altri insegnanti (compresa l’obbligatorietà dell’insegnamento), allora sarà benvenuta e doverosa una parificazione della loro retribuzione.»
Appunto: «Excusatio non petita accusatio manifesta». Una volta questa si chiamava ideologia, cioè affermazione o ragionamento che nasconde gli interessi reali. Anche se qui il diavolo, che notoriamente fa le pentole ma non i coperchi, si è lasciato sfuggire la vera motivazione. Nella scuola che si vuole «laica» (ma noi pensiamo «laicista») non ci deve essere spazio per la religione cattolica. Non interessa affatto che la Repubblica abbia una sua storia, le sue tradizioni, i suoi valori. Siamo arrivati noi di Rete e cambiamo a nostro gusto le regole, vi piaccia o no. Siete voi di Rete i veri «aguzzini»!

P.S.: Quello che gli insegnanti di religione cattolica hanno desiderato e ottenuto non è una qualche sorta di privilegio. Né un indebito aumento di stipendio. Hanno chiesto giustizia. E se la loro condizione implica un intervento della Curia (la cosiddetta «idoneità») credo la si possa equiparare alla certificazione della competenza. Del resto ci sono materie che, per essere insegnate, esigono la certificazione che ne attesti adeguata qualificazione, senza che questo implichi pregiudizio ad altre situazioni. Quanto approvato in sede politica richiede con chiarezza che gli stessi docenti si conformino, nel loro insegnamento, a quanto è richiesto a tutti per didattica e rispetto delle norme stabilite dalla legge.

P.S.: Credo che un serio dibattito sull’argomento – e non la solita tiritera dei luoghi comuni – sia un bene per tutta la nostra Repubblica. I docenti di religione non si sono mai sottratti a rendere ragione del loro operato.

Don Gabriele Mangiarotti