Omelia nella festa della Presentazione del Signore al tempio
Cattedrale di Pennabilli, 2 febbraio 2017
Giornata della vita consacrata
Ml 3,1-4
Sal 23
Ebr 2,14-18
Lc 2,22-40
Un incanto.
Siamo saliti alla Cattedrale cantando a Cristo Luce, luce delle genti, luce di cui la Chiesa è come un sacramento, un suo riflesso: «luce da luce». Il Signore, secondo il profeta Malachia, subito entrerà nel suo tempio. «Il Signore che voi cercate». Lo cerchiamo? Lo cerchiamo sinceramente nel nostro cuore?
«L’angelo dell’Alleanza che voi sospirate». Abbiamo fatto nostro uno dei cantici evangelici, il cantico di Simeone, l’ultimo dopo quello di Zaccaria: «Benedetto il Signore Dio d’Israele» (Lc 1,58-79); dopo quello, soltanto accennato, di Elisabetta: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo» (Lc 1,41-45); quello di Maria nel Magnificat (Lc 1,46-55) e il coro angelico nella notte di Natale: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama» (Lc 2,14). Simeone compare in scena sotto la spinta dello Spirito Santo. Anche se noi non abbiamo sentito sensibilmente la presenza dello Spirito, era lo Spirito che, in mezzo a noi, ci guidava, perché siamo ancora sotto lo splendore dell’alba della Pentecoste. La Chiesa che accompagna e segue il sorgere e il tramonto di ogni giorno con i cantici del Benedictus e del Magnificat, a ricordo e in comunione con la risurrezione del Signore, ci fa chiudere le nostre giornate con il Nunc dimittis, il cantico di Simeone. Beati noi, consacrati, consacrate, fedeli, se ogni giorno possiamo dire come Simeone di aver fatto l’esperienza, varia e sempre uguale, dell’incontro, dell’abbraccio, della comunione con il Signore.
Mi soffermo un attimo sulla seconda lettura.
L’autore della Lettera agli Ebrei, a proposito del Verbo che si fa carne, scrive: «Doveva in tutto rendersi simile ai fratelli allo scopo di espiare i peccati del popolo» (Ebr 2,17). Nel tempio di Gerusalemme si rivela lo scopo per cui il Verbo doveva rendersi del tutto simile ai fratelli: espiare i peccati del popolo. Proprio per questo il Signore Gesù viene portato da Maria al tempio. Vediamo Maria sempre collaborante con il Signore; lo accompagnerà un giorno persino alla croce. Maria è stata mossa a compiere questo gesto, come ricorda il Vangelo, dall’antica prescrizione mosaica in forza della quale veniva celebrata l’appartenenza di ogni primogenito al Signore, ma c’è molto di più nel gesto di Maria che sale verso il tempio ad offrire Gesù, il Verbo. In forza della sua partecipazione alla nostra natura umana è diventato primogenito di molti fratelli ed offre se stesso per la loro salvezza. «Per questo – continua l’autore della Lettera agli Ebrei – entrando nel mondo Cristo dice: “Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato…”. Allora ho detto: “Ecco, io vengo… per fare, o Dio, la tua volontà” (Ebr 10, 5-7). Entriamo, carissime e carissimi, nella contemplazione di questo atto di volontà con cui il Verbo, presentato al tempio, fa della sua vita e della sua umanità, un sacrificio gradito a Dio. Un dono che fa al Padre per essere dono! La testimonianza di Simeone ha lo scopo di svelarci questa missione unica e decisiva del Signore Gesù. E a Gesù Simeone rivolge attributi divini; lo chiama «luce», «gloria di Israele». L’incontro del vecchio Simeone col Bambino realizza l’incontro della Vecchia Alleanza con la Nuova, l’incontro dell’attesa umana con l’esaudimento, della speranza con il possesso, della domanda con la risposta. Chi impersonava l’Antica Alleanza poteva ormai morire, il tempo era compiuto: Dio visita definitivamente il suo popolo e tutte le genti. Dunque, la liturgia questa sera ci introduce in questo grande mistero: l’offerta di Gesù al Padre. Nella liturgia ebraica l’offerta in sacrificio di espiazione aveva il compito di ricostruire l’Alleanza dell’uomo con Dio, compromessa dal peccato. Ebbene, l’offerta di Cristo al Padre sulla croce, oggi prefigurata e anticipata simbolicamente nella presentazione al tempio «purifica – conclude l’autore della Lettera agli Ebrei – la nostra coscienza dalle opere morte e ci rende capaci di servire il Dio vivente» (Ebr 10,14). Bellissimo mistero sul quale il cuore deve indugiare.
Ma oggi noi, celebrando la Presentazione del Signore al tempio, vogliamo ringraziare il Padre per un dono particolare, frutto preziosissimo dell’offerta di Cristo: la vita consacrata. E’ questa, cioè la donazione totale di Cristo, la radice da cui sboccia e fiorisce la vita consacrata di donne e di uomini che seguono Cristo, amandolo con cuore indiviso, pienamente liberati mediante la pratica dei consigli evangelici (povertà, castità, obbedienza). Vedendo voi, carissime religiose, e voi, carissimi religiosi, noi siamo profondamente assicurati che Cristo è morto e risorto per noi: voi lo dite con la vostra vita. Qual è infatti il nucleo essenziale della vostra decisione? Che cosa avete inteso e deciso nel momento in cui avete risposto alla chiamata? Avete deciso di appartenere totalmente ed esclusivamente a Cristo Signore. La vostra è una vita afferrata da Cristo per sempre. E voi vi siete lasciati afferrare senza opporre alcuna resistenza; voi vi proponete di aderire in tutto a colui che vi ha sedotto e dal quale vi siete lasciati sedurre (cfr. Ger 20,7). Proprio come il giovane Samuele che dice: «Parla, Signore, il tuo servo ti ascolta» (1Sam 3,10). O come Paolo a Damasco: «Signore, che cosa vuoi che io faccia?» (At 22,10). O come il vostro modello per eccellenza, la fanciulla di Nazaret: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me secondo la tua parola» (Lc 1,38). Da qui discende l’intima ragione dei consigli evangelici che vivete; non sono soltanto “mezzi” di santificazione, ma espressione perfetta di ogni vita cristiana che consiste nel conformarsi pienamente al Signore Gesù. Allora siate fedeli alla vostra vocazione perché in essa tutti i cristiani – gli sposi, i giovani, i pastori della Chiesa – vedano svelata l’intima natura della vita cristiana come tale.
Gesù si è offerto pienamente al Padre perché il Padre possa compiere in lui la salvezza del mondo. Allo stesso modo, la vostra conformità e appartenenza a Cristo vi pone in una disponibilità totale per i fratelli. Vi offrite per offrirvi, non è un gioco di parole. Vi offrite al Signore per essere da lui offerti ai fratelli, per essere sale e luce, per essere lievito. Grazie per la generosità e l’entusiasmo col quale rinnoverete la consacrazione. State certi della nostra preghiera per voi!