Omelia nella Trasfigurazione del Signore

6 agosto 2023

Dn 7,9-10.13-14
Sal 96
2Pt 1,16-19
Mt 17,1-9

Festa della Trasfigurazione del Signore: cuore dell’estate. La liturgia ci suggerisce di abbandonare per un attimo la lettura continuata del Vangelo di Matteo, andando a cercare, al capitolo 17, l’avvenimento sorprendente che ha riempito di stupore e di gioia gli apostoli, fino a dichiarare la loro disponibilità a restare lì sul monte per sempre.
È festa della bellezza. La bellezza è proporzione, misurazione, equilibrio, armonia, dove le parti si integrano con il tutto. Ma soprattutto la bellezza è ciò che stupisce, meraviglia e piace. Ed è gratuità.
Il Vangelo ci porta a considerare la bellezza di Gesù, ma anche quella dei cristiani. Paolo li descrive così: «Voi siete luce» (Mt 5,14) o li invita a “rivestirsi di luce” (cfr. Rm 13,14), proprio come appare Gesù nella Trasfigurazione, «splendente come il sole» e con le vesti «candide come la luce».
Entriamo nella comprensione più profonda di questa pagina in cui si intrecciano i temi della Pasqua: da una parte la luce della risurrezione, lo splendore della vittoria di Gesù, e dall’altra l’amara croce, la Passione. Troviamo effettivamente tanti elementi che ci portano a collegare la Trasfigurazione con l’esperienza della Pasqua, dove si rivela la messianicità di Gesù: Gesù, il Messia, l’atteso, che finalmente si manifesta nel suo splendore.
Il motivo per cui Gesù è su quel monte, il monte Tabor secondo la tradizione, in realtà è una ritirata strategica. In quei giorni si sta celebrando la festa delle capanne, che in Israele, a Gerusalemme soprattutto, segna l’apogeo dell’esaltazione collettiva. Si tratta di giorni di manifestazioni e talvolta di autoproclamazioni di messianicità da parte di qualcuno. Gesù si defila: non vuole che venga fraintesa la sua messianicità. Il collegamento tra Trasfigurazione e Pasqua appare chiaro attraverso tanti particolari, ad esempio, la voce del Padre, che Matteo raccoglie e trasmette nel Vangelo: «Questi è il Figlio mio, l’amato». E poi concluderà dicendo: «Ascoltatelo!». È, in fondo, l’incipit del primo carme messianico, quello del Servo sofferente, che indica di quale messianicità si tratta. Poi, il fatto che Gesù chiama con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e di lì a poco li chiamerà nel Getsemani, nella sua ora di agonia. Inoltre, il monte della Trasfigurazione fa pensare al monte delle Tentazioni, dove il diavolo cerca di stornare Gesù dal progetto che il Padre gli ha assegnato. Ma il monte è anche quello della risurrezione e dell’invio missionario, alla fine del Vangelo di Matteo, quando Gesù dirà: «Ogni potere mi è stato dato…». E poi, benché dubbiosi, li invia a portare l’annuncio della risurrezione e della Pasqua a tutte le genti.
Gesù si è trasfigurato. C’è una metamorfosi improvvisa di bellezza che genera stupore ed estasi. Tuttavia, Pietro fa una gaffe quando dice: «Signore, facciamo qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia» (Mosè ed Elia erano, infatti, comparsi con Gesù). Pietro confonde quella che è la Trasfigurazione con la Festa delle Capanne, ma soprattutto, chiedendo di fare tre tende, accomuna Gesù a Mosè e ad Elia, mentre invece, alla fine del brano, Matteo sottolineerà la solitudine di Gesù. Gesù è solo dal punto di vista storico-salvifico: solo lui è il Signore, lui solo il Salvatore. Ma c’è anche la solitudine umana e dolorosa di Gesù. La Trasfigurazione sta inclusa fra due momenti in cui Gesù preannuncia agli apostoli la Passione. La Trasfigurazione, inoltre, è attigua alla confessione di Pietro. Gesù chiede che cosa pensi la gente di lui e gli apostoli risponderanno: «Ti pensano come Mosè, come Elia redivivo, come un grande profeta…». E Gesù dirà: «Ma voi chi dite che io sia? Chi sono io per voi?». Pietro risponderà per tutti con quella confessione che non può venire da lui: «Tu sei il Messia, il Figlio del Dio benedetto». Pietro, che ha fatto questa confessione, è scioccato al pensiero che Gesù scende dal monte con loro, lui solo, incamminato verso la Passione. Pietro e gli altri fanno fatica a comprendere il messianismo di Gesù.

Concludo con un pensiero particolare per le persone che, durante questa estate, stanno soffrendo molto, a causa degli incendi e del maltempo. Penso a tutti coloro che non hanno l’opportunità di fare qualche giorno di vacanza, a quelli che consentono a noi di fare qualche esperienza di riposo e di svago… Chi riesce a fermarsi dagli impegni quotidiani, dedichi un po’ di tempo a lasciarsi educare dalla bellezza, salendo sui monti del nostro territorio, lasciandosi sorprendere da un’alba sulle rive del mare, ma anche tuffandosi nell’arte… La bellezza più bella è Gesù. Proponiamoci di entrare in confidenza con lui, di stare con lui, di trovare nell’angolo della preghiera il raccoglimento per gustare, come Pietro, Giacomo e Giovanni, la sua bellezza.

I ragazzi pregano

4 agosto 2023

La mattinata è dedicata alla proposta del sacramento della Riconciliazione. Voglio proprio vedere come i giovani reagiranno. Ancora una volta si preferisce coinvolgerli per sentire da loro cosa pensano e come vivono il sacramento della Confessione. Diversi i sentimenti che raccolgo: timore, incertezza, imbarazzo, soggezione, inquietudine… Ma c’è anche chi aspetta questo momento. C’è chi si avvicina alla Confessione alla ricerca di un dialogo: apprezza la conversazione con un prete preparato e umano, accarezza l’idea di essere capito e giustificato. C’è chi ha ancora un’idea infantile della Confessione e quindi avverte la sua inutilità, adesso che è grande, pensando che si vanno a ripetere sempre le stesse cose, senza mai cambiare. C’è tra i ragazzi chi si pone domande più profonde e radicali: perché il perdono di Dio attraverso un uomo? Possibile che basti un gesto, tutto sommato così semplice, per cancellare persino un delitto? La Confessione è stata realmente voluta da Cristo o è un’invenzione della Chiesa? Non sarebbe più semplice e più maturo riparare il male di cui si è responsabili, direttamente, senza una mediazione rituale? Anch’io, come loro, mi scandalizzo, non lo nascondo, per l’arroganza mafiosa, per l’ingiustizia, per l’umiliazione dei deboli, per la falsità sfacciata e subdola, per la mancanza di rispetto degli altri. Arrossisco e soffro per gli scandali nella Chiesa… Provo a dare qualche risposta: sono il vescovo catechista. Alla fine, una ragazza simpatica e schietta mi dice che è soddisfatta solo un pochino e fa il gesto col quale si chiede il caffè ristretto! Ribadisco: tutti abbiamo bisogno di misericordia, di perdono. La tentazione di denunciare la pagliuzza nell’occhio del fratello anziché la trave che è nel proprio è sempre in agguato.
Siamo una dozzina di preti a disposizione per i 250 giovani a noi affidati. Non so che cosa accade: mi hanno chiuso nella cappella del fonte battesimale. Non vado oltre… La Confessione è un momento segreto. Alla fine, imparo che tanti ragazzi hanno vissuto questo momento con serietà e serenità (ci saranno anche altri momenti per accostarsi alla Riconciliazione).
Oggi pomeriggio siamo stati introdotti in uno dei grandi eventi, tra i più attesi, la Via Crucis. Come ieri, il Papa arriva in grande anticipo per salutare i giovani che riempiono il grande parco “Eduardo VII”. Ce ne accorgiamo sentendo le grida festose che scoppiano dove papa Francesco sta passando. La Via Crucis comincia con due momenti di grande silenzio. È impressionante il silenzio di 500mila giovani: assordante! Silenzio dopo la prima domanda del Papa: «Io piango, qualche volta? Ci sono cose nella vita che mi fanno piangere?». Silenzio dopo la seconda domanda: «Ciascuno di noi pensi alla propria sofferenza, pensi alla propria preoccupazione, pensi alle proprie miserie. Non abbiate paura, pensateci. E pensate al desiderio che l’anima torni a sorridere».
Il Papa ha aperto la Via Crucis ricordandoci che Gesù ha camminato. Ha camminato molto per asciugare lacrime, per sanare, per perdonare… Gesù cammina. Cammina oggi, accanto a ciascuno di noi.
Il palco è una grande struttura. Ieri mi chiedevo se fosse un edificio in costruzione, con tanto di impalcatura e scalette. Adesso capisco: è stato pensato anche per la Via Crucis. La croce dovrà passare da un piano all’altro, da una stazione all’altra, in verticale. Un gruppo di giovani ballerini si passano la croce arrampicandosi. Il cammino è tutto in salita, come è stato per Gesù, come è per tanti giovani di oggi. Ad ogni tappa una meditazione. C’è molta commozione. Scenografia avvincente, testi profondi. Non c’è solo spettacolarità, ma anche raccoglimento. Il Papa segue la Via Crucis da un monitor che gli è stato messo davanti. Un’ora e mezza di preghiera… con la vita. Non solo lacrime, ma anche risurrezione. I ragazzi pregano. Chiedo qualche impressione ai miei colleghi vicini. Uno mi dice: «Delicatezza e poesia per descrivere la realtà di vita dei giovani». Qualcuno sottolinea la stazione dedicata alla Veronica, dai volti ben curati – i giovani confessano di dare molta importanza all’immagine – ma al di là dei quali c’è un mondo tutto da scoprire e da conoscere. Amare è lasciarsi attrarre dal volto dell’altro, spesso un volto sfigurato come quello di Gesù. Un altro collega è rimasto molto colpito dalla stazione del Cireneo. «Il Cireneo – sottolinea l’arcivescovo di Milano – è uno costretto, non è come diciamo noi di solito, che va spontaneamente, poeticamente». Sta ad indicare ai giovani le tante cose che devono vivere, che capitano, piaccia o non piaccia. Croci da portare… Poi, vicino a me c’è monsignor Michele di Sulmona. Mi dice: «Che tenerezza la scena della deposizione di Gesù: le ballerine, come la Vergine, stringono un fagotto in cima alla struttura e pian piano t’accorgi che quel fagotto è il loro bambino. C’è tanta delicatezza, tanto amore e tanta cura». Davvero i ragazzi pregano.

+ Andrea Turazzi

I giovani vogliono bene a papa Francesco

3 agosto 2023

Ancora una mattina di formazione. Trovo i ragazzi – sono quasi tutti maggiorenni – partecipi e impegnati. Che sia la stanchezza a renderli così quieti? Ma questo è un pensiero malizioso… Devo subito ricredermi: lavorano sodo e formulano pensieri e domande a cui non è facile rispondere. Ne cito almeno una: «I sacerdoti e i vescovi sono abituati ad avere confronti solo con ragazzi che frequentano la Chiesa, ma questi sono solo un’infinitesima parte dei ragazzi che ci sono là fuori, con cui noi, al mare, il sabato sera e nei luoghi comuni ci confrontiamo. Da questi confronti emerge un’opinione molto diffusa, ovvero “Credo in Dio, ma non nella Chiesa”. Ciò che manca, dunque, nei giovani non è tanto la fede in Dio, quanto la fiducia e l’attrazione per la Chiesa. Perciò vi rivolgiamo questa provocazione: “La Chiesa è davvero accogliente? È invitante per i giovani? È al nostro passo?”».
Vado sulla piazza del piccolo villaggio in cui ci troviamo a lavorare (tre quarti d’ora da Lisbona). Non resisto alla tentazione di scattare qualche foto a distanza, per non disturbare. I giovani sono divisi a piccoli gruppi in cerchio, seduti per terra. A Messa dovrò commentare (brevemente!) un testo un po’ complicato dal libro dell’Esodo, che mi diventa semplice e ben spiegato da quello che sto vedendo sulla piazza. La lettura biblica parlerà della “Shekinah Adonai” (presenza di Dio) sulla dimora che Mosè ordina di costruire con raccomandazioni minuziose. Il Talmud dirà poi che la “Shekinah Adonai” è sopra i due o tre che parlano della Torah (la Legge di Dio), diversamente, se parlano del più e del meno, la loro è una riunione di burloni. Accadrà anche durante l’esilio: Dio lascerà il tempio per porre la sua Shekinah sugli esuli… In questi giorni vedo tanta presenza del Signore su di noi. E ne godo.
Nel pomeriggio ci si muove alla svelta per raggiungere il parco Eduardo VII per l’accoglienza al Papa. Mi trovo in una posizione un po’ scostata, potrò vedere il Papa solo nel maxischermo, ma ho il vantaggio di essere all’ombra. Sono giornate di sole e vento. Quando sfilano le bandiere delle nazioni partecipanti non vedo quella di San Marino… In effetti i nostri non sono partiti: preferiscono un momento di riposo per essere in piena forma domani alla Via Crucis, uno dei momenti sicuramente più forti della GMG.
Il Papa arriva molto in anticipo. Si sposta sulla papamobile per sfiorare almeno le migliaia di giovani presenti. Parte un applauso fragoroso quando arriva sul palco. È sulla carrozzina, come appare spesso in pubblico, ma sembra essere in gran forma. La regia sa creare un clima gioioso ma al tempo stesso raccolto. Una suora, quasi a passo di danza, scende la gradinata che parte dal palco verso la folla; porta tra le mani uno scatolone. Che cosa nasconderà? Un gruppo di giovani ballerini trae fuori pagine bianche. Su quei fogli vengono raccontati, l’una dopo l’altra, le solitudini, le sofferenze, i desideri, le gioie, le speranze dei giovani di oggi. È come una cascata impetuosa, un grido dopo l’altro. Il momento è particolarmente intenso e vero. Il Papa prende la parola. Insiste con forza e fa ripetere: «Dios nos ama. Dios nos ama, como nos somos. (…) As sido llamando por tu nombre. (…) Nos abraza a todos, todos, todos… Dios nos ama, no como quisiéramos ser o como la sociedad quisiera que seamos. ¡Como somos!». È uno spagnolo facile da capire, facile da ripetere. Anche i vescovi compassati che ho attorno a me gridano insieme ai giovani: «Dios nos ama, como nos somos».
È evidente, essere amati e sentire di essere amati cava fuori il meglio che è in ognuno. Il Papa è commosso, ma lo siamo anche noi. Canzoni, danze, applausi: i giovani vogliono bene a papa Francesco.

+ Andrea Turazzi

“Non si vede bene che col cuore”

A colazione ho la fortuna di sedere accanto al dottor Marcello Bedeschi, già amministratore dell’Azione Cattolica nazionale negli anni ruggenti e tra gli iniziatori delle Giornate Mondiali della Gioventù, giusto quarant’anni fa. Mi parla della volontà ferma di Giovanni Paolo II di realizzarle, inarrestabile davanti all’evidente difficoltà dell’impresa. Le GMG sono uno degli avvenimenti internazionali più importanti, che danno alla Chiesa una visibilità mondiale e mediatica unica. «Giovanni Paolo II – mi conferma il dottor Marcello – ha avuto sempre un rapporto particolare con i giovani, col loro entusiasmo e il loro desiderio di incontrarsi. Divenuto Papa, ha cercato disperatamente un’occasione per realizzare questo incontro. Al termine dell’Anno Santo della Redenzione (1983/4) è nata l’idea di un invito di preghiera e riflessione ai giovani, a Roma, per farli incontrare col Signore. Il primo incontro – continua il dottor Bedeschi – ha attirato giovani di 80 paesi. Fu una grande sorpresa. Giovanni Paolo II lanciò poi l’idea di ripetere l’esperienza ogni due anni a livello mondiale e ogni anno a livello diocesano». Il dottor Marcello continua: «Giovanni Paolo II ha voluto che queste giornate fossero d’aiuto ai cattolici per riflettere sulle questioni più importanti legate alla vita cristiana. Ed ha voluto espressamente sfidare gli ambienti più difficili, da quelli al di là della cortina di ferro (Polonia) a quelli delle grandi città secolarizzate (Denver, Parigi, ecc.). Indubbia, dunque, la volontà di realizzare questo movimento giovanile, iniziativa ripresa fortemente da Benedetto XVI e ora da papa Francesco». Il dottor Bedeschi conclude: «Quel che più emoziona è vedere quante vocazioni nascano nelle GMG: sacerdoti, religiose, famiglie… Per molti giovani – anche nei momenti di crisi – le GMG hanno dato uno slancio decisivo per le scelte vocazionali: un aspetto di cui i sacerdoti e i responsabili dei movimenti cattolici dovrebbero avere coscienza».
Nei momenti di agape fraterna ho l’opportunità di incontrare, nella forma più semplice e fraterna, molte personalità del mondo ecclesiale: il più avvicinabile per la sua disponibilità il cardinale Zuppi, ma anche il teologo Bruno Forte, l’arcivescovo di Milano Mario Delpini (mi complimento per la sua omelia al funerale di Silvio Berlusconi: sorride!). Ho avuto l’opportunità anche di salutare la presidente del Movimento internazionale dei Focolari, Margaret Karram e altri. I giovani ci aiutano a saltare schemi, etichette e protocolli.
La prima giornata è caratterizzata dagli incontri decentrati di catechesi. Sono a disposizione. Mi mandano ad incontrare giovani di due Diocesi, in tutto oltre 250. È decisamente superato lo stile frontale della lezione: è arrivato anche qui il metodo della “conversazione spirituale”. Si procede così: apertura con un intenso momento di preghiera e divisione in piccoli gruppi, se possibile all’aperto; un animatore, seguendo schede appositamente preparate, ha il compito di facilitare lo scambio dei pensieri e un altro giovane ha il compito della sintesi e, con la collaborazione di tutti, della stesura di una domanda da rivolgere al vescovo catechista. È un incontro diretto. Ho la fortuna di avere come collega il vescovo di Concordia-Pordenone (mons. Giuseppe Pellegrini): nasce una bella amicizia. Ha partecipato a tante GMG, anche da organizzatore: si lavora insieme.
Nel pomeriggio ci incamminiamo alla festa degli italiani presenti alla GMG: 65.000. I vescovi sono ai primi posti, una sorta di enclave in mezzo ad una folla di giovani multicolore, trascinati nella festa ultrasonica animata da rapper, che avviano motivi che i giovani ben conoscono. La festa viene trasmessa in diretta su TV2000, ore 21. Cerco di immedesimarmi, ma, francamente, mi è assai difficile lasciarmi andare…
Sono preoccupato: non si vedono bandiere di San Marino. Dove sono i nostri? Don Mirco mi manda un messaggio: sono bloccati ad una stazione. Finalmente il gruppo arriva, ma chi lo vede? Ormai è buio. Una festa: e tale dev’essere. Ma non mancano messaggi importanti: l’accorato appello di don Luigi Ciotti sulla responsabilità, la testimonianza sulla fede di Giusy Buscemi, ex miss Italia e attrice, il messaggio di don Michele Falabretti, responsabile nazionale della pastorale giovanile, ad ottant’anni dalla pubblicazione del “Piccolo Principe”: «Non si vede bene che col cuore». E si accendono tante stelle nel cielo. Buona notte!

+ Andrea Turazzi

Lisbona: capitale dei giovani

1° agosto 2023

A detta di qualche osservatore, la liturgia d’inizio della GMG non ha avuto mai così tanta partecipazione come questa volta. Non mi è possibile raggiungere i ragazzi: troppa folla. Ci si perde. Il punto di accesso al luogo della celebrazione eucaristica d’inizio GMG si trova all’ingresso di un grande giardino botanico. Un addetto mi assicura che vi sono tutte le piante importate dai territori delle colonie portoghesi. Attraversiamo gran parte del giardino: è favoloso!
Lisbona sta diventando, in questi giorni, una capitale mondiale; lo è stata nel passato come impero coloniale, oggi lo è nell’accoglienza di tanti giovani e nel far credito ai loro sogni. Il cardinale Manuel Clemente (patriarca di Lisbona) ha rivolto un caloroso saluto e, facendo riferimento a quell’avverbio che andiamo ripetendo, ha raccomandato ai giovani l’urgenza dell’annuncio del Vangelo. Dai porti della Lusitania (Portogallo) sono salpate schiere di missionari e missionarie per mezzo mondo; oggi sono questi giovani che possono portare il messaggio di Gesù: portarlo con le forme nuove della comunicazione e con il loro stile.
Da oggi sono in albergo a disposizione della Segreteria della pastorale giovanile CEI per gli incontri di approfondimento con i giovani. GMG non è soltanto marce forzate lungo le vie di Lisbona, non è soltanto festa e abbracci internazionali, non è soltanto Bans e canzoni. Nella GMG si vivono momenti prolungati di silenzio, di ascolto e di condivisione. Come Maria si alzò “in fretta” per andare verso Elisabetta, così i giovani sono invitati a mettersi in gioco attorno alle grandi sfide di oggi, come la fraternità, la cura del creato e la pace. I giovani hanno anche molto da dire su questi temi. Ci mettiamo in ascolto dei loro pensieri. La fede è una grande risorsa e i ragazzi ce lo stanno dimostrando: sento che dobbiamo osare di più nelle proposte e non arrestarci alle apparenze contrarie.
In un momento di sosta, dalla mia stanza d’albergo – 7° piano – sento cantare “Romagna mia”. Balzo in piedi, mi affaccio alla grande finestra, ma non sono “i nostri”. D’altra parte, la Romagna è grande e siamo tutti amici, anzi fratelli.

+ Andrea Turazzi

“La voglio rivedere in te”

31 luglio 2023

Giallo nella stanza al terzo piano: un grosso insetto fa la sua comparsa, ospite indesiderato. Inseguito e non raggiunto, colpito ma non neutralizzato, scomparso e poi ricomparso, attirato con zucchero (stratagemma rudimentale). Coinvolti tre e poi cinque ragazzi e poi altri ancora… Schiamazzo notturno che mette in allerta tutto il gruppo. A neutralizzare il grosso insetto saranno tre ragazze… Piccole avventure che contribuiscono a fare sempre più gruppo, soprattutto quando vengono raccontate da Paolo, già telecronista sportivo e ora teologo.
Lunedì è per noi giornata mariana; a dire il vero, tutta la GMG ha questa tonalità. Siamo incamminati verso Fatima. È parso bene richiamare ai ragazzi l’evento, il contesto e il messaggio: la Vergine accanto all’umanità, tre pastorelli ancora bambini, la Prima guerra mondiale (1917), preghiera e penitenza. Pregare la Madonna, andare a Dio attraverso di lei, visitare i luoghi a lei dedicati, recitare il Rosario, sono pratiche che i ragazzi conoscono (per fortuna che ci sono i nonni!). Ma si vorrebbe fare un passo in più in quella che, con termine un po’ tradizionale, viene chiamata devozione mariana. A chi aveva chiesto: «Gesù, tu ci hai lasciato l’Eucaristia come tua presenza. E di Maria?». La risposta di Gesù è stata: «La voglio rivedere in te!» (Chiara Lubich). “Essere Maria”, un programma per tutti, uomini e donne, giovani e adulti: imitarla in quel che è più suo, che va al di là delle rappresentazioni devozionali, culturali, simboliche, artistiche… Maria è “sì” a Dio, è “dono totale di sé”, è “andare verso” e… “in fretta”!
Il viaggio verso Fatima – circa tre ore di pullman – scorre sereno e allegro come sempre. Il conto alla rovescia scandisce l’attimo del passaggio di frontiera Spagna-Portogallo. Don Jean-Florent, nostro amico sacerdote congolese, colleziona sul cellulare le emozioni delle frontiere: sono già quattro! È occasione per fare un pensiero sull’Europa. L’Europa come l’hanno sognata i fondatori, l’Europa a diverse velocità, l’Europa con le sue fatiche identitarie, l’Europa come tappa verso l’unità… In questo viaggio tocchiamo con mano che non è solo un’idea o una bandiera.
Ad un certo punto troviamo l’autostrada chiusa. Bisogna ripiegare su strade normali, impegnative per i nostri autisti, ma che danno l’opportunità di una conoscenza ravvicinata del territorio; sembra di essere in Sardegna: ambiente collinare, arbusti e alberi di sughero, greggi libere al pascolo, abitazioni bianchissime… E tanto sole, ma la temperatura è mite e ventilata (l’Atlantico è vicinissimo). Nessuno dei ragazzi è stato mai a Fatima. La grande spianata, leggermente in discesa, che si apre davanti a noi è già piena di giovani. Siamo coinvolti dalla gioia che contagia i tantissimi gruppi provenienti da ogni parte del mondo. Foto a non finire e sempre con bandiera sammarinese dispiegata. Man mano che si scende verso la chiesetta delle apparizioni si fanno più frequenti le testimonianze di fede. Un gruppo di giovani prega il Rosario con raccoglimento, incurante dei passanti. Alcuni ragazzi a metà della spianata pregano in ginocchio a mani giunte. Quel che stupisce di più sono i giovani che scendono in ginocchio. I nostri ragazzi si chiedono il perché… Arriviamo anche noi alla “chiesetta” (non possiamo salire alla grande Basilica: si sta preparando una celebrazione eucaristica con migliaia di persone già posizionate). Più ci avviciniamo e più siamo mescolati in mezzo alla folla. Superato il primo impatto, la prima curiosità, la prima meraviglia riusciamo a creare una bolla di intenso raccoglimento: miracolo che i ragazzi sanno fare. Preghiamo per tutti, soprattutto per le nostre famiglie. Don Mirco ci porta al luogo dove è conservato un pezzo imponente del muro di Berlino. Per i più giovani è necessario contestualizzare. Scegliamo questo luogo per la preghiera del Rosario. Ci sediamo per terra, in cerchio. Adesso siamo noi ad essere oggetto di stupore, uno stupore che fa bene a chi passa ed edifica. Intenzione principale di preghiera: la pace in Europa e nel mondo. Più precisamente, umile richiesta alla Madonna di farci “artigiani della pace”.
Lasciamo Fatima per raggiungere il luogo della nostra permanenza in Portogallo: la cittadina di Óbidos (70 km da Lisbona). Anche i bambini scendono in strada per accoglierci. Siamo alloggiati in un impianto sportivo. Unico motivo di tristezza per chi scrive: in serata vengo trasferito a Lisbona nell’albergo che ospita i vescovi italiani (siamo più di cento). La malinconia viene temperata dall’abbraccio di tanti colleghi. I giovani ci costringono a fare un’esperienza di collegialità più forte e più libera dagli schemi episcopali. Domani solenne inizio della GMG (oggi per chi legge, ndr).

+ Andrea Turazzi

 

Mostra in collegamento con la GMG

I ragazzi della parrocchia di Ponte Cappuccini stanno preparando una mostra su Andrea Mandelli, un ragazzo in cammino per la santità, che è stato scelto come testimone della GMG, la Giornata Mondiale della Gioventù.

Si tratta di un modo per vivere la GMG in comunione con i ragazzi di tutto il mondo che incontrano il Papa a Lisbona. La mostra sarà allestita nel portico della chiesa di Ponte Cappuccini e sarà visitabile per tutta la durata della GMG, dall’1 al 6 agosto.

Giovedì 3 agosto alle 17 ci sarà la presentazione preparata da alcuni ragazzi. E’ prevista anche qualche sorpresa canora e artistica… Dopo la presentazione ci sarà un breve momento di preghiera e un buffet preparato con il contributo delle monache e delle mamme.

Siamo tutti invitati a partecipare giovedì alle ore 17 presso la Chiesa di Ponte Cappuccini

Un fiume e i suoi ruscelli rallegrano la città di Dio

30 luglio 2023

Dopo due giorni, si dorme su un letto pulito… continua la lunga marcia verso Lisbona. La colazione è strepitosa: siamo ospiti delle monache benedettine di Valladolid. Facciamo tesoro dei piccoli gesti che esprimono la loro premura e la loro partecipazione all’evento: anziane, ma dal cuore di bimbe. Molto prima della levata avevamo sentito il loro canto dolcissimo. Ci danno appuntamento al ritorno e ci chiedono preghiere; faremo tappa ancora nella loro casa, ma – ne siamo convinti – ripasseremo sicuramente diversi. Molti ragazzi vivono questo come “il viaggio della loro vita”. Sono le monache, dialogando con i ragazzi, a lanciare la proposta vocazionale, discorso che verrà poi ripreso in altri momenti della giornata.
Oggi la strada da percorrere in pullman è più breve. Meno di due ore e siamo ad Avila. Mi suggeriscono di dire una parola sulla figura di questa donna straordinaria, maestra, mistica e santa. Mi rammarico di non riuscire a riassumere quello che si muove dentro di me. Per fortuna è stata preparata un’agile registrazione… Quasi improvvisamente appare la cerchia merlata delle mura della città patrimonio dell’Unesco: una meraviglia! Ripercorriamo a piedi il cammino di Teresa dal monastero dell’Incarnazione, dove ha vestito l’abito carmelitano, al Carmelo San Giuseppe della riforma. Sostiamo presso la Cattedrale e, nel pomeriggio, nella chiesa accanto alla casa natale di Teresa. Ci dividiamo in gruppi alla ricerca di un “localino” per il pranzo e si fa esperienza di un classico della GMG: cominciamo ad incontrare gruppi provenienti da ogni parte, gruppi “variopinti”. È una confluenza di rigagnoli che poi diventano fiume, una rappresentazione visiva del Salmo: “Un fiume e i suoi ruscelli rallegrano la città di Dio”. Avila è stata scelta da molti pellegrini come tappa verso Lisbona. Ci si saluta, ci si scambiano informazioni, si scattano foto, si occupano pacificamente angoli nelle piazze e comincia a diventare famigliare l’inno della GMG 2023: “Da tutto il mondo, verso questa città, per terra, per cielo, noi siamo ora qui. Con Maria ripetiamo il suo «sì». Vogliamo servire, seguendo il disegno, che ha Dio per noi”. Ma non riusciamo a vedere le tante chiese e i tanti palazzi di Avila: gli autisti, a sorpresa, ci regalano un video; ce lo gustiamo sull’impianto tv del pullman.
Ho vissuto altre GMG. Il copione è il medesimo, ma la novità è la testimonianza di come i giovani siano accompagnati dall’attenzione e dall’interesse del mondo ecclesiale: riceviamo messaggi, promesse di preghiere. C’è tanta attesa.
Non ci si può dimenticare che l’Europa vive una pesante situazione di guerra. Il milione di giovani che saranno domenica a Lisbona farà da cassa di risonanza al messaggio che papa Francesco vorrà lanciare all’umanità. Un’impressione: i giovani sono profondamente cambiati, scontata la disinvoltura nell’uso dei social, ma c’è desiderio di interiorità. Don Mirco ha consegnato ad ognuno un piccolo quaderno: è per interiorizzare immagini, pensieri, ispirazioni, un invito a coltivare il proprio giardino interiore.
Ci si rimette in cammino verso Caceres nella regione di Leon: altri paesaggi, altre atmosfere, ancora pale eoliche ed enormi sagome di tori su luoghi elevati. Attraversiamo un fiume che scorre profondo in un abbozzo di canyon roccioso. Ci dicono che qui vi sono nidi di cicogne e il cielo è attraversato, di tanto in tanto, da aquile con ali spalancate: “Guardate, guardate…”. E tutti, col naso appiccicato al vetro, per vedere. La casa che ci accoglie in serata è in cima alla montagna che sovrasta la città. È il momento del tramonto: sono quasi le 22, ma c’è ancora tanta luce. Un cielo infuocato che stupisce ed ammutolisce questi giovani. Silenzio desideratissimo.

+ Andrea Turazzi

Costretti a rimotivare il nostro cammino

29 luglio 2023

Sonni profondi, improvvisi squilli di ilarità, brusio intermittente del condizionatore, conversazioni discrete, immancabili appelli dopo le soste (rare, rapide e ristoratrici). Siamo cittadini del pullman “63 posti, 14 metri, ditta Boldrini”. Percorriamo mezza Spagna infuocata. A proposito delle “3 erre” ci viene proposta una più importante declinazione. “R” come ritmo, “R” come regola, “R” come rito. È la declinazione di un’altra parola-guida per il nostro avvicinamento a Lisbona: “In fretta”, l’atteggiamento della fanciulla di Nazaret, Maria, che si alzò e si incamminò verso Elisabetta. “In fretta” non significa frettolosamente, distrattamente, superficialmente; significa slancio, prontezza, dedizione. E le occasioni non mancano: dalla pratica della puntualità alla libertà del farsi disponibili: Enea viene davanti, tra noi più vecchietti, per tirarci su con la sua simpatia, Lorenzo inventa lì per lì un sistema per raccogliere i dati sui cellulari, Giuliana, l’inossidabile, mette in riga ragazzi e ragazze, Ilaria, la mia vicina di posto, non chiude mai occhio, sempre vigile e velocissima nel comporre il cubo di Rubik, Mercedes alle prese con suor Armanda della pastorale giovanile nazionale per gli ultimi dettagli… poi, due straordinari autisti, amici e partecipi della nostra avventura.
Attesa e salutata da tutti con una ovazione la sosta delle ore 13: siamo già in terra spagnola e al ristorante c’è chi ne approfitta per mangiarsi un’appetitosa paella.
Da Barcellona, in terra di Catalogna, a Saragozza terra di Aragona, poi ci addentriamo sempre di più, nella Castiglia, cuore della Spagna. Orizzonti e panorami diversi. Abbiamo sfiorato il Principato di Andorra, amico della Repubblica di San Marino. Sulla sinistra, intanto, appare il parco naturale della cordigliera del Monserrat con le sue guglie. Sullo sfondo una foresta di pale eoliche che fa pensare al romanzo epico di Cervantes, “Don Chisciotte della Mancia”. Sì, maciniamo molta strada, a differenza degli antichi pellegrini siamo seduti, ma non per questo meno affaticati. Oggi la preghiera del Rosario è stata per i mondi che i giovani devono affrontare: crescita, affettività, vocazione, lavoro/studio, sofferenza. Improvvisamente incrociamo un pullman avvolto dal fumo: sono pellegrini italiani, come noi, verso Lisbona. Per fortuna tutti salvi. Ci salutano…
Il viaggio così lungo – oggi le ore di pullman sono state circa quindici – ci costringe a rimotivare il pellegrinaggio. E così tanto tempo gomito a gomito ci costringe a curare di più i rapporti.
Il lettore potrebbe concludere che, in una giornata chiusa in un pullman, non succedano poi tante cose e invece tante succedono nei cuori. Tramonto luminosissimo. E poi l’accoglienza delle monache benedettine. A domani.

+ Andrea Turazzi

@pgsanmarino-montefeltro
#smgmg23

Omelia nella XVII domenica del Tempo Ordinario

Avila (Spagna), 30 luglio 2023

1Re 3,5.7-12
Sal 118
Rm 8,28-30
Mt 13,44-52

Provo una grande emozione ad essere qui, nella chiesa dove santa Teresa è stata battezzata. È un’emozione anche perché ho dedicato molte lezioni agli studenti su questa grande maestra spirituale.

Seguendo la lettura del Vangelo mi viene desiderio, insieme con voi, di rinnovare il “sì” a Gesù. Mi piacerebbe coinvolgervi in questo “sì”, ognuno secondo la propria vocazione.
Siamo nella terza parte del discorso in parabole di Gesù. La liturgia ci propone la meditazione di tre mini-parabole con alcune caratteristiche che le distinguono dalle altre, non solo per il genere di racconto, ma perché non hanno la spiegazione: è lasciata all’intuito, alla sapienza dell’ascoltatore. Il brano si concluderà con la ribellione dei concittadini di Gesù e il loro rifiuto nei confronti del Maestro.

La prima parabola paragona il Regno dei Cieli alla fortuna di un agricoltore – probabilmente si tratta di un affittuario o comunque di un contadino che non è proprietario – che, zappando un terreno brullo, pieno di ortiche e di erbacce, inciampa in un tesoro. La parola “tesoro” evoca romanzi, canzoni d’amore, sogni. Quest’uomo è fortunato: arriva a scoprire un tesoro dove meno se lo aspetta. E che fa? Copre tutto, va a casa, racimola tutto quello che ha, lo vende e acquista quel campo. Possiamo immaginare il sarcasmo dei suoi concittadini… Eppure, lui sa che tra quelle ortiche e quei sassi c’è un tesoro. La sottolineatura è sull’astuzia: il Regno dei cieli viene trovato da persone che hanno astuzia e intraprendenza.

Nella seconda parabola si parla di un collezionista che va in cerca di perle preziose. Ne ha molte, ma gli manca quella più originale e, quando va ai mercatini dell’usato, sa vederla tra le cianfrusaglie. Non è solo una perla, ma “la perla”. Allora vende tutto per averla. Qui la sottolineatura è sulla fatica del cercare. Il collezionista compie un esodo, un cammino. Non lascia nulla di intentato.

Nella terza parabola Gesù paragona il Regno dei cieli ad una rete piena di grossi pesci (l’evangelista Matteo preferisce questa espressione anziché “Regno di Dio”, perché scrive agli ebrei che non usano mai il nome di Dio). I discepoli faranno effettivamente l’esperienza di una pesca miracolosa, non tanto come miracolo per mandare avanti l’azienda di Pietro e Andrea, di Giacomo e Giovanni, ma come segno della sovrabbondanza del Regno di Dio.
Tutt’e tre le parabole stanno a dire la grandezza assoluta del Regno di Dio, di fronte al quale tutto il resto viene relativizzato.
La parabola della rete piena di pesci allude anche al momento finale, quando verranno separati i pesci buoni dai pesci cattivi. C’è la ripresa dell’insegnamento della parabola della zizzania, in cui Gesù esortava a lasciare che la zizzania crescesse con il buon grano: Gesù dà un colpo alla botte degli impazienti e una botta al cerchio degli intransigenti. Verrà il tempo del discernimento: è nelle mani del Padrone della messe.
Gesù si rivolge ai discepoli che ha attorno; amo pensare che ci siano anche i Dodici apostoli, con il loro sguardo innamorato, che hanno già fatto l’esperienza della scoperta del tesoro, della perla preziosa, della rete piena di pesci. Allora Gesù li promuove sul campo. «Avete capito tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Li paragona al bravo scriba che sa cavar fuori le cose antiche, perché sa vedere il Regno promesso nelle antiche scritture, e le cose nuove, perché ne vede il compimento in Gesù.
Nelle tre mini-parabole l’incontro con il Regno di Dio sembra qualcosa di fortuito: questo è detto per sottolineare che si tratta di un dono. D’altra parte, emerge l’invito alla ricerca, alla fatica, all’esodo per sottolineare che occorre una corrispondenza: dono e responsabilità, chiamata e risposta.
Un altro particolare: i personaggi della parabola fanno la ricerca, il cammino, la fatica, ma in vista di un “affare”, per la gioia!
Il contadino è un popolano, mentre il cercatore di perle appare come un borghese: i cammini sono diversi, i punti di partenza sono i più svariati, ma il Regno di Dio è per tutti. Un tema ben richiamato anche nella parabola della rete: i pesci rappresentano la totalità delle persone e la distinzione sarà alla fine. Un invito che Gesù fa a non giudicare: ognuno faccia il suo cammino. Tutti sono candidati al Regno di Dio.

Concludo questa meditazione invitando a conoscere di più la vita dei santi, a vedere come hanno realizzato nella loro vita la ricerca del Regno e come sono stati pieni di gioia: san Francesco d’Assisi, santa Chiara, sant’Ignazio di Loyola… fino ad arrivare ai santi contemporanei, il beato Carlo Acutis, il beato Alberto Marvelli… Persone che hanno fatto “l’affare”, scoprendo il “tesoro” nella vita comune, come il protagonista della prima parabola, che mai avrebbe immaginato che il tesoro fosse in mezzo alle sterpaglie. Ognuno di noi ha le sue “sterpaglie”, ha la sua vita piena di contraddizioni, il suo carattere… Pensiamo alle cadute di Pietro, il principe degli apostoli, così lanciato al seguito di Gesù: sono tramandate nei Vangeli per essere un insegnamento per noi.
L’astuzia, la ricerca, la fatica sono per la gioia di avere un tesoro, una perla preziosa, una grande quantità di pesci. Gesù invita ad osare.
Teresa d’Avila ce lo ricorda continuamente nei suoi scritti.
Faccio notare che il tesoro è nel proprio campo, nel fazzoletto di terra dove vivo, dove ci sono le ortiche, le erbacce, i sassi… Non bisogna pensare che non valga la pena coltivarlo, perché c’è un tesoro nascosto. Dicendo “sì” abbraccio tutta la realtà: il mio tempo, la mia città, il mio carattere… anche le parti di me che non mi piacciono sono il campo dove c’è il tesoro, sono il mercatino delle cianfrusaglie in cui si trova la perla preziosa.
Il viaggio che abbiamo intrapreso verso Lisbona è il “campo dei miracoli”; dobbiamo viverlo in tutti i suoi momenti belli e faticosi, in tutte le situazioni favorevoli e sfavorevoli: qui la promessa di una grande affare.