Omelia nella XXX domenica del Tempo Ordinario
Fratte (PU), 24 ottobre 2021
S. Cresime
Ger 31,7-9
Sal 125
Eb 5,1-6
Mc 10,46-52
Cari ragazzi,
è un giorno molto importante per voi. Suppongo lo ricorderete per molto tempo. Spero ricordiate anche me, il Vescovo Andrea, che vi ha dato la Cresima.
Tutti ascolteremo da voi le risposte, forti e chiare, alle domande che vi rivolgerò: «Credete nel Padre, nel Figlio, nello Spirito Santo?». Dovrete rispondere solo voi; l’assemblea dirà l’Amen finale.
Tante volte ci troviamo ad essere cristiani senza mai aver deciso di esserlo. Ecco perché la nostra fede va “a scarto ridotto”, con poco entusiasmo, come una candela con uno stoppino che a volte arde e a volte è spento. Oggi, voi ragazzi, decidete di essere cristiani. Siete giovani: tante volte nella vita dovrete ripetere il vostro “sì” a Gesù, se volete essere suoi discepoli.
Tra poco, insieme al vostro parroco don Giorgio, farò un segno che compivano gli apostoli: stenderò le mani su di voi invocando lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo non è visibile e nemmeno raffigurabile; abbiamo alcune metafore per spiegarlo: è come un vento che soffia, come un respiro che dà vita, come lingua di fuoco che illumina. Lo Spirito scenderà anche su tutti noi, già cresimati, per farci rivivere il sacramento ricevuto. Poi traccerò sulla vostra fronte un Segno di Croce con un olio profumato, il Crisma (da cui la parola Cresima e la parola Cristo, l’unto e il profumato per eccellenza). Da qui deriva la metafora più bella per parlare della terza Divina Persona, lo Spirito Santo: il bacio. Il Padre è la prima Persona che nominiamo tracciando il Segno della croce ed è l’Amante, colui che ama, che parte per primo, che è all’origine; poi, mettendo la mano sul cuore, nominiamo il Figlio; anche lui è da sempre, è amore che sa accogliere: è importante prendere l’iniziativa di amare, ma altrettanto importante è lasciarsi amare. Il Figlio è il “tu” che sta di fronte al Padre ed è, per definizione, l’eternamente Amato. La terza Divina Persona, quella che chiamiamo Spirito Santo, che nominiamo sfiorando le spalle prima di congiungere le mani, è il Bacio. Questa è la metafora che a me piace di più.
Dopo avervi profumato la fronte concluderò con un piccolo schiaffo per dire: «Da adesso tocca a te testimoniare Gesù e il suo Vangelo». Le proposte di Gesù sono “in salita”. Ad esempio, Gesù dice: «Perdonare settanta volte sette». Con le nostre sole forze non è possibile. Oppure dice di «superare le tentazioni» e di “tagliare” per far crescere. La strada di Gesù è una strada in salita, com’era la strada che partiva da Gerico e saliva a Gerusalemme, una strada con più di mille metri di dislivello. Gerico è 400 metri sotto il livello del mare, Gerusalemme a 700 metri sopra. Gesù, insieme alla folla, sale verso Gerusalemme. Una strada molto in salita perché sapeva cosa lo attendeva. Gerico ci fa pensare anche alla città che un tempo Giosuè conquistò facendo suonare le trombe, lanciando il grido di battaglia. A Gerico, sulla porta della città, seduto fra gli altri questuanti, c’è il cieco Bartimeo. Ha sentito parlare del giovane profeta Gesù, perciò vuole incontrarlo: considera quella la sua ultima chance per essere guarito. Ma a Gerico c’è sempre un “muro”: in questo caso il muro della folla che circonda Gesù e quello dei discepoli che, come guardie del corpo, lo accompagnano; poi c’è la folla dei pellegrini che salgono a Gerusalemme. C’è, soprattutto, il muro della sua personale condizione: è un barbone ed è murato dentro al suo buio perché è cieco. Non possiede altro che un logoro mantello, che però è la sua casa, gli serve per coprirsi la notte e come attrezzo per raccogliere le monetine che i passanti gli gettano. Bartimeo non ha che un’arma: alzare la voce. Allora, come Giosuè, dà fiato alle trombe e lancia il suo grido: «Gesù, Figlio di Davide, abbi pietà di me». La folla lo ignora. Passa. Quelle persone stanno seguendo Gesù, ma non si accorgono di quel cieco che grida. Alcuni lo sgridano perché lo trovano impertinente: «Perché disturbi il Maestro?». Ma lui insiste e il suo grido raggiunge il cuore di Gesù. Ecco la vera preghiera. È un grido: «Signore, salvami! Guariscimi dalla cecità che mi impedisce di incontrare, di ritrovare la strada della vita». Gesù che fa? Si ferma. Lo fa chiamare. Bartimeo, stupito e confuso, esita tanto che devono spingerlo: «Coraggio, alzati, chiama te!». Esita perché Gesù gli sta chiedendo di abbandonare la sua “postazione strategica”. Poi Bartimeo si decide, getta via il mantello, balza in piedi e si presenta a Gesù. Solo allora sarà guarito. Anzi, non avendo più nulla – dice il Vangelo – «prese a seguire Gesù», diventa un suo discepolo. Notate: si mette a seguire Gesù ancor prima di vederci, sulla fiducia, sulla parola del Maestro, tant’è vero che Gesù riconoscerà che non è lui a fare il miracolo: «La tua fede ti ha salvato». Sia così anche per noi.
Non lasceremo questa nostra chiesa senza aver detto al Signore Gesù il nostro proposito di seguirlo!