Tempo del creato

Il periodo che va dal 1° settembre, Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, al 4 ottobre, festa di San Francesco, è il Tempo del Creato. Si tratta di un tempo durante il quale, con tutti i fratelli e sorelle della famiglia ecumenica, si rinnova la nostra relazione con il Creatore e tutto il creato attraverso la preghiera e l’azione.

“Che scorrano la giustizia e la pace” è il tema scelto quest’anno, ispirato dalle parole del profeta Amos il quale ci dice che Dio vuole che regni la giustizia e che ciascuno deve cercare di essere giusto in ogni situazione per rendere possibile alla vita di fiorire in pienezza.

Papa Francesco nel suo messaggio per la Giornata ci invita ad osservare quanto il mondo sia ancora permeato dall’ingiustizia ambientale e climatica. Il consumismo rapace ed egoistico che stravolge il ciclo dell’acqua del pianeta, insieme all’uso di combustibili fossili e all’abbattimento delle foreste, creano le condizioni per l’innalzamento delle temperature, la siccità e la carenza idrica sempre più diffusa, a cui si aggiunge lo sfruttamento predatorio e l’inquinamento delle acque da parte dell’industria.

Difronte a questa situazione Papa Francesco invita ad unirci nell’impegno per la giustizia e la pace, “Uniamo le nostre mani e compiamo passi coraggiosi affinché la giustizia e la pace scorrano in tutta la Terra”, aiutandoci in questo indicando alcune vie concrete per risanare la nostra casa comune.

La prima indicazione è quella di contribuire cambiando i nostri cuori, una conversione ecologica per rinnovare il nostro rapporto con il Creato affinché lo riconosciamo e lo custodiamo come un dono. Una conversione, ci dice, che richiede di praticare il rispetto ecologico in quattro direzioni: verso Dio, verso i nostri simili di oggi e di domani, verso tutta la natura e verso noi stessi.

La seconda indicazione è la necessità di cambiare i nostri stili di vita, riconoscendo e pentendoci dei nostri peccati ecologici che danneggiano il mondo naturale e i nostri fratelli e sorelle. Concretamente questo significa adottare stili di vita con meno sprechi e consumi inutili, attenti alle nostre abitudini e scelte economiche così che tutti possano stare meglio. La cura del Creato richiede scelte personali positive, come l’uso moderato delle risorse, una gioiosa sobrietà, lo smaltimento e il riciclo dei rifiuti e la scelta di prodotti e servizi ecologicamente e socialmente responsabili.

Oltre all’impegno a livello personale, il Papa invita ad un impegno collettivo per trasformare le politiche economiche che governano le nostre società, soprattutto quelle che favoriscono una ricchezza scandalosa per pochi e condizioni di degrado per tanti, una situazione contraria alla pace e alla giustizia. Un’occasione propizia per un cambiamento in questo senso potrebbe essere l’incontro dei leader mondiali al vertice COP28, in programma a Dubai a fine anno, per cercare di ridare slancio agli impegni dell’Accordo di Parigi per frenare il rischio del riscaldamento globale.

“Alziamo la voce per fermare questa ingiustizia verso i poveri e verso i nostri figli, che subiranno gli impatti peggiori del cambiamento climatico. Faccio appello a tutte le persone di buona volontà affinché agiscano in base a questi orientamenti sulla società e sulla natura”.

Gian Luigi Giorgetti
Direttore della Commissione Pastorale Sociale e del Lavoro

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Omelia nella Festa di San Marino

San Marino Città (RSM), Basilica del Santo Marino, 3 settembre 2023

Sir 14,20-15.4
Sal 47
At 2,42-48
Mt 5,13-16

Eccellentissimi Capitani Reggenti,
Onorevoli Autorità politiche e militari,
fratelli e sorelle,
carissimi tutti,
con la festa dei suoi santi la Chiesa non riconosce al tempo la potenza di distruggere ciò che è stato creato dalla verità, dall’intelligenza e dalla passione per gli uomini.
Oggi noi non siamo qui a ricordare il passato. San Marino non è il passato. Nella comunione dei santi è una presenza. Come ogni uomo che è andato da questo mondo al Padre, continua la sua opera – è stato detto all’inizio di questa liturgia –, un’opera che noi dobbiamo continuare. Anzitutto, riconosciamo la straordinaria esperienza di fede di cui Marino è stato protagonista, perché le sue sorgenti non erano in lui, ma presso il mistero di Dio, nel profondo della morte e risurrezione del Signore Gesù. Abbiamo cantato poco fa con il Salmo: «Le mie sorgenti sono in te città di Dio». Con un personale e affettuoso rapporto con il Cristo, Marino è diventato l’intelligenza di sé e della vita, quell’intelligenza di cui ci ha parlato il libro del Siracide nella Prima Lettura, con un linguaggio pieno di immagini e di suggestioni. Marino è divenuto capacità di carità, di comunione, di solidarietà, proprio come descritto nell’icona della comunità primitiva degli Atti degli Apostoli, e poi è divenuto luce, formando insieme una comunità e un popolo. È questa la ricca tradizione che riceviamo ancora una volta dal santo Patrono e Fondatore. È come se san Marino ci riconsegnasse la sostanza profonda della sua esperienza di cristiano e di uomo, creatore di una Repubblica che ha sfidato i secoli, nella coraggiosa difesa della propria libertà interna ed esterna.
Con doverosa premura, e anche con piacere, annuncio che la figura di Marino, come santo Fondatore e Patrono della nostra Repubblica e come testimone del Vangelo, è oggetto di una iniziativa promossa congiuntamente dalle Commissioni nazionali per l’UNESCO di Italia, Croazia e Repubblica di San Marino. Si sta predisponendo, in queste settimane, la candidatura del manoscritto più antico della Vita Sancti Marini et Leonis nei documenti inseriti nel registro “Memoria del Mondo” dell’UNESCO, che raccoglie e promuove il patrimonio documentario mondiale. Il manoscritto, conservato nella Biblioteca universitaria nazionale di Torino, reca la più antica testimonianza esistente della vita di san Marino e di san Leone, ovvero la narrazione dell’itinerario umano e spirituale che condusse i tagliapietre di Arbe, fra la fine del III e gli inizi del IV secolo, dalla Dalmazia alle coste italiane del Mar Adriatico. Il racconto dell’insediamento sul monte Titano di Marino e la creazione di una comunità secondo gli ideali di fede, laboriosità, convivenza civile, indipendenza, libertà, sono alla base dell’esistenza stessa della Serenissima Repubblica di San Marino. Tali principi, assai avanzati per l’epoca, sono conformi a modelli sociali e politici codificati poi in epoche successive, anticipando orientamenti oggi definiti e raccolti negli atti istitutivi di importanti organismi internazionali delle Nazioni Unite.
La testimonianza di fede di san Marino diventa per noi un’occasione di verifica della nostra fedeltà a quelle radici, ma anche un rilancio della nostra missione. Missione è parola grande, impegnativa, che segna la nostra vita e rinvia al nostro compito, compito di ogni cristiano, mandato da Cristo nel mondo per annunziare, fino agli estremi confini, il suo Vangelo.

Ci uniamo, in questo momento, a papa Francesco che celebra l’Eucaristia in Mongolia, terra lontana per noi, ma terra di fratelli e di sorelle per tutti. Rinnoviamo la nostra opera di pace e di fraternità. È la luce che dobbiamo portare ed è la luce che siamo, secondo le parole del Signore Gesù: «Voi siete la luce del mondo… Voi siete sale della terra». Certo, ci si smarrisce un po’: «Io, luce e sale?». Eppure, il Vangelo ce lo conferma. Non possiamo vivere nel nostro particolare senza aprire quotidianamente le finestre della nostra intelligenza e del nostro cuore alle immani tragedie che accadono nella vita di interi popoli: possiamo vivere in una situazione privilegiata di carattere culturale, sociale, economico e politico, senza sentire il grido di sofferenza di tante persone, di tanti popoli?

Carissimi, all’inizio di un nuovo anno pastorale, dopo la pausa estiva, attrezziamoci per essere sempre più adeguati alla missione affidataci. Avevamo concluso l’Assemblea diocesana, nel giugno scorso, riconfermando il proposito di essere “costruttori di comunità nei cantieri della vita”. In quell’occasione abbiamo raccolto esperienze di vita, pensieri, propositi. Grazie a chi ha voluto condividere, grazie a chi si è messo in ascolto attento, grazie a chi è disposto a riprendere il cammino insieme: Sinodo. Sinodo nella sua fase di discernimento.
Permettetemi un ricordo particolare, un ringraziamento, una benedizione ai miei sacerdoti. Quest’anno, con loro, andremo al cuore della comunione, rimettendo al centro delle nostre comunità, con rinnovato slancio, con consapevolezza e fervore, l’Eucaristia, che è presenza (se ne fossimo veramente convinti, quanto coraggio prenderemmo!), azione (il Signore non è immobile nell’Eucaristia, non è gioiello in cassaforte) ed auto-donazione, permanente e vivificante, del Signore. Un programma di sempre, ma sempre nuovo, da affrontare con rinnovato slancio. Anzitutto: custodire l’integrità della fede; promuovere la santità della vita; custodire l’unità fraterna; vegliare sull’autenticità della devozione: questo chiediamo al Signore, con l’intercessione del nostro Patrono e Fondatore Marino. Così sia.

Pellegrinaggio sui passi del Santo Marino

All’interno della Festa di San Marino, patrono della Diocesi e della Repubblica, sabato 2 settembre, con partenza da Poggio Torriana (località Santo Marino) alle ore 9.30, si percorrerà in preghiera la seconda tappa del Cammino del Santo Marino (circa 20 km) per arrivare alla Basilica del Santo intorno alle ore 18. Alle ore 14.30, dopo la sosta per il pranzo al sacco, il pellegrinaggio riprenderà da Acquaviva (RSM). All’arrivo in Basilica il Vescovo Andrea impartirà la benedizione alla Diocesi e alla Città con la reliquia del Santo.

In serata, alle ore 21, i giovani si riuniranno per la celebrazione eucaristica, presieduta dal Vescovo, che segna l’inizio del loro cammino annuale. Insieme, accompagnati dal santo Marino.
La Penitenzieria apostolica ha concesso l’indulgenza plenaria ai fedeli che percorreranno con devozione il pellegrinaggio alla Basilica, unitamente alle condizioni richieste dalla Chiesa.

I festeggiamenti continueranno domenica 3 settembre con la Solenne Celebrazione, presieduta da S.E. Mons. Andrea Turazzi, in Basilica alle ore 10, alla presenza degli Ecc.mi Capitani Reggenti.

Omelia nella XX domenica del Tempo Ordinario

Eremo di Carpegna (PU), Santuario della Madonna del Faggio, 20 agosto 2023

Camminata del Risveglio

Is 56,1.6-7
Sal 66
Rm 11,13-15.29-32
Mt 15,21-28

La pagina del Vangelo che abbiamo sentito proclamare dal diacono è sorprendente. Gesù ci appare piuttosto severo: non un Gesù “da santino”! Da questo episodio scaturiscono due temi di riflessione e di preghiera.

  1. L’annuncio del Vangelo non ha frontiere. Anche se non appare immediatamente dal racconto dell’evangelista Matteo, Gesù dà una spallata al muro che avrebbe potuto rinchiuderlo nei confini della Palestina.
  2. Gesù presenta una donna straniera, cananea, pagana come maestra di preghiera: una preghiera audace, quasi un braccio di ferro con Gesù (sembra che “converta” Gesù!).

Matteo scrive per tutti e il suo Vangelo risuona in tutto il mondo. Tuttavia, si rivolge ad una comunità concreta: la comunità siro-fenicia (le città di Tiro, Sidone, Antiochia…). Ecco perché, fra i ricordi che ha custodito nel cuore, va a recuperare proprio questo avvenimento, che ha pertinenza ed è contestuale alle problematiche dei cristiani che abitano quel territorio e sono destinatari diretti del suo Vangelo.
Nella comunità serpeggia una tensione: ci sono cristiani che vengono dall’ebraismo, che hanno alle loro spalle la storia di Israele, le Sacre Scritture, le leggi, gli insegnamenti dei rabbi, la circoncisione… Tutto un mondo che ha preparato la venuta di Gesù, pronto ad accoglierlo. Però, in quella comunità ci sono anche cristiani che non hanno questo retroterra religioso, etnico e culturale, ma ugualmente affascinati dal Vangelo, desiderosi di viverlo.
Gesù esce dalla terra di Israele e incontra una donna straniera, cananea, pagana che va davanti a lui con il suo tesoro: la sua bambina.
La prima forma della preghiera è andare al Signore con quello che abbiamo e sentiamo nel cuore. Gesù sembra ignorarla. La donna lo chiama con titoli cristologici raffinati: «Figlio di Davide…». E per due volte il Vangelo annota che si prostra davanti a Lui. Segue una sorta di “braccio di ferro” con Gesù. «Non è cosa buona dare il pane dei figli ai cagnolini», le dice Gesù. La donna replica con umiltà e con coraggio: «Hai ragione, non sono ebrea; sono cananea, pagana, straniera, però anche i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola». Allora Gesù esclama: «Non ho mai visto una fede così grande!».
Si capisce l’importanza dell’episodio per i destinatari di Matteo che ritenevano che il Vangelo fosse appannaggio di chi aveva fatto il percorso di iniziazione completo. La legittimazione e le condizioni per essere di Gesù sono… la fede! «Donna, è grande la tua fede. Il tuo desiderio sarà esaudito». E la sua bambina viene liberata dal male.
Invito tutti a rinnovare l’atto di fede, personalmente e insieme: «Gesù crediamo in te!». Non era intenzione di Gesù fare il guaritore “a gettoni”; si scansava da questa aspettativa; sapeva che aveva una missione, quella che il Padre gli aveva indicato: raccogliere anzitutto le pecore smarrite di Israele. Dopo la Pasqua, gli apostoli ricordano l’uscita di Gesù al di là dei confini della Palestina, “nelle periferie”: ed è proprio là (ad Antiochia), che, per la prima volta, i discepoli sono stati chiamati “cristiani” (cfr. At 11,26).
Sul monte della risurrezione Gesù proclamerà: «Andate in tutto il mondo, annunciate il Vangelo ad ogni creatura». Nello Spirito di Gesù e col Salmo proclamiamo: «Popoli tutti, lodate il Signore. Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti. Ci benedica Dio, lo temano tutti i confini della terra».

Pellegrinaggio in Terra Santa

“Sui passi di Gesù”: è l’invito che il Servizio Diocesano Pellegrinaggi ci rivolge. Si tratta di un’esperienza richiesta da tanti.

Il periodo è quello natalizio: un’opportunità in più per i giovani studenti e per chi lavora nel mondo della scuola. Per tutti è il tempo in cui celebrare il mistero dell’Incarnazione.

Qui in Terra Santa Dio si è preparato un popolo come custode della sua promessa di salvezza (liberazione). Qui il Signore si è scelto una fanciulla di Nazaret come mamma. Qui Gesù ha camminato proclamando il Regno di Dio. Qui ha condiviso tutto di noi per offrirci tutto di Lui. Da qui è partita la prima scintilla che ha acceso nel mondo la fraternità universale.

Mentre sottoscrivo questo caloroso invito si celebra la festa di un simpatico santo napoletano: Alfonso Maria de’ Liguori (il compositore del canto popolare “Tu scendi dalle stelle”). Mi sovviene un suo pensiero un po’ ironico: «Ci sono cristiani che fanno lunghi viaggi e affrontano pericoli e disagi per andare in Israele e tornano orgogliosi di portare a casa un po’ di polvere raccolta sul luogo della Natività o qualche altra reliquia… Ma qui, nelle loro chiese, hanno ben altro: hanno Gesù Cristo, vivo nell’Eucaristia».

Sant’Alfonso ha ragione, ma è proprio per l’amore a Gesù che di Lui vorremmo sapere e conoscere tutto; vorremmo contestualizzare le sue parabole e le sue parole; vorremmo sostare con Lui nel Cenacolo e nella locanda di Emmaus; vorremmo riempire gli occhi e il cuore del suo mare, delle sue montagne e del suo cielo.

+ Andrea Turazzi

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“Oltre le etichette. Dialogo aperto sull’omosessualità”

Domenica 27 agosto alle ore 21 presso il monastero delle Agostiniane di Pennabilli si terrà la presentazione del libro dell’amico don Francesco Silvestri: “Oltre le etichette. Dialogo aperto sull’omosessualità”, edito dall’editrice Ancora.

Il libro è il frutto della ricerca dottorale in teologia morale di don Francesco, durata anni, su un argomento che interroga la nostra umanità e perciò la Chiesa.

La malattia ha fatto sì che don Francesco non completasse il suo lavoro, ma non ha impedito che il libro vedesse la luce. Don Rinaldo Ottone, che interverrà alla serata, ne ha curato con passione e competenza la pubblicazione.

La preparazione  di don Francesco nel campo della psicologia e della teologia morale gli ha permesso di fare un’esplorazione originale, capace di raccogliere istanze già note e di aprire ulteriori piste di riflessione. Si ha così l’occasione di beneficiare di un contributo che certamente porterà luce alla comprensione, in ordine all’incontro e al confronto.

Camminata del Risveglio

Anche quest’anno si terrà la Camminata del Risveglio: domenica 20 agosto. “Dovrà essere un momento gioioso e bello di “risveglio” della nostra fede”.

Salendo insieme da San Marino, dai borghi e dai paesi del Montefeltro e della riviera verso il Santuario della Madonna del Faggio sul monte Carpegna, si vivrà un’esperienza di fede, si offrirà una testimonianza di speranza e si ritroverà la consapevolezza di essere un popolo che rinsalda vincoli di amicizia.

L’esperienza del pellegrinaggio ripropone un aspetto fondamentale della vita come cammino e della vita della Chiesa come sinodo: le proposte di preghiera e di riflessione avranno questa intonazione. Quest’anno una intenzione speciale sarà per le vocazioni, in particolare al sacerdozio e alla vita consacrata.

Ogni partecipante prepari l’incontro con la Madonna per rinnovarle l’atto di amore filiale e per rivolgerle con fiducia le richieste che in questo momento urgono nel cuore, quelle che sono necessarie alla vita e alla missione della Chiesa e alla società. Chi può si incamminerà a piedi nella notte, chi non può salirà con i propri mezzi. Appuntamento alle ore 9:30 sui prati del Carpegna, presso la “grande croce”. Dopo l’ascolto della testimonianza, avremo la gioia di avere con noi un gruppo di giovani dell’Azione Cattolica.

Alle ore 10.30 Solenne Eucaristia all’ombra dei faggi e, a seguire, processione con l’immagine della Madonna sui prati dell’Eremo.

Tutti invitati!

Omelia nella Solennità dell’Assunzione di Maria

Soanne (RN), Lago di Andreuccio, 15 agosto 2023

Ap 11,19; 12,1-6.10
Sal 44
1Cor 15,20-26
Lc 1,39-56

Nella speranza di non scandalizzarvi vi confido un pensiero di ieri. Guardando l’agenda, ho visto che avevo tre momenti molto belli in questa giornata di ferragosto: stamattina qui al lago, insieme con voi, nel meraviglioso tempio del Creato; alle 11.15 la Messa solenne nel Santuario della Madonna delle Grazie di Pennabilli; nel pomeriggio a Pieve Corena (vicino a Chiesanuova – RSM). Tre appuntamenti desideratissimi, ma con una preoccupazione: della Madonna non si dice mai abbastanza («de Maria numquam satis», diceva san Bernardo) e non si esaurisce mai quello che si deve dire di lei. Ma, per onorare la Madonna, mi piacerebbe poter dire qualcosa di originale. Sono andato un po’ in crisi: sono 9 anni che vengo con voi qui al Lago e ogni volta ho cercato di dire una parola nuova… Cosa dire questa volta?
Mi sono aiutato in questo modo. Innanzitutto, quello che conta non è dire “cose nuove” (anche se ce ne sono: basta navigare su Google o sfogliare enciclopedie, o lasciarsi ispirare da arte, musica, letteratura), ma dire con novità del cuore le cose di sempre, con la partecipazione profonda di noi stessi.
Mi fermerò su due punti.
Nessuno di noi dubita dell’amore di Dio. Ma ci sono momenti di disgrazia o di prova nei quali discutiamo col Signore e ci viene da assumere un atteggiamento polemico con lui. Poi, pian piano, si rientra nell’accoglienza della sua volontà che, a volte, ci appare misteriosa. Qualche altra persona – è capitato anche a me – non avendo il riscontro di qualcuno che voglia bene, davvero si domanda: «Dio è proprio vicino?». La percezione della prossimità di Dio passa anche attraverso l’amicizia, l’amore delle persone che abbiamo attorno. Una persona che non ha avuto un’infanzia bella, che non ha gustato l’amore di una mamma o di un papà si chiede: «Da dove vedo che Dio mi ama?». In realtà Dio ci ama immensamente e nel suo disegno ha previsto, per ciascuno di noi, un amore materno, una carezza femminile: ha scelto Maria, una donna, per farci sentire la sua tenerezza. Ripeto: noi sappiamo che Dio ci ama immensamente, che è tenero verso ciascuno di noi, ma ha voluto donarci una presenza così umana e tangibile: la prossimità di Maria.
Questa mattina un caro amico, un collega, mi ha confidato che, durante la lettura di un libro che documenta le apparizioni di Maria (la Chiesa è molto prudente nell’approvazione dei fenomeni soprannaturali, ma poi li riconosce se sono autentici), ha sentito fortemente che Dio ha voluto che accanto a noi ci fosse questa presenza e questa tenerezza. Dio ha affidato questo ministero di maternità alla Madonna. Quando è avvenuto? Il Venerdì Santo, ai piedi della croce, Gesù dice alla Madonna: «Madre, ecco tuo figlio», indicando Giovanni. E a Giovanni dice: «Ecco tua madre». «E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa» (Gv 19,26-27). Prendiamo anche noi Maria a casa nostra, perché Dio gli ha affidato questa missione, questo ministero. Grandezza di Maria!
Un’altra suggestione che incoraggia la nostra preghiera ce la offre san Bernardo di Chiaravalle. San Bernardo, commentando l’Annunciazione, crea una sorte di sospensione del tempo fra le parole dell’Angelo e la risposta di Maria. In quella sospensione implora il “sì” di Maria. Possiamo fare così anche noi, immaginando entrino in scena il lebbroso, che incoraggia Maria a dire il suo “sì” perché, se non lo dice, lui non sarà guarito; poi Maria di Magdala che dice: «So di essere peccatrice, ma se tu, Maria, dirai il tuo “sì”, sarò redenta… Possiamo immaginare, nella preghiera, che entrino via via tutti i personaggi del Vangelo e con loro anche noi: «Maria, di’ il tuo “sì”, non indugiare, non farti condizionare dalla tua umiltà; abbiamo bisogno della tua audacia». La preghiera ha di questi ardimenti. Possiamo confidare a Maria il nostro essere peccatori, il peso dei limiti, l’ansia per le preoccupazioni, il nostro grido del cuore… «Maria, se dici “sì”, Gesù viene a salvarci».
Gesù è venuto, diciamo grazie alla fanciulla di Nazaret, Maria.

Omelia nella XIX domenica del Tempo Ordinario

Pennabilli (RN), Cattedrale, 13 agosto 2023

Festa per i 100 anni di mons. Mansueto Fabbri

1Re 19,9.11-13
Sal 84
Rm 9,1-5
Mt 14,22-33

Cent’anni di solitudine (cfr. G.G. Marquez, Cent’anni di solitudine, 1967). Macché solitudine! Don Mansueto celebra cent’anni di compagnia, di incontri, di volti, di amici.
Parafrasando il brano evangelico, vedo nella vicenda umana e spirituale di don Mansueto un’analogia con il cammino dell’apostolo Pietro. La colgo nelle preghiere che sgorgano dal cuore e dalle labbra dell’apostolo. Sono due. Pietro le ha pronunciate a qualche minuto l’una dall’altra, ma fra la prima preghiera e la seconda, c’è un abisso: non tanto le profondità del lago di Galilea, ma le profondità dell’esperienza spirituale. Pietro chiede a Gesù di camminare sull’acqua come fa lui. Allo stesso modo don Mansueto si è lanciato al seguito di Gesù, con entusiasmo e fiducia. Erano anni difficili: la povertà, la guerra, i disagi, le distanze, le strade… Un vero camminare sull’acqua. «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te camminando sull’acqua». Don Mansueto, come Pietro, ha guardato Gesù e ha chiesto, in fondo, una cosa spettacolare… E spettacolare – davvero! – è stato il cammino di don Mansueto nella nostra Chiesa, sotto gli occhi di tutti, sotto gli occhi di noi pennesi, per quasi cinquant’anni: prima da seminarista, poi da segretario del Vescovo e ancora da parroco.
E viene il tempo della seconda preghiera, la preghiera nella fragilità. È un semplice grido di un uomo che riconosce di non bastare più a se stesso. È la preghiera più bella, più vera, più necessaria. «Signore, salvami!». La mano di Gesù afferra la mano di Pietro: fate attenzione a questo particolare. Negli anni dell’attività pastorale, nell’Azione Cattolica, nel Cammino neocatecumenale, nelle esperienze forensi, don Mansueto ha offerto mani e piedi, cuore e intelligenza al Signore per essere sua presenza. Ora è Gesù che tende la sua mano all’amico e lo stringe forte perché le onde dell’ignoto, dell’oscurità, non lo turbino. Gesù, in fondo, stende la sua mano per una “questione di cuore”. Nella pagina di Vangelo che precede immediatamente quella proclamata dal diacono in questa liturgia l’evangelista ci fa assistere ad un miracolo strepitoso: sulle rive del lago Gesù sfama cinquemila uomini, senza contare donne e bambini (cfr. Mt 14,21); qui, nella barca e nell’oscurità, avviene un prodigio per “questioni di cuore”. Il primo, la moltiplicazione dei pani e dei pesci, miracolo indispensabile e utilissimo, il secondo, la mano tesa all’amico, sembra un miracolo inutile, fine a se stesso. Dichiaro tutta la mia simpatia per questo miracolo “inutile”, perché c’è tutta la dinamica della vita di fede e don Mansueto la testimonia.
Vale anche per noi: dalla paura alla fiducia, dal dubbio alla fede, dalla perplessità alla dossologia (lode). E Gesù dice: «Vieni!». Lo dice a me, lo dice a don Mansueto, lo dice a tutti. E le tempeste e le onde della vita? Tutte occasioni per crescere nella fede e nell’intimità con il Signore Gesù.

Due giorni, un sol giorno

5-6 agosto 2023

“Casa Italia” è il quartier generale della nostra spedizione, un angolo d’Italia nel centro di Lisbona. Vi dimorano, dal 23 luglio, quindici operatori della pastorale giovanile italiana guidata dall’amico don Michele Falabretti, così tutti lo considerano (il cardinal Zuppi scherzosamente lo chiama “il nostro corazziere”). Chi ha seguito in tv la serata della “Festa degli italiani” venuti alla GMG (i 65.000!) lo ricorderà per l’abilità con cui è intervenuto dando alla serata un colpo d’ala. Don Michele è animatore di una équipe coesa e intelligente, a servizio della pastorale italiana per i giovani. Di “Casa Italia” parlo con suor Armanda, amatissima e sempre sul pezzo. A lei è stato affidato anche il coordinamento dei vescovi italiani partecipanti, oltre un centinaio. “Casa Italia” segue l’accoglienza dei pellegrini sui diversi luoghi, cura il collegamento con i media, tiene i contatti con gli hotel e gli spostamenti. È un lavoro che esige collaboratori. Da “Casa Italia” passano i gruppi: c’è chi domanda informazioni, chi porta gli inevitabili problemi e inconvenienti… Con l’équipe della pastorale giovanile si sono preparati anche una ventina di volontari a tempo pieno, una preparazione avviata da mesi. Chiedo a suor Armanda come questi volontari possano partecipare alla GMG se sono così occupati. «Partecipano eccome – precisa suor Armanda –, il loro è un vero e proprio pellegrinaggio, anche senza la gratificazione dei grandi eventi. La loro GMG è accoglienza, abbraccio, sostegno a tutti». Mi è bastato fermarmi questa mattina per un paio d’ore per rendermi conto del passaggio di gente e gruppi. C’è posto per tutti, c’è un pasto caldo per chi viene da fuori e c’è persino un medico sempre a disposizione. Suor Armanda mi confida la sua gioia e l’esperienza di complementarietà che, come religiosa, sperimenta in seno alla pastorale giovanile, «che è ben più di un Ufficio, ma un cuore pulsante». Oggi da “Casa Italia” è passato l’ambasciatore italiano presso il Portogallo con signora. L’appoggio delle istituzioni è sicuramente utile e talvolta indispensabile.
Siamo tutti proiettati verso la Veglia che si terrà su una grande spianata fuori Lisbona, il parco Tejo, in grado di ospitare la folla di giovani che sta ingrossando in questi ultimi giorni (si parla tranquillamente di un milione e mezzo di ragazzi). Non è stato semplice per i nostri ragazzi raggiungere il parco: già dalla tarda mattinata si sono messi in strada per sistemarsi poi con stuoini, sacchi a pelo, teli e coperte termiche: 8/10 km a piedi con una temperatura in aumento tra una fiumana di gente (tre ore). Lo spazio riservato ai nostri è lontano dal palco, settore C04: terra battuta a ridosso di una rete di confine. Si sistemano. Sullo sfondo il ponte Vasco de Gama (18 km, uno dei ponti più lunghi) sul fiume Tejo. Lì per lì scambio la foce del fiume per il mare…
Immagini da esodo: cammino in massa verso una terra promessa. Il settore era noto, un problema azzeccare il varco! «Non c’è erba!»: è la prima constatazione. Terra nuda. Il sole è infuocato. Si gioca a fare capanne con i teli per proteggersi. Pensi che il vento che sta per alzarsi porti refrigerio, ma è come un phon. Si alza una polvere che incipria cose e persone.
Un’attesa di sei-sette ore intercalata da musica e canti, incontri con altri giovani, scambi di gadget… È sorprendente come anche in queste situazioni i ragazzi sappiano prendere le cose sportivamente. Dopo lo smarrimento del primo momento, tanta solidarietà, amicizia, allegria e… ricerca dei wc. Dimenticavo: e la cena? Cena, colazione e pranzo (per il giorno dopo) offerti in un unico contenitore dall’organizzazione. Menù non facilmente identificabile (omogeneizzati, salse, marmellate e pane dolce). E tanta acqua… Un grido: «Passa il Papa!». Sono ormai le venti. Un’ora dopo inizia la Veglia. Partecipare non è facile, ma si crea silenzio. Si segue con radiolina e telefono. Chi passa di lì avverte che si prega. C’è l’essenziale. Il grosso camion parcheggiato ad una ventina di metri (il camion che portava la refezione) toglie per buona parte la visibilità del maxischermo.
Sul palco una danza che è preghiera. Il tema è il cammino: cammino da fare insieme, cammino non esente da cadute, cammino che fa rialzare e cammino verso…
La musica non è colonna sonora, ma è protagonista, messaggio, preghiera. Vengono proposte melodie solenni, ma anche semplici e arriva l’Eucaristia, un pane consacrato collocato dentro una raggiera dorata e davanti un milione e mezzo di giovani e poi un grande silenzio che fa di tanti cuori un solo cuore: ti adoro, ti amo, ti rendo grazie, ti chiedo perdono, ti chiedo grazie… La preghiera ha di queste vibrazioni.
Lascio immaginare il dopo… cioè la notte, con le manovre per disporsi a dormire sotto le stelle. In alcuni ragazzi le batterie funzionano ancora, ma poi si scaricano del tutto. Si dorme.
Il risveglio in quell’angolo del settore C04 è traumatico: una scarica di musica tecno a tutto volume. Verrà poi identificato il disgraziato dj a cui è stato affidato questo servizio: un prete statunitense. Poi la ricerca di una fontanella, la fila ai wc chimici e la liturgia del buon giorno.
È da poco spuntato il sole su questa che sarà una giornata memorabile. Papa Francesco ritorna, scortato dalle guardie del corpo, ma soprattutto – pensiamo – dalla forza che il Signore gli sta dando: il Papa ha 86 anni compiuti, poco più di un mese fa ha subito un importante intervento chirurgico, soffre anche fisicamente per l’impotenza contro la guerra… Eppure, si conferma in gran forma. In questi giorni ha tenuto una decina di interventi e discorsi, quasi un’enciclica portoghese. Non abbiamo potuto sentire gli altri discorsi: agli universitari, ai giovani ammalati a Fatima, ecc.
Con i colleghi vescovi ci stiamo preparando e indossiamo i paramenti (casula e mitria ci vengono dati in dono). Chiedo ad una gentilissima volontaria portoghese di accompagnarmi al famigerato “C04”. «Permesso, scusa, grazie»… così ci facciamo largo per fare l’attraversamento. Ci vorrà un’ora circa. Emozionante per me rivedere i nostri ragazzi e gustare le loro premure e cortesie. Incomincia la Messa, introdotta dal coro che ci sta accompagnando in tutti i momenti di preghiera. Siamo in attesa dell’omelia del Papa nella Festa della Trasfigurazione.
Papa Francesco ci offre tre parole che sintetizzano il messaggio della Trasfigurazione, festa della bellezza, festa della bellezza più bella: Gesù Cristo!
Brillare, ascoltare, non avere paura: è con queste parole che ripartiamo dal parco Tejo e ci organizziamo per il rientro. Sono trascorsi due giorni, ma è come un giorno solo. Ancora non sappiamo i commenti della stampa nazionale e internazionale su questo evento. Non abbiamo visto servizi televisivi e radiofonici, ma portiamo la nostra personale testimonianza, la ricchezza di questa esperienza internazionale e un incontro speciale con Gesù, come accaduto ai discepoli di Emmaus. Non importa la stanchezza.

+ Andrea Turazzi