“I fatti e i giorni” dall’1 al 7 marzo 2015

Carità senza confini!
Non è solo il nome di una associazione apprezzatissima, ma uno straordinario progetto di vita. Allora dobbiamo uscire da questa sala un po’ diversi da come siamo entrati. Abbiamo tutto il pomeriggio e la serata per fare tanti atti d’amore concreti. Cominciamo subito. Siamo tutti protagonisti. Tutti responsabili. Tornando a casa dovremmo chiederci: “Ho amato senza confini? Ho accolto l’altro senza confini? Ho goduto dell’accoglienza altrui?”. Se rispondiamo “sì”, ecco un bozzetto di nuova umanità. Lancio uno slogan. Vi sembrerà quello dell’impiegato ad un ufficio pubblico, ma noi lo prendiamo per il verso giusto. “Avanti il prossimo”. Cioè, avanti tu che sei accanto, che sei mio fratello, che sei il mio prossimo.
 

Amore, ma anche giudizio sui fatti di società.
“Questa economia uccide”. Sono colpito dalle parole di Papa Francesco. Parole forti, accompagnate da segni chiari di scelte e di legami con i più poveri e i più bisognosi, che coinvolgono le Istituzioni della Chiesa, i singoli e le varie comunità ecclesiali. Sono segni che interpellano tutti. Più volte papa Francesco ci ha chiamati a non voltare lo sguardo davanti alle sofferenze dei nostri fratelli e delle nostre sorelle in umanità, e di avere il coraggio di toccare la carne sofferente di Cristo che si rende visibile attraverso i volti innumerevoli di coloro che Egli stesso chiama “questi miei fratelli più piccoli” (Mt 25,40). Così il Signore in un altro passo: «Che nessuno di questi piccoli vada perduto» (cfr. Mt 18,14). E il libro delle Lamentazioni così riporta: «I bambini chiedevano pane e non c’era chi lo spezzasse loro» (Lam 4,4).
Sono vescovo della Chiesa “cattolica”, cioè universale. Condivido, nel rispetto di ciascuno, quanto è motivo di gioia: il Vangelo di Gesù. È uno degli obiettivi del nostro essere legati: “Perché tutti gli uomini siano una sola famiglia”, uniti dal rispetto e dall’amore reciproco. La fraternità che sperimentiamo nella fratellanza – e questa è una esperienza che qui in San Marino viviamo concretamente nell’incontro con gli ambasciatori accreditati presso la nostra Repubblica – ci porta a conoscere le piaghe e i doni della nostra umanità. Forse per questo, le parole del Papa e l’insegnamento della Dottrina sociale della Chiesa sono come un pane che non può mancare sul nostro tavolo. Così mi scriveva mio fratello missionario in Congo, padre Silvio: “Abbiamo visto lo sfruttamento delle terre e delle ricchezze minerarie, ma soprattutto la sofferenza di intere popolazioni, legate alle guerre per il controllo e spesso al saccheggio delle ricchezze, con la complicità di capi locali. Abbiamo sentito la vergogna per la conduzione del commercio internazionale dove vige la legge del più forte, del traffico – sempre in aumento – delle armi, la chiusura di mercati locali per l’arrivo delle «eccedenze»  alimentari occidentali”. Il discorso sulla situazione alimentare nel pianeta ci riporta all’evento a cui ci stiamo preparando: “ Expo 2015”. Per questo Expo 2015 può essere un momento di confronto globale e non deve essere una vetrina gastronomica o un grandioso luna park! Dovrebbe darci l’opportunità di riflettere sulla situazione della nostra comune umanità, di rivedere con coraggio i nostri stili di vita, di eliminare lo spreco, del cibo in particolare.
La campagna promossa dalla Caritas Internationalis ci propone: “Una sola famiglia, cibo per tutti”. Il diritto al cibo, lo speriamo entri nella nostra Costituzione. E non solo. Ricordo il martellare di Giovanni Paolo II: “Tutti responsabili di tutti”. I principi sono chiari ma dobbiamo ammettere una certa insignificanza davanti alle scelte di tanti governanti e delle Istituzioni internazionali.
Siamo sollecitati a chiederci: che cosa fare? Nel messaggio della Giornata mondiale della pace 2015, papa Francesco ha invitato a camminare verso la “globalizzazione della fraternità”. Così scriveva alludendo alle varie schiavitù di oggi, compresa quella della mancanza di cibo per tanta gente. Dobbiamo riconoscere che siamo di fronte ad un fenomeno mondiale che supera la competenza di una sola comunità o nazione. Per sconfiggerlo occorre una mobilitazione di dimensioni comparabili a quelle del fenomeno stesso. Per questo motivo lancio un pressante appello a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, di non rendersi complici, di non voltare lo sguardo davanti alle sofferenze dei loro fratelli e sorelle in umanità.
San Marino non comincia da zero. Accanto a Carità senza confini ci sono altre realtà, realtà popolari e comunitarie che indicano percorsi di maturazione di coscienza, esperienze, proposte che vanno oltre la nostra Repubblica. Penso in particolare a: “Noi per..”, gli Amici di padre Marcellino, l’associazione Papa Giovanni xxiii, la Caritas  diocesana, la rete per la Colletta alimentare e farmaceutica, la presenza coordinatrice del nostro Centro Missionario. Oggi, non solo la crisi dell’economia, ma fatti angosciosi di guerra, crollo di ideologie e di antiche tradizioni  ci spingono a ricercare valori comuni per affrontare il futuro dell’umanità nelle varie dimensioni. La chiusura è morte.
Bello, anche se poco conosciuto è il documento del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace (2011) per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale. La realizzazione è compito delle generazioni presenti, cioè di tutti noi.
Sono necessarie e urgenti politiche vincolanti alla realizzazione del bene comune a livello locale e mondiale. È questa un’indicazione forte che stimola la maturazione delle coscienze e aiuta la consapevolezza delle crescenti responsabilità. Le nuove tecnologie di comunicazione, nella misura in cui sono ricche di umanità, rappresentano un’occasione unica per abbattere distanze e creare aggregazioni.
Per chi ha avuto la gioia dell’incontro con Gesù, fratello, crocifisso e risorto, lo Spirito di Pentecoste è un lancio verso tutta l’umanità. Nutrito dal Suo pane, egli è chiamato ad uscire da un mondo chiuso e ad accogliere la compagnia di coloro che condividono il pane con lui, ad essere “inzuppato” di Cristo e a diventare insieme pane spezzato per tutti. È questo il motivo più forte della nostra speranza. L’onda di grazia che scaturisce dal Pane spezzato e dal Sangue versato continua ad inondare tutta l’umanità. Dio è signore della vita e della storia. Allora: “Avanti… il prossimo”!

“I fatti e i giorni” dal 15 al 21 febbraio 2015

È un’esigenza avvertita da tanti: approfondire le ragioni della fede.
Ci si sente interpellati dalle sfide della modernità e dai nuovi orizzonti del sapere.
In diocesi ci sono istituzioni, luoghi ed iniziative che possono soddisfare questa esigenza, ma hanno, per lo più, un carattere di occasionalità. Si richiede che i percorsi biblici e teologici siano sistematici e completi. L’esigenza è segnalata soprattutto dai laici in ragione del loro quotidiano misurarsi col mondo e per il loro impegno nell’evangelizzazione e nel servizio all’interno della comunità cristiana.
Per il “nuovo assetto” ecclesiale è indispensabile un laicato responsabile e preparato.
A Rimini, Pesaro e Arezzo – le città a noi più vicine – esiste l’Istituto Superiore di Scienze Religiose. È bene prendere in considerazione l’eventuale decisione di iscriversi ai corsi ai quali è annesso il riconoscimento accademico di Laurea in Scienze Religiose. Tuttavia, a motivo dell’oggettiva difficoltà della frequenza per molti, si è vista l’opportunità di aprire in centro diocesi – a Pennabilli – corsi di Teologia. Il primo passo è stato fatto dalle monache agostiniane che hanno ottenuto dall’ISSR di Rimini e di Arezzo l’aiuto necessario e poi si sono rese disponibili ad allargare l’offerta formativa.
Ho colto subito, con entusiasmo, questa opportunità ed estendo l’invito a tutti.
 
+ Andrea Turazzi
 

Comunicato stampa per l’uccisione dei cristiani in Libia

Abbiamo appreso con dolore la notizia dei cristiani copti uccisi in Libia dai fanatici islamici dell’ISIS. Sono stati uccisi proprio perché cristiani, non possiamo restare in silenzio. Facciamo nostre le parole di Papa Francesco che così li ha ricordati: «Oggi ho potuto leggere dell’esecuzione di quei ventuno cristiani copti. Dicevano solamente: “Gesù aiutami!”. Sono stati assassinati per il solo fatto di essere cristiani. … Il sangue dei nostri fratelli cristiani è una testimonianza che grida. Siano cattolici, ortodossi, copti, luterani non importa: sono cristiani! E il sangue è lo stesso. Il sangue confessa Cristo. Ricordando questi fratelli che sono morti per il solo fatto di confessare Cristo, chiedo di incoraggiarci l’un l’altro ad andare avanti con questo ecumenismo, che ci sta dando forza, l’ecumenismo del sangue. I martiri sono di tutti i cristiani».
Nella preghiera di tutti noi chiediamo al Signore di accogliere questi nostri fratelli nel Suo Regno, di aiutare le loro famiglie, di dare a noi la forza di testimoniare senza paura la nostra fede, certi che il loro sacrificio consapevole e la loro morte, invocando il nome del Signore Gesù, portino frutti di pace e di amore in quelle terre bagnate dall’odio, nei vari luoghi ove la guerra sembra essere l’unica via per risolvere i conflitti, in tutti i posti dove la fede cristiana vissuta è causa di discriminazione e persecuzione. Semen est sanguis Christianorum.
L’amore, più forte dell’odio, sia il sostegno e la testimonianza per tutti noi.
Con l’unanime protesta chiedo si innalzino preghiere. Inoltre, dispongo che domenica prossima, Prima Domenica di Quaresima, in una chiesa per ogni vicariato si organizzi una veglia: a Talamello (vicariato della Val Marecchia), nella chiesa di Murata (vicariato di San Marino), a Ponte Cappuccini (vicariato della Val Foglia-Val Conca).
Con la mia benedizione

 + Andrea Turazzi

“I fatti e i giorni” dal 18 al 24 gennaio 2015

Settimana dal 18 al 24 gennaio 2015

Viabilità e progresso
Ritorna la proposta di un ampio raccordo dall’autostrada A14 all’Alta Val Marecchia

È un sogno. Lo voglio raccontare. Ma quando sono in tanti a sognare quel sogno diventa realtà. Se il lettore riuscirà ad arrivare in fondo a questo scritto può darsi dia ragione a chi scrive. Può darsi pure che trovi le argomentazioni ovvie, come la scoperta dell’uovo di Colombo.
Dell’argomento che ci si accinge a trattare si è occupata, in passato, anche la grande politica. Ma nulla si è concluso. E noi continuiamo a sognare.
Si sta scrivendo di un possibile tracciato stradale che colleghi il Montefeltro con l’autostrada A14, a Rimini Nord, un grande raccordo fino all’Alta Val Marecchia e oltre (Sansepolcro).
Prevengo l’obiezione: “La Val Marecchia va sempre più impoverendosi e spopolandosi, perché dotarla di una Superstrada?” Quando una zona non è collegata si impoverisce di servizi, raffredda le iniziative, blocca le sue potenzialità e viene tagliata fuori. Metti una strada se vuoi un nuovo sviluppo.
Un raccordo siffatto costituirebbe la spina dorsale sulla quale potrebbe innervarsi una nuova viabilità che promuoverebbe attività culturali, turistiche, produttive, ecc. Finalmente città e borghi, mare e montagna, Italia e San Marino, potrebbero trovarsi facilitati nell’incontro, nello scambio e nel reciproco vantaggio.
Tocca ai tecnici studiare la realizzazione, ai politici valutare scelte e possibilità e ai cittadini sognare e proporre progetti. Il fiume Marecchia, con le sue sponde ampie, sembra invitare all’intervento; un intervento che, all’occhio del profano, non pare ciclopico; seguendo il fiume la via è tracciata. Centri e borghi della Val Marecchia e delle Valli attorno verrebbero finalmente valorizzati e restituiti alla loro vocazione.
Consideriamo, per cominciare, le attività produttive. Le attuali strade tortuose che scendono verso Rimini costituiscono una permanente difficoltà per i trasporti. Quante volte con la nostra utilitaria abbiamo patito dietro autocarri costretti alla lentezza da una viabilità tutta curve e – sia consentita la critica – tutta buche, e con scarsa segnaletica orizzontale. A chi verrebbe in mente di investire e di aprire nuove attività in luoghi così poco raggiungibili?
La strada attuale con le sue curiose contorsioni raggiunge piccoli centri ed ha il vantaggio – si dice – di attraversare piazze, agganciare il piccolo commercio e favorire i negozi di paese, ma, per un grande progetto come questo, occorre andare oltre le logiche particolaristiche e gli interessi locali.
Ci sono prodotti nell’agroalimentare, ad esempio, che costituiscono il vanto di queste terre, e prodotti di nicchia che potrebbero trovare più vasto mercato. Altri prodotti, da fuori, potrebbero essere più facilmente disponibili. Il tutto con risparmio e riduzione di costi.
Un’altra considerazione si potrebbe fare per quanto riguarda il patrimonio culturale ed il turismo in genere. La “grande bellezza” qui è spesso racchiusa in un piccolo scrigno: una pieve o un borgo medioevale ancora intatto, dove puoi ammirare una maiolica, un affresco, un crocifisso giottesco. “Grande bellezza” è il paesaggio quasi incontaminato con i suoi sentieri, la sua flora e la sua ricchezza faunistica. Per valorizzare occorre mettersi nella rete, non solo quella virtuale, ma quella della strada che corre spedita e fa di tanti punti di bellezza una costellazione.
Particolarmente sentito e attuale è il problema del servizio sanitario. C’è ancora qualche carta da giocare per la valorizzazione dell’ospedale “Sacra Famiglia” di Novafeltria, l’unico per un vastissimo territorio. La legge italiana prevede attenzione per “le zone disagiate”, ma, anche nella più rosea previsione, Novafeltria non potrà disporre di attrezzature, risorse e personale specialistici. Una strada veloce consentirebbe di raggiungere ospedali più attrezzati con minore rischio. In ogni caso si potrebbe ipotizzare una diversa organizzazione.
Ci sono poi altre considerazioni: quella pastorale che interessa molta parte della collettività e quella educativa-scolastica che riguarda tutti. Il nuovo assetto organizzativo della vita religiosa prevede una diversa distribuzione del personale religioso, un diverso impianto catechistico e dei servizi religiosi in genere.
L’eventuale accorpamento delle scuole sarà più facilmente realizzabile e le scuole superiori potranno contare su un più ampio bacino d’utenza. In tempi di spending review, anche solo immaginare una grande opera come questa, sembra una follia. È necessaria la scesa in campo lungimirante e convinta dei nostri politici. Una scelta coraggiosa vedrà premiata la vocazione agricola di questo territorio: ritorno dei giovani al podere dei nonni, pieno recupero di ampie zone, scommessa sulla ricchezza della terra e degli allevamenti. E perché no? Potenziamento di aziende familiari e a più ampia partecipazione.
Agricoltura, Turismo, Cultura, un patrimonio da far fruttare, ma… su una grande via di comunicazione. Il Montefeltro se lo merita. Non è campanilismo: a guadagnarci saranno in tanti, a partire dalle regioni attorno.

“I fatti e i giorni” dal 4 all’11 gennaio 2015

Settimana dal 4 all’11 gennaio 2015

“Fervet opus”

“Fervet opus”. Sono le parole con le quali il profeta Virgilio descrive il fervore dell’alveare. Non c’è metafora più azzeccata per raccontare la vivacità della diocesi nelle sue molteplici espressioni. La comunità è stata travolta dall’onda natalizia dell’amore misericordioso di Dio.
Tante le iniziative: momenti di preghiera, concerti, recite, presepi, presepi viventi, scambi di auguri, incontri…
L’anno liturgico, prima col tempo dell’Avvento e poi con quello del Natale, ha dato modo di rivivere un incontro ravvicinato con Cristo. Il clima natalizio ha contagiato città e borghi, ha riproposto i grandi temi della fede cristiana che – nonostante tutto – palpita ancora sotto strati di polvere e di ceneri, ha sottratto all’oblio tradizioni cariche di contenuti.
La notte di Natale è stata vissuta da qualcuno come la notte del censimento, come Maria e Giuseppe “scesi nelle proprie città per farsi registrare”. Ed è stato un ritorno alle proprie radici, un sentirsi a casa propria. Qualche altro si è ritrovato di fronte al “colpo di scena” di un Dio che “stanco” di millenari discorsi su di lui (dall’antica sapienza alla astrologia, dalla filosofia alla poesia) finalmente si fa vedere col volto di un bambino adagiato in una mangiatoia.
Per tutti è stato un ritrovarsi nuovamente davanti ad un mistero che stupisce, sorprende, incanta, converte, conquista.
Adesso si ritorna nel “tempo ordinario”. Sbaglia chi lo considera di basso profilo liturgico-spirituale. In realtà, il tempo ordinario è preziosissimo: educa a vivere in modo straordinario il quotidiano; insegna a dare solidità alla fede. Gesù ha trascorso quasi interamente la sua vita ordinaria a Nazaret: trent’anni su trentatrè!
Di solito la si chiama “vita nascosta”. In realtà Nazaret rappresenta la clamorosa manifestazione dello stile di Dio: annuncio del Regno già presente fra noi, prossimità “domestica” del Figlio di Dio, missione redentrice in atto. E questo è molto più che un tempo di preparazione per il Messia o del prologo al Vangelo: è rivelazione!
Realtà stupende! Ma noi siamo in cammino. Veniamo da una settimana tremenda.
La strage jihadista al giornale satirico Charlie Hebdo, a Parigi, ha causato 12 vittime e tanto smarrimento e insicurezza. Il tutto è accaduto in una modalità e con una efferatezza da farci sentire in trincea. Ma non possiamo permetterci di perdere la speranza. L’Islam inautentico dei terroristi vuole lo scontro tra “in-civiltà”. L’assassinio si accompagna non alla presenza, ma all’assenza di Dio, anzi alla sua negazione. L’intenzione è evidente: porre nel cuore dell’Europa la violenza senza legge. Ma l’Europa ha da mostrare che la speranza del mondo è l’integrazione. La sua missione è ricomporre i pezzi in un quadro di pace per tutti i popoli e tra tutti i popoli; nel rispetto reciproco tra religioni, culture, civilizzazioni.
È questa l’Europa che vogliamo. Il mondo che vogliamo.
Ci uniamo a quanti chiedono una esplicita e convincente condanna del terrorismo dal parte del mondo islamico, ma chiediamo anche rispetto per la fede di tutti e il rifiuto di ogni derisione.
Ma il sole sorge ancora sull’umanità.

“I fatti e i giorni” dal 14 al 20 dicembre 2014

Settimana dal 14 al 20 dicembre 2014

Auguri!

Ecco il mio augurio di Natale: che possiamo avere la fortuna di incontrare il Signore Gesù: per qualcuno la sorpresa, per altri l’atteso, per tutti il festeggiato. Auguro di trovare tempi e silenzi per sostare nei luoghi del Natale: la strada, la capanna, Nazaret.

La strada. Nei presepi le strade disegnano una rete tra casa e casa, tra le case e la capanna. La strada è metafora dell’incontro. Fare strada significa camminare gli uni verso gli altri nella verità e nell’amicizia. C’è sicuramente da superare qualche ostacolo, da equipaggiare la pazienza, da riprendersi dalla stanchezza e rialzarci dalle cadute. Impariamo da Gesù, Dio fattosi “estasi” per incontrare l’uomo: uscito da sé, dal suo divino splendore per farsi bambino e darci modo di offrire il meglio di noi stessi amandolo e coprendolo di baci e, a sua volta, offrirci il suo Vangelo.

La capanna. Dice l’angelo: “Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia” (Lc 2,12). Ci sono ancora tanti bambini che nascono in luoghi di fortuna, nella povertà, senza il necessario per crescere e la capanna è una denuncia. Ma non basta, occorre passare all’impegno: irrobustire i propositi di solidarietà, prendere parte attiva a progetti efficaci e intelligenti per il bene comune.

Nazaret. E’ il piccolo villaggio dove Gesù cresce accompagnato dalla premura di Giuseppe e di Maria, al calore del loro affetto. Nazaret è “la famiglia”. Stando tra la nostra gente sento quanto ancora sia radicato il senso della famiglia. Ma vedo all’orizzonte ombre minacciose che ne mettono in discussione i fondamenti. Denuncio gli stili di vita che dissuadono i giovani dal proporsi ideali e le politiche poco attente alle famiglie. A Nazaret si impara ad amare, ad accogliere le differenze, a trasmettere i valori per la vita.

Natale: strada, capanna, Nazaret. Ancora auguri!

+ Andrea Turazzi, vescovo

“I fatti e i giorni” dal 30 novembre al 6 dicembre 2014

Settimana dal 30 novembre al 6 dicembre 2014

“Vedremo, Ameremo, Canteremo”.
Così è intitolata la serata di contemplazione musicale che ha inaugurato il tempo liturgico dell’Avvento nella Basilica di San Marino. Un concerto che non ha proposto “ninne nanne” natalizie ma testi impegnativi che testimoniano le grandi domande esistenziali e perfino le proteste dell’uomo di fronte all’enigma del suo destino. Le musiche erano del grande compositore spagnolo Tomàs Luis De Victoria, ma interpretano i turbamenti, le inquietudini, lo spaesamento e le preoccupazioni di tutti: guai personali e guai collettivi… In effetti quella che si conclude è una settimana inquietante: uccisione del piccolo Andrea Loris, scoperchiamento della cupola mafiosa, ancora situazioni di dissesto ambientale con vittime. Su questo scenario può aprirsi una prospettiva di senso con una promessa: “Vedremo”.
L’intreccio delle voci della ensemble musicale persuadono mentre pronunciano le parole della fede e annunciano la certezza che viene dalla speranza teologale. E che questa non è mera consolazione lo si evince dalle opere che si compiono per la fede. Qualche esempio. Il centro missionario, mercoledì scorso, ha accompagnato un pullman di pellegrini a Parma per incontrare la Comunità delle Suore Missionarie Saveriane. Sono state colpite di recente da un grave lutto: tre di loro sono state assassinate nella missione di Bujumbura in Congo. Nonostante questo, nella loro casa, la vita riprende subito, il sorriso è la loro “divisa”, fioriscono parole di pace e di perdono. “La vita era già stata offerta –  dice la responsabile del gruppo – non hanno tolto niente alle nostre tre sorelle: tutto era già dato”. Qualcuno dei partecipanti chiede ragione del coraggio e dei sacrifici di chi parte per la missione. La risposta: “E’ lo stesso amore che rende possibile e persino bello il dono di voi stessi nel vostro quotidiano: l’assistenza premurosa agli anziani, la cura dei bimbi con sveglie impossibili, la fedeltà alla vita con le sue pretese …”.
E’ vero: fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce.
“Ameremo”.
Altri esempi. La settimana si è chiusa con due eventi di cui RTV ha dato notizia; eventi che ci rinviano ad altri costruttori di pace e di bene, neppur troppo lontani nel tempo: Paolo VI, testimone e protagonista della “civiltà dell’amore” a cui è stato dedicato un Convegno di studi ed Alberto Marvelli che ritorna sul Titano con una mostra a lui dedicata. Di queste testimonianze e di questi messaggi ha tanto bisogno la nostra Repubblica (ma anche il resto della Diocesi) segnata questi mesi dalla crisi morale. Amiamo pensare tale crisi come un incidente di percorso; un percorso che nel suo insieme è caratterizzato dall’impegno civico, dalla custodia della libertà, dall’accoglienza dei valori e dal riferimento al cristianesimo portato qui dalla vicina Rimini dal Santo Marino. C’è da augurarsi che sia fatta giustizia al più presto per ritrovare serenità nel nostro piccolo Stato dove ci si conosce tutti, ma non del tutto. Abbiamo bisogno di tornare a guardarci negli occhi con fiducia, riprendere il cammino ed essere capaci di “rigenerazione”. Durante l’ultima guerra il beato Marvelli saliva  sul Titano con la sua bici per portare viveri agli sfollati, ora vi torna con la bellezza. La bellezza è necessaria come il pane e la santità è nostalgia e possibilità per tutti. “Vedremo, Ameremo, Canteremo”.

“I fatti e i giorni” dal 23 al 29 novembre 2014

Settimana dal 23 al 29 novembre 2014

Prepariamo il presepio… ma che sia vivente!

 

Care amiche, cari amici,
a tutti l’augurio di un fruttuoso cammino verso il Natale. Con questa domenica inizia l’Avvento. Forse non tutti lo sanno, la vita nei borghi e nella città non cambia, semmai ci pensano le insegne luminose e le promozioni commerciali a ricordarlo. Non mi dispiace che compaiano i segni della festa, anche se, di questi tempi, preferirei semplicità e sobrietà.
Se l’Avvento è il tempo dell’attesa, la prima cosa da fare è chiederci quali sono le nostre attese. Per qualcuno sarà una chiamata al lavoro, la nascita di un bebè (la più dolce delle attese!), l’uscita di un concorso, una promozione in carriera; per qualcun altro sarà l’uscita dei numeri del lotto… Tutte le attese ci forniscono un parametro di come vivere “l’attesa del ritorno di Cristo”, giacché il Natale non è solo memoria della sua prima venuta: il Cristo viene e verrà! Ma c’è anche chi vive le sue giornate con monotonia, perché non si aspetta più niente dalla vita. Altri, più catastrofici, si aspettano solo disastri (più di quelli del recente autunno), epidemie (invasione di Ebola), corruzione e criminalità (peggio di così!).
La liturgia cristiana è scandita dal martellante invito di Cristo: “Vegliate”!
“Vegliate”, perché è facile farsi addormentare. Nella leggenda di Dracula, questi si attacca alle persone che dormono e, mentre succhia loro un po’ di sangue, inietta un liquido soporifero che fa sperimentare ancor più dolce il dormire, sicché il malcapitato sprofonda ancor più nel sonno e il vampiro può succhiare sangue finché vuole. Non succede forse così anche sul piano morale? Qualunque sia il “vampiro”, addormenta la coscienza, per cui non senti più neppure il rimorso, credi di star benone e non ti accorgi che stai spiritualmente morendo.
“Vegliate” perché è facile lasciarsi cullare dai sogni. Il sogno ha due caratteristiche. La prima è la brevità: nel sogno le cose non durano come nella realtà; situazioni che richiederebbero giorni e settimane – come la scalata di una montagna – nel sogno avvengono in un attimo. La seconda è l’irrealtà: uno può sognare di essere felice, al sole, su un’isoletta, in un paradiso naturale e svegliarsi nel più nebbioso dei giorni.
È terribile quando uno non arriva più a distinguere il sogno dalla realtà, il virtuale dal reale. Perché sarà portato a pensare di poter ottenere tutto e subito, senza sacrificio né sforzo.
E allora il risveglio sarà brusco e amaro.
Auguro che l’attesa dell’Avvento si traduca per tutti in un attento e rigoroso discernimento su tutta la nostra attività, su cosa guardiamo, quali spese facciamo, come impieghiamo il nostro tempo libero…
Un suggerimento per la preparazione del presepio: lo raccolgo dal ripetuto invito di papa Francesco di “andare alle periferie esistenziali”. Esemplifico: affiancarsi alla carovana dei Magi. Sono i cercatori di verità che scrutano il cielo, le antiche Scritture e le parole dei saggi. Una ricerca a volte drammatica e inquieta. Si mettono in cammino. Cercatori di verità, in fondo cercatori di Dio.
Sostare nel campo dei pastori. Sono i poveri del tempo di Gesù, figura dei “marginali” e degli emarginati di tutti i tempi, alle prese con la fatica di sbarcare il lunario.
Scendere al fiume Giordano. Sulle rive del Giordano si è raccolta la folla dei peccatori, di chi ha sbagliato, di chi è inseguito dai rimorsi, di chi è oggetto delle critiche e persino del disprezzo della gente.
Entrare nel silenzio della “casetta di Nazaret”. A Nazaret, un piccolo villaggio in un territorio di confine, annidato fra i monti, vive una fanciulla nella forma di vita più semplice e comune, trepidante di fronte ad un compito smisurato.
A ciascuno consegno questa affettuosa idea per la preparazione di un presepio che sia “vivente”. Chi l’accoglierà?
Auguri!

+ Vescovo Andrea

 

“I fatti e i giorni” dal 16 al 22 novembre 2014

L’ARCOBALENO SU SCAVOLINO

Le foglie s’ammucchiano per terra, i rami degli alberi paiono scheletri, la nebbia avvolge tutto… stiamo entrando nell’inverno. Chissà, per molti può essere un tempo favorevole al raccoglimento e alla vita in famiglia. In vari centri della diocesi si è celebrata “la festa del ringraziamento” per i frutti della terra, tutto sommato abbondanti e di qualità. In verità alla terra abbiamo voltato le spalle. C’è perfino chi ha pensato che il lavoro agricolo fosse da considerare di «serie B». Opinioni del genere sono francamente sbagliate e superate. C’è un significativo e promettente ritorno alla terra; ci sono giovani che riprendono il lavoro dei nonni, tornano ad assaporare il contatto con la natura ed a muoversi al ritmo delle stagioni. I vantaggi ci sono: in Europa siamo tra i primi nel comparto dell’agroalimentare. Ben piazzati nella zootecnia. I nostri prodotti ricevono il riconoscimento di qualità. Su Scavolino, uno dei centri agricoli in cui s’è celebrata con particolare convinzione la festa, è apparso all’orizzonte, durante il suono delle campane all’ora di messa, un grande arcobaleno. Qualcuno dice che così non l’ha visto mai. Era un arco intero che abbracciava da un capo all’altro la Valmarecchia. Davvero un buon auspicio!

Non appartiene alla grande cronaca, ma l’ingresso dei preti della diocesi per il corso di esercizi spirituali è sicuramente significativo. Sono andati per una conversione personale e comunitaria. Si sono messi davanti alla parola di Dio e si sono lasciati mettere in questione. E questo sotto gli occhi della loro gente. Si è parlato di rinnovamento; qualcuno è più radicale e preferisce dire riforma. Una parola usata anche dai vescovi italiani che, dal loro recente incontro (CEI), hanno voluto raggiungere i preti con un insolito messaggio. Insolito per il tono: più affettuoso che canonico, più gratificante che esortativo, più di considerazione che di lamentazione. E poi c’è più il «noi» che il «voi». Resta vero che i preti sono portatori del mistero di Dio attraverso la loro umanità. Ma di questa umanità neppure Dio ha orrore. Nel messaggio invitano al «rinnovamento da fare insieme» nella linea di quella conversione in uscita missionaria tanto cara a papa Francesco. «Insieme» i preti con la loro gente e le famiglie, in particolare nello svolgimento del ministero; «insieme» i preti tra loro e col vescovo condividendo esperienze di fede come un’unica famiglia, con l’assunzione di uno stile condiviso.

Mentre scriviamo questi appunti, la stampa riporta, con caratteri vistosi, il severo richiamo del Papa a chi fa mercato delle cose di Dio. Richiamo opportuno: il Papa ha uno sguardo su tutta la Chiesa e non sarà che qualche ceffone fa bene anche in famiglia? Ma, grazie al cielo, da noi le cose stanno diversamente. Vorremmo rassicurare papa Francesco!

La settimana ha il suo culmine con la solennità di Cristo Re. Una solennità non immediatamente facile da capire: Gesù stesso si è sottratto a chi lo voleva fare re! Al manto regale ha preferito il grembiule per lavare i piedi ai discepoli. La sua regalità sta in questo: unire ciascuno dei membri del suo popolo per creare fra tutti un’armonia nella quale ognuno trova il suo senso. «Innalzato da terra – dirà un giorno Gesù, alludendo alla sua morte – attirerò tutti a me» (cfr. Gv 12, 32). Sulla croce diventerà centro di gravitazione universale. In questo clima e in questa ottica l’amico Massimo Cervellini, sposo e papà, è stato accolto in Cattedrale a Pennabilli nel cammino verso l’ordine del diaconato permanente. Diventerà diacono, cioè servo! Gli è stato ricordato – parafrasando il vangelo – che Gesù non dice: «Guarda, hanno fame. Guarda, hanno sete…», ma: «Io ho avuto fame, io ho avuto sete…» (cfr. Mt 25,35). La fame, la sete, la nudità, l’emarginazione di cui patiscono i poveri, lo toccano personalmente; anzi sono lui!

“I fatti e i giorni” dal 9 al 15 novembre

Settimana dal 9 al 15 novembre 2014

Bagnasco e… il Cavallo di Troia

Si è appena conclusa ad Assisi l’assemblea straordinaria dei vescovi italiani: in agenda temi importanti; il più rilevante la formazione permanente del clero.
Nel suo saluto papa Francesco ha ricordato, a questo proposito, che alla Chiesa “non servono preti clericali il cui comportamento rischia di allontanare la gente dal Signore, né preti funzionari che, mentre svolgono il loro ruolo, cercano lontano da lui consolazioni”.
Come di consueto il presidente dell’Assemblea, il Cardinale Bagnasco, ha toccato nella prolusione temi dell’attualità ecclesiale e italiana, dal lavoro che non c’è alla necessità di rifondare la politica, dalla questione giovanile alla scuola. E in questo contesto ha dedicato particolare attenzione alle problematiche che sono state al centro del Sinodo svoltosi di recente a Roma.
Ha fatto grande scalpore un inciso del suo discorso. Titoli cubitali sulla stampa, reazioni e commenti a catena sul web. Il Cardinale Bagnasco richiama semplicemente la centralità del messaggio sinodale spesso dirottato su aspetti e preoccupazioni fuorvianti, come l’insistenza a considerare i casi particolari, trascurando l’essenziale. Oppure dando considerazione a unioni che non possono pretendere di essere equiparate alla famiglia. Operazione astuta; ed è questo a cui allude Bagnasco. Dalle reazioni, tuttavia, si vede che ha colpito nel segno. Ecco le sue parole: si indebolisce la famiglia “creando nuove figure, seppure con distinguo pretestuosi che hanno l’unico scopo di confondere la gente e di essere una specie di cavallo di Troia di classica memoria”. Come si sa il Cavallo di Troia è l’invenzione di Ulisse per espugnare la città: far credere che il “cavallo” è un segno di pace o un ex-voto mentre il suo ventre è gravido di guerrieri armati fino ai denti. Tra l’altro, nel discorso di Bagnasco, la metafora è un inciso, bene si farebbe a meditare quel che segue: “La famiglia, come definita e garantita dalla costituzione, continua ad essere il presidio del nostro paese, la rete benefica morale e materiale, che permette alla gente di non sentirsi abbandonata e sola davanti alle tribolazioni e alle ansie del presente e del futuro (…). L’amore non è solo sentimento: è decisione; i figli non sono oggetti né da produrre né da pretendere o contendere, non sono a servizio del desiderio degli adulti: sono i soggetti più deboli e delicati, hanno diritto ad un papà e ad una mamma. Il nichilismo, annunciato più di un secolo fa, si aggira in Occidente, fa clima e sottomette le menti”.
Dopo aver espresso soddisfazione per i passi avanti negli aiuti alle famiglie, il Cardinale le ha elogiate: “Il forte senso della famiglia deve renderci fieri in Italia e all’estero”.

La famiglia, dunque, continuerà ad essere impegno primario anche per la comunità diocesana sammarinese-feretrana. Impegno che è stato ribadito e condiviso dai partecipanti alla consulta delle aggregazioni ecclesiali tenutasi a Pennabilli giovedì scorso. All’incontro hanno partecipato i rappresentanti di dieci tra movimenti, gruppi e associazioni. Ogni aggregazione, per bocca del suo rappresentante, ha condiviso la propria idea-forza, gli obiettivi che persegue, la consistenza organizzativa, ecc. Al di là del numero degli aderenti che ne fanno parte, ognuna ha un vasto campo di influenza. Se la consulta di per sé nasce debole, in quanto organismo di coordinamento (mentre obiettivi e metodi sono propri e specifici), in realtà è una grande risorsa per la presenza militante di così tanti laici motivati e organicamente inseriti nella Chiesa locale.