Omelia alle esequie di Luca Fantini

Chiesa di Serravalle, maggio 2014

Lam 3, 17-26

Sal 129

Gv 14, 1-6

Cari fratelli, care sorelle,

queste parole prese dal libro delle Lamentazioni sembrano scritte proprio per noi: «Il ricordo del mio vagare e della mia miseria è come assenzio e veleno. Ben se ne ricorda la mia anima» (Lam 3,19).

Sulla rupe di Pennabilli c’è una pianta di assenzio. Ho provato a stringerne tra le dita alcune foglioline; ho portato alla bocca le dita: l’assenzio è amarissimo!

«E’ scomparsa la mia gioia, la speranza che mi veniva dal Signore» (Lam 3,18).

Il dolore va rispettato. Non giovano le frasi fatte. Sono di troppo anche le parole. E dal dolore non si scappa. Hai due possibilità: vivere il dolore con Gesù o viverlo senza. La vita può essere interpretata come vagabondaggio o come pellegrinaggio. La differenza sta nella meta. Vagabondo è chi non ha meta, pellegrino chi ha meta. La scelta della famiglia di Luca di celebrare qui, nella chiesa parrocchiale, l’ultimo saluto è una conferma che abbiamo scelto di essere pellegrini: abbiamo una meta. Le parole di Gesù lo dicono esplicitamente: “Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto vi prenderò con me (Gv 14, 2-3).

Negli anni del seminario – permettete questo ricordo – a ciascuno di noi studenti, veniva assegnato un posto: un posto in cappella, in refettorio, a scuola, in studio e persino nella fila. Gli educatori, di tanto in tanto, cambiavano il posto: era sempre un avvenimento con sorprese. L’unica eccezione era prevista per il sabato sera, quando nel teatro, si assisteva alla proiezione del film. Non c’erano posti assegnati. Erano liberi. Ricordo la gioia quando qualcuno dei compagni mi teneva il posto. Mi capitava di sentire: «E’ occupato per Turazzi!» (si usava chiamare col cognome). E’ ormai un lontano ricordo, ma mi serve per descrivere l’effetto che provo nel rileggere le parole rassicuranti di Gesù: Nella casa del Padre mio vi sono molti posti… vado a prepararvi un posto… Ce n’è uno che Gesù riserva anche per Luca: «Occupato per Luca»!

Una terribile disgrazia l’ha portato via lasciando tra noi un vuoto incolmabile. Anche al tempo di Gesù vi fu una disgrazia (cfr. Lc 13, 1-5): diciotto galilei furono coinvolti nel crollo di una torre a Siloe. Il fatto venne riferito a Gesù, con il tono della provocazione: di chi la colpa? Gesù smascherò la duplice insidia: il giudizio su quei diciotto, il giudizio su Dio che ha permesso la disgrazia. Né l’una né l’altra interpretazione era giusta secondo Gesù. «Credete che quei 18 fossero i più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No…» e Gesù continuò con un forte invito alla conversione. Viene in mente un passaggio di un celebre romanzo: «Quando senti i rintocchi di una campana a morto, non chiederti per chi suona la campana. Suona per te!»

Preghiamo per Luca.

Preghiamo perché il mistero della sua morte non sia inutile.

Lo uniamo al sacrificio di Gesù morto ancora giovane sulla croce per la nostra redenzione. Lo facciamo nostro condividendo il dolore dei suoi cari e accettando di bere qualche goccia almeno di questo calice amaro. Lo sentiamo come appello che invita a considerare il grande valore della vita e la preziosità della giovinezza. Un appello rivolto specialmente ai giovani qui presenti.

«Questo intendo richiamare alla mia mente; e per questo voglio riprendere speranza. Le misericordie del Signore non sono finite, non è esaurita la nostra compassione, esse sono rinnovate ogni mattina» (Lam 3, 21-23).