Omelia S.E. Mons. Andrea Turazzi
Cattedrale di Pennabilli, 2 aprile 2015
Is 61,1-3.6.8-9
Sal 88
Ap 1,5-8
Lc 4,16-21
Fratelli carissimi, eccoci a celebrare la comunione del nostro sacerdozio, la comunione tra noi, la comunione con Cristo! È una liturgia speciale che ci vede tutti riuniti per la rinnovazione degli oli dei Sacramenti di salvezza – per la rinnovazione delle promesse sacerdotali – per la rinnovazione della nostra alleanza con Cristo.
Il Vangelo – quel brano di Luca che abbiamo tante volte meditato – ci vuole a confronto con Cristo.
Consideriamo un attimo la centralità del Vangelo (cfr. la mia Lettera pasquale).
Il tempio gli riserva una vera e propria mensa (l’ambone) accanto a quella eucaristica: la duplice mensa della Parola e del Pane! (cfr. SC 7)
La liturgia poi ci educa alla venerazione e adorazione del Vangelo: l’incensazione, il bacio, le acclamazioni del popolo che sembrano scavalcare gli inviti del ministro e lo salutano come Cristo stesso: «Gloria a te, o Signore… lode a te, o Cristo».
Lo sappiamo bene: il Vangelo è luogo, come tutta la Scrittura, di una presenza di Cristo.
Egli: «È presente nella sua parola, poiché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura» (cfr. DV 18).
Dunque, nel Vangelo cerchi e trovi Cristo.
Il Vangelo di oggi ci offre Cristo come modello del sacerdote, modello dell’opera sacerdotale, modello della vita sacerdotale.
Guardiamo a lui, confrontiamoci con lui, esaminiamo la nostra condotta se assomiglia alla sua e rinnoviamo con slancio – come la prima volta – le promesse sacerdotali, promessa di lasciarlo agire in noi liberamente e totalmente.
È il ministero stesso (responsabilità che abbiamo assunto davanti a Dio e al suo popolo) che esige consonanza perfetta della nostra mente, del nostro cuore, dei nostri sentimenti e dei nostri atti, della nostra persona con la sua.
È San Paolo che ha “inventato” e fatta sua la bella formula: «In persona Christi» (2Cor 2,10). Noi operiamo “in persona Christi”, immersi in lui, dotati della sua potestà, colmati dei doni della sua verità, del suo amore, della sua misericordia e noi viviamo – sarebbe bello esserne sempre consapevoli – “in persona Christi”.
Noi non finiremo di approfondire questa pagine, di imparare questo Cristo!
Sottolineo anzitutto l’importanza del brano di Luca che abbiamo sentito proclamare. L’importanza è data dalla sua posizione nella struttura del Vangelo. Dopo il Vangelo dell’infanzia e dopo il trittico (comune ai sinottici) della predicazione del Battista, del Battesimo di Gesù e delle tentazioni del Signore nel deserto, Luca ci presenta, all’inizio dell’attività di Gesù, l’episodio della sinagoga di Nazaret. Gesù entra in scena sotto l’azione dello Spirito Santo. Notare poi la conclusione che fa vedere tutto un susseguirsi di atteggiamenti entusiastici, provocatori, ostili, minacciosi nella folla, e in Gesù un temperamento e un carattere calmi, sicuri, vittoriosi. Forse Luca raccoglie qui insieme diversi episodi accaduti nella sinagoga di Nazaret. Ma l’importanza del brano è che è posto all’inizio dell’attività di Gesù come un fatto paradigmatico, esemplificativo a tutta la missione di Gesù.
Una missione che comincia con gli applausi, che poi si incrina con le contestazioni dei nazaretani e termina con il tentativo di omicidio. Ma Gesù se ne andrà libero, passando in mezzo a tutti (cfr. Lc 4,30).
Principali ricchezze del brano. Anzitutto scrive il testo: «Si recò a Nazaret dove era stato allevato» (Lc 4, 16). Gesù ritorna ai luoghi dell’infanzia, della giovinezza, della formazione ricevuta in famiglia, da Maria, da Giuseppe. Un invito per noi a tornare alle sorgenti della nostra formazione: famiglia, parrocchia, seminario. A tante e dolci immagini paterne; ai primi puri, gioiosi, segreti e comunitari incontri con il Signore, la sua dottrina, la sua bontà, la sua amicizia.
E poi: «Entrò secondo il suo solito, di sabato, nella sinagoga e si alzò a leggere… » (Lc 4,16). Un Gesù che entra decisamente nella comunità, che prende l’iniziativa, che mostra i risultati umani della sua formazione: umanamente maturo, completo, perfetto. Un invito per noi a considerarci uomini pubblici, a farci avanti, a muoverci, come più volte dicono degli apostoli gli Atti e le Lettere di San Paolo, con coraggio, parresia, senza paura… a proclamare il Vangelo.
Ed ancora: «Si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto… Poi arrotolò il volume, lo consegnò all’inserviente e sedette» (Lc 4, 16.17.20). Possiamo ammirare in tutto questo la ritualità, la signorilità, lo stile, il rispetto, la devozione di Gesù: «Si alzò… gli fu dato… arrotolò… consegnò… sedette». Cinque verbi! Tutto quello che fa di Gesù ciò che oggi si direbbe un maestro nella celebrazione, nell’arte del celebrare. Invito per noi al senso del sacro, all’osservanza delle norme, ad insegnare con le nostre celebrazioni.
Gesù legge la Scrittura, legge la pericope fissata per quel giorno: «Lo Spirito del Signore è su di me…». Sottolineo l’amore alla Sacra Scrittura, l’amore alla Parola di Dio. La prima predica di Gesù in Luca non è fatta con parole proprie, ma con la Parola di Dio. Gesù la proclama. La esalta. La premette ad ogni sua considerazione.
Invito, anche questo, per noi, a predicare la Parola, ad essere come i primi apostoli, servitori della Parola, a leggervi tutto, a trovarvi tutto. Ad amarla, a farla amare. Poi faremo sorgere in essa Gesù. Perché Gesù è la Parola, il Verbo.
E la pagina continua: «E gli occhi di tutti erano su di lui…». È un particolare stupendo. Può significare la trepidazione dei paesani, la loro ansia, il loro orgoglio, la curiosità forse… Ma dice certamente l’attesa. Quanta attesa e quante attese nei confronti di Gesù che già iniziava a fare miracoli. Pensiamo noi pure alla nostra prima Messa, alle primizie del nostro servizio ecclesiale. Quante attese anche per noi. Come per Giovanni Battista, tanti si saranno domandati: “Che sarà di questo ragazzo? Di questo nuovo sacerdote?”(cfr. Lc 1,66). Con la nostra vita abbiamo risposto? Abbiamo deluso?
E il Vangelo di oggi conclude: «Allora cominciò a dire: “Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udito con i vostri orecchi…”».
Ecco il tema, ecco il riassunto della spiegazione data da Gesù. Egli si mostra compimento delle Scritture e delle profezie. È il Messia, uomo dello Spirito e dei tempi ultimi, i tempi nuovi. E noi? Possiamo almeno balbettare qualcosa di simile? Siamo un Vangelo vivente? Rendiamo testimonianza con la nostra esistenza? Col nostro stile di vita? Chi ci guarda cosa legge nella nostra condotta?
Impariamo da Gesù: modello del sacerdote, modello dell’opera sacerdotale, modello della vita sacerdotale.