Istanze d’Arengo sull’aborto: l’omologazione a modelli imposti da altri

Le associazioni e le aggregazioni laicali della Diocesi di San Marino – Montefeltro hanno seguito con molta attenzione il dibattito svolto in Consiglio Grande e Generale sulle istanze tese alla depenalizzazione dell’aborto e hanno accolto con vivo rammarico l’accoglimento di tre di esse. La speranza era di celebrare un salto in avanti verso una forma di civiltà più alta e più rispettosa della identità di San Marino, piuttosto che l’omologazione a modelli imposti da altri Stati.
Questo risultato ci spinge con ancora maggiore determinazione per una presenza costante ed attiva nel dibattito pubblico in San Marino, al fine di portare un contributo teso a riaffermare la dignità e l’inviolabilità della vita dal concepimento fino al suo termine, per la promozione di una cultura della vita alternativa alla cultura dello scarto.
Le aggregazioni e associazioni laicali in questo loro impegno sono disponibili al confronto con ogni uomo di buona volontà che sente la responsabilità di condividere il progetto di eliminare dal nostro Paese ogni possibile causa che possa spingere una madre a pensare a una scelta drammatica come quella dell’aborto.
Le associazioni e le aggregazioni laicali
Diocesi di San Marino – Montefeltro

Inaugurazione Meeting – Conferenza del Presidente Mattarella

Sono di ritorno dall’incontro con il Presidente d’Italia Mattarella avvenuto nella giornata di apertura del Meeting di Rimini. Ho riportato una vivissima impressione da questo incontro. Ho trovato il Presidente persona squisita, di grande dignità, riservata, ma che si concede con grande affabilità. Ho apprezzato le sue risposte ai tre giovani che sono intervenuti al termine della sua conferenza. Tutte risposte aperte ad una grande stima e speranza nei confronti dei giovani. Ogni volta Mattarella chiude le risposte col suo sorriso timido, ma che stabilisce relazione: «Ora tocca a voi – sembra dire – avete talenti da mettere in circolazione». Il Presidente ha apprezzato moltissimo la scelta del tema per questa edizione del Meeting “Tu sei un bene per me”. All’inizio s’è parlato poco di repubblica – ha affermato il Presidente – perché era emergente il tema della democrazia, ma oggi, a settant’anni dalla fondazione, si vede il genio della repubblica che sta nell’ “incontro con l’altro”, come testimonia il titolo della mostra che accompagna il Meeting. Dalle parole di Mattarella traspare la sua convinta dedizione a portare unità all’interno del paese, nel più ampio ambito europeo, nel mondo. Ci siamo abituati effettivamente in Italia – ma potremmo dire anche a San Marino – ad una vita pubblica come scontro e continua delegittimazione dell’altro. Ma non è stato sempre così – ha tenuto a sottolineare il Presidente – l’Italia si è costruita grazie al compromesso virtuoso tra culture diverse.
Nello stringere la mano al presidente avrei voluto dirgli ancora tante cose. Anzitutto avrei voluto portargli il saluto della mia gente, ma anche lo sgomento di tanti di fronte agli scenari orribili di guerra dei quali siamo spettatori e il nostro appoggio al suo sforzo per la pace. L’incontro è stato di un attimo, ma avrei voluto dirgli che mi sento molto ben interpretato dalla sua presenza sulla scena internazionale e che siamo fieri di essere amici dell’Italia e fieri di essere italiani nel Montefeltro. Grazie Presidente.

+ Andrea Turazzi

Messaggio per il Ferragosto

Messaggio per il Ferragosto

Diamo un cortese benvenuto a tutti coloro che in questi giorni di Ferragosto sostano o fanno visita a San Marino e al Montefeltro.
La nostra terra e i nostri borghi vi accolgono non solo con un’ospitalità ben attrezzata, ma con la più grande cordialità.
In una natura esuberante e verdissima e sui monti dell’entroterra sarà possibile fermarsi in luoghi di intensa spiritualità: pievi e chiostri che profumano ancora di Cielo. La visita, ci auguriamo, può trasformarsi in preghiera. Siamo tutti assetati di interiorità.
Il 15 agosto, nel cuore dell’estate, brilla la festa di Maria Assunta in Cielo che, per i credenti, è corale manifestazione di affetto filiale alla Madonna, la madre di Gesù. Ma in lei, assunta in Cielo in anima e corpo, viene esaltata la nostra corporeità. Non siamo angeli, siamo esseri umani, unità di corpo e anima. Il corpo che siamo è anche una responsabilità. Il corpo, preparato da una lunga gestazione, continua ad aver bisogno di protezione e vigilanza. È fragile ed esposto a tanti condizionamenti. Va curato nella bellezza, custodito nella salute, valorizzato in tutte le sue espressioni perché il suo linguaggio sia puro, mai ambiguo e sempre nuovo. Bello nella giovinezza, nell’età matura e ancora nella vecchiaia, perché la bellezza viene da dentro.
Per questo il nostro pensiero va a chi si prende cura della nostra salute, a chi in questi giorni resta al suo posto di lavoro per l’utilità comune. Soprattutto il nostro ricordo è per chi non può andare in vacanza e per chi percepisce la parola stessa come una importuna ironia perché disoccupato e senza lavoro.
A tutti auguriamo serenità e la proposta di scambiarci gesti di pace e di amicizia.

+ Andrea Turazzi
Vescovo di San Marino-Montefeltro

CAMMINATA DEL RISVEGLIO

Carissimi,
vi aspetto in tanti alla Madonna del Faggio (Eremo di Carpegna) domenica 21 agostoCi troveremo alle 9 sotto la croce sui prati dell’Eremo per ascoltare alcune testimonianze e poi salire insieme al Santuario per la Santa Messa. Molti arriveranno dai borghi e dalle parrocchie a piedi. Altri potranno raggiungere la meta in auto, soprattutto se accompagnano anziani e ammalati. In ogni zona ci sono dei referenti che si prendono a cuore l’organizzazione.
Quest’anno – anno giubilare della Misericordia – ci si potrà preparare spiritualmente al pellegrinaggio con il sacramento della Confessione.
Presso i monasteri di clausura della nostra diocesi, in giorno stabilito, vi saranno sacerdoti a disposizione, mentre le monache ci accompagneranno con la preghiera e con la lettura della Parola di Dio (anche per questo contattare i referenti).
Anche quest’anno abbiamo una grazia da chiedere insieme come popolo: il dono delle vocazioni, specialmente al sacerdozio.
Vi benedico
+ Andrea Turazzi

Assemblea diocesana di verifica

Assemblea diocesana di fine anno pastorale “Un pomeriggio di Magnificat”

Una Chiesa che si incontra è sempre una risorsa per ogni uomo. Per questo ci rivolgiamo a tutti coloro che hanno a cuore la qualità della vita nel nostro territorio per scoprire quanto i cristiani possono dare agli uomini loro fratelli.

  1. Sabato 11 giugno 2016 si terrà a Pennabilli l’Assemblea diocesana per «un momento di “verifica” del nostro cammino come Chiesa diocesana, alla luce dei tre punti di impegno evidenziati dal Vescovo nel Programma pastorale di inizio anno:

La misericordia

L’accoglienza

Nuovi stili di annuncio (espressione della capacità generativa della Chiesa, opera congiunta della comunità cristiana e della famiglia);

  1. Un secondo intendimento è rappresentato dalla volontà di far conoscere maggiormente la Diocesi e conoscerci meglio tra noi;
  2. Un terzo obiettivo è il desiderio di dar lode al Signore per le cose belle che ha compiuto nella nostra comunità durante l’anno pastorale che sta per concludersi».

Anche e particolarmente in una società pluralistica e parzialmente scristianizzata, la Chiesa è chiamata a operare, con umile coraggio e piena fiducia nel Signore, affinché la fede cristiana abbia, o recuperi, un ruolo-guida e un’efficacia trainante, nel cammino verso il futuro [Giovanni Paolo II al Convegno ecclesiale di Loreto].

Esorto tutti i fedeli ad essere come fermento nel mondo, mostrandovi sia nel Montefeltro che a San Marino cristiani presenti, intraprendenti e coerenti [Benedetto XVI durante la s. Messa allo stadio di Serravalle – RSM].

Ma la Chiesa sappia anche dare una risposta chiara davanti alle minacce che emergono all’interno del dibattito pubblico: è questa una delle forme del contributo specifico dei credenti alla costruzione della società comune. I credenti sono cittadini. E lo dico qui a Firenze, dove arte, fede e cittadinanza si sono sempre composte in un equilibrio dinamico tra denuncia e proposta [Francesco al Convegno ecclesiale di Firenze].
Rispondiamo all’invito dei sommi pontefici rivolti all’Italia intera e in particolare a San Marino per riprendere, con tutti i fedeli della Diocesi e di fronte a tutti gli uomini, l’esperienza vissuta in questo anno pastorale.

L’invito è rivolto a tutti i fedeli, in particolare agli operatori pastorali della Diocesi.

Questo il PROGRAMMA

– ore 15.00: accoglienza in Cattedrale, preghiera, saluto del Vescovo
– ore 15.20: proiezione di un filmato con le immagini più belle delle attività diocesane realizzate durante l’anno
– ore 15.35: introduzione ai temi dell’Assemblea e ascolto di alcune brevi esperienze
– ore 16.00: suddivisione in piccoli gruppi di lavoro, guidati da un moderatore
– ore 17.15: ritorno in Cattedrale per una preghiera di lode
– ore 18.00: conclusione

Ufficio Stampa
Diocesi di San Marino-Montefeltro

Per un nuovo umanesimo del lavoro. SI’, MA INSIEME.

Domenica 1° maggio 1955 papa Pio XII istituì la festa liturgica di san Giuseppe lavoratore, dando una prospettiva religiosa alla giornata del 1° maggio la cui origine risaliva al 1890, anno in cui i lavoratori di vari paesi per la prima volta chiedevano pubblicamente condizioni di lavoro più eque. La Chiesa volle illuminare questa festa con l’esemplarità di san Giuseppe, affidando ogni uomo che lavora alla custodia dell’umile artigiano di Nazareth, che «impersona presso Dio e la Santa Chiesa la dignità del lavoratore» (Pio XII).

Oggi purtroppo il dato prevalente è che il lavoro manca, con la conseguenza che sempre più persone, impaurite dalla prospettiva di perderlo o di non trovarlo, condividono l’idea che nulla sia più come è stato finora: dignità, diritti, salute finiscono così in secondo piano. E’ diffusa la “incapacità di fermarci e tendere la mano a chi è rimasto indietro. Intimoriti e atterriti da un mondo che non offre certezze, scivoliamo nel disinteresse per il destino dei nostri fratelli e così facendo perdiamo la nostra umanità, divenendo individui che esistono senza trascendenza e senza legami sociali… Oggi più che mai c’è quindi bisogno di educare al lavoro… Il lavoro deve tornare a essere luogo umanizzante, uno spazio nel quale comprendiamo il nostro compito di cristiani, entrando in relazione profonda con Dio, con noi stessi, con i nostri fratelli e con il creato” (Vescovi italiani per il 1° maggio 2016).

Per costruire un futuro in cui il lavoro contribuisca a creare una società più giusta e vicina ai bisogni dell’uomo, Papa Francesco ci invita a “FARE INSIEME”: “Come sarebbe diversa la nostra vita se imparassimo davvero, giorno per giorno, a lavorare, a pensare, a costruire insieme! … “fare insieme” significa investire in progetti che sappiano coinvolgere soggetti spesso dimenticati o trascurati. Tra questi, anzitutto, le famiglie, focolai di umanità… le categorie più deboli e marginalizzate, come gli anziani, … i giovani, prigionieri della precarietà…Tutte queste forze, insieme, possono fare la differenza per un’impresa che metta al centro la persona, la qualità delle sue relazioni, la verità del suo impegno a costruire un mondo più giusto, un mondo davvero di tutti. “Fare insieme” vuol dire, infatti, impostare il lavoro non sul genio solitario di un individuo, ma sulla collaborazione di molti… Al centro di ogni impresa vi sia dunque l’uomo: non quello astratto, ideale, teorico, ma quello concreto, con i suoi sogni, le sue necessità, le sue speranze, le sue fatiche…Dinanzi a tante barriere di ingiustizia, di solitudine, di sfiducia e di sospetto… il mondo del lavoro è chiamato a fare passi coraggiosi perché “trovarsi e fare insieme” non sia solo uno slogan, ma un programma per il presente e il futuro.” (Papa Francesco agli imprenditori italiani, 2016)

 

Messaggio del Vescovo per la Giornata Mondiale per le vocazioni

Che cosa vuol dire pregare per le vocazioni?

1. La preghiera per le vocazioni è una preghiera di lode. Lode perché il Signore rompe il silenzio. C’è un silenzio che avvolge il cosmo e avvolge le nostre vite inquiete, assetate di senso. Ebbene, il Signore parla con il suo silenzio e chiama. Ma, soprattutto, il Signore parla attraverso il Figlio suo, Gesù Cristo, crocifisso. Il Crocifisso è il libro aperto – che si può sfogliare – dove troviamo la parlata di Dio..

2. La preghiera per le vocazioni è una preghiera per la felicità. Ognuno di noi è voluto, desiderato, pensato, amato, creato da Dio. Considerare ciò, suscita dentro di noi un brivido di felicità. La preghiera per le vocazioni è una preghiera per la felicità, perché impariamo quanto siamo preziosi e quanto siamo servibili. Di per sé, il discorso vocazionale non è per l’autorealizzazione: è autorealizzato Gesù sulla croce? È autorealizzato padre Damiano De Veuster, apostolo dei lebbrosi a Molocai?
La preghiera per le vocazioni è una preghiera per la felicità, perché il Signore ha detto: «Non vi chiamo più servi ma amici… perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena»(Gv 15,15; Gv 15,11). Dobbiamo, allora, trovare il nostro posto a servizio.

3. La preghiera per le vocazioni è una preghiera per la Chiesa. Perché noi, uniti insieme, in tutte le componenti (sacerdoti, religiosi e religiose, famiglie, bambini, giovani e adulti), siamo testimoni che la Chiesa è un popolo di chiamati, che la Chiesa è chiamata ad essere segno e strumento dell’unione degli uomini con Dio e degli uomini fra loro: lumen gentium. La preghiera per le vocazioni è anche preghiera per la Chiesa, perché la Chiesa, al suo interno, ha bisogno di tanti servizi, ha bisogno della edificazione reciproca.

Rendiamo grazie al Signore contemplando il versetto bellissimo del cap. 3 di Giovanni, in cui Gesù rivela che Dio dona lo Spirito “senza misura”. Ciò è vero anche oggi: non è possibile, allora, che il Signore centellini le vocazioni.
Nella nostra preghiera non può mancare il battersi il petto per la nostra sordità e per il nostro scarso impegno di animazione vocazionale.
Davanti a Gesù Eucaristia prendiamo questa risoluzione, di parlare bene di vocazioni, con queste tonalità: di lode, di felicità e di ecclesialità.

+ Vescovo Andrea

Messaggio del Vescovo all’incontro di solidarietà di San Marino for the children

Pennabilli, 14 aprile 2016

Carissimi amici,
sono con voi in questo appuntamento d’amicizia e di solidarietà con una parola di apprezzamento e – se ce ne fosse bisogno – di incoraggiamento.
Mi ha colpito questo proverbio africano che si rifà ad una sapienza antica, anzi perenne: «Per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio». Siamo tutti parte – ognuno secondo le proprie possibilità – di questo villaggio. La lontananza geografica non sminuisce le responsabilità.
I progetti di “San Marino for the children” ci coinvolgono e chiedono, anzitutto, una riflessione, poi, la maturazione di uno stile di vita coerente coi valori di solidarietà che professiamo.
«Pueris debetur maxima reverentia»: è un detto che ci riporta a quel continente delicato, fragile e preziosissimo che è il mondo dell’infanzia.
Voglio riprendere alcune parole del Signore Gesù sui bambini: «È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli» (Lc 17,1-2). Se questo detto incombe minaccioso contro ogni forma di violenza fisica e morale, quest’altro detto ci sprona alla generosità: «Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa» (Mt 10,42).
Concludo con una preghiera che mi è cara: «Signore, che io sappia accettare il rischio di spalancare le braccia: così creerò spazio in me, ma per l’altro. Le mie braccia aperte, Signore, dicono il mio desiderio di non restare solo ed il mio invito perché l’altro si senta a casa sua in casa mia. Nello scambievole abbraccio nessuno resterà intatto perché ognuno arricchirà l’altro e ambedue resteranno se stessi».
Un caro saluto a tutti e un ringraziamento particolare al Vicario Generale della diocesi di San Marino-Montefeltro, Mons. Elio Ciccioni, per la disponibilità a rappresentarmi all’incontro di questa sera.

Discorso del Vescovo al Convegno promosso dal Forum del Dialogo: “Noi e l’Islam”

 

San Marino (Palazzo SUMS), 27 febbraio 2016

 

  1. Il mese scorso, nel giorno della Memoria, gli studenti del Liceo sammarinese si sono riuniti per un tempo di riflessione a settanta anni dall’olocausto. In quella circostanza fu ricorrente l’invito a non fermarsi alla sola memoria, ma a fare della memoria una risorsa per il presente. Dopo gli interventi dei giovani partecipanti (lettura di brani, relazione di un recente viaggio ad Auschwitz, una loro rappresentazione e un brillante stacco musicale), sono saliti sul palco rappresentanti e leader di diverse confessioni religiose cristiane e non cristiane. C’ero anch’io. La nostra presenza attorno a quel tavolo credo abbia rappresentato un messaggio forte, al di là delle parole. Non era solo cortesia. C’era molto di più. C’era l’unanime condanna alla guerra, specialmente ad ogni guerra in nome di Dio. C’era il desiderio di fissare temi e comuni strategie educative in vista della pace. C’era un’aperta volontà di dialogo. Il tutto esibito chiaramente davanti alla platea. So di qualche critica sulla conduzione dell’evento; ci può stare… Personalmente ho trovato quell’incontro un segnale ed un seme promettente per il futuro; uno “spettacolo” reso ancor più risuonante per la presenza dei giovani interlocutori.
  1. Ho richiamato alla mente il mio motto episcopale: “Cor ad cor loquitur”. Il cuore è unico in ogni essere umano. C’è corrispondenza tra uomo e uomo e questo è un buon punto di partenza. All’inizio del dialogo sta questa prima evidenza affidata alla responsabilità di ognuno. Da cuore a cuore, quasi confidenzialmente, racconto come ha risuonato dentro di me la parola “dialogo”. Ho un vivissimo ricordo di come imparai questa parola attraverso la prima enciclica di Paolo VI, Ecclesiam Suam. Correva l’anno 1964. Ero un ragazzo di Liceo. Certamente condizionato dal clima di quegli anni, fui pieno di entusiasmo per il dialogo assunto come via della Chiesa: “La Chiesa si fa dialogo” (Paolo VI). Il dialogo era visto soprattutto come strumento attraverso il quale giungere ad una più profonda comprensione della verità e ad una apertura a chiunque fosse disposto ad ascoltare il messaggio di Cristo. Dalla mia famiglia avevo imparato a convivere con le differenze… Il mio entusiasmo, come quello di chi mi stava attorno, visto in distanza non fu esente da ingenuità e, talvolta, fu maldestro. Imparai la lezione. Nel dialogo non si abdica alla propria identità, né alle proprie convinzioni. Al contrario, attraverso diverse esperienze, ho compreso che la relazione con chi è diverso da me e la pensa diversamente da me mi chiarisce a me stesso. Altro è l’unità, altro l’uniformità. L’unità è armonia nella diversità. L’uniformità annulla la bellezza originale. L’unità è variopinta, l’uniformità è grigia. Nel mio servizio educativo ho ritenuto indispensabile precisare, ad esempio, come il volto del Dio di Gesù Cristo sia inconfondibile, singolare, non assimilabile al volto di Dio come è tratteggiato da altre esperienze religiose. Dio è uno e unico, ma quando leggo Luca 15, come ho fatto questa mattina, devo confessare con la più grande commozione che prego così: “Signore, vorrei che tutti ti conoscessero così!”. Quando leggo Giovanni 17 capisco qualcosa di più di quella definizione: “Dio è amore”. Dio mi si rivela come Trinità d’amore.
  1. Nell’esercizio del dialogo faccio esperienza di sicurezza. Dialogare è necessario, non è una concessione, perché nell’altro c’è verità. Non ho paura. Ho toccato con mano che c’è una “sicurezza insicura”. La ritrovo in chi gioca in difesa. Si mostra solido, ben piazzato nella sua rocca, ma, in realtà, è per il timore di mettersi in discussione. C’è l’apparente insicurezza di chi è in ricerca, ma è perché non teme l’avventura di aprirsi e la sfida dell’incontro con l’altro. C’è una tradizione patristica (primo testimone, a quanto so, è il santo filosofo Giustino) che fa guardare la realtà, i cammini più diversi, alla luce dei “semi del Verbo”. Io dialogo con te, con la tua cultura, perché voglio scoprire e raccogliere i “semi del Verbo” di cui sei portatore. “Semi del Verbo”: scintille di verità che provengono dall’Uno. “Accogliete la parola seminata in voi” (Giac 1,21). Il dialogo ha un’ascesi: faccio silenzio e ascolto, mi faccio da parte, per così dire, creo spazio. Così metto in condizione l’altro di darsi, di svelarsi e dare il meglio di sé. Accolgo perché chi mi sta di fronte è prezioso e degno di stima (cfr. Is 43,1-6). Ti accolgo non perché non sai dove andare, dove trovare rifugio, ma perché sei un dono per me. Vedo il tuo problema: il tuo problema è mio, mi faccio uno con te. Allora mi metto a tuo servizio.
  1. La fraternità è una delle tre parole chiave della rivoluzione francese (della modernità): égalité, liberté, fraternité. Fraternità è parola che lascia intravvedere una matrice cristiana ed è anche la più difficile da tradurre giuridicamente, ma quella a cui ciascuno aspira, soprattutto quando una comunità si sente minacciata. La fraternità è una nozione centrale nel cristianesimo. I cristiani si presentano come fratelli e sorelle (cfr. NT), riconoscendosi tutti ugualmente figli di uno stesso Padre. Ma non si può nascondere come nella Bibbia l’esperienza della fraternità incominci in maniera drammatica. Il primo “figlio minore” dell’umanità, Abele, viene assassinato dal suo fratello maggiore, Caino (cfr. Gn 4,1-15). Altri conflitti tra fratelli ci verranno raccontanti; ad esempio, Giuseppe venduto dai fratelli (cfr. Gn 43-44). Ma il libro della Genesi si chiude con questo motivo di speranza: “Se voi avevate pensato un male contro di me, Dio ha pensato di farlo servire a un bene, per compiere quello che ora si avvera” (Gn 50,20).
  1. A differenza dell’amicizia, la fraternità è qualcosa di donato. Gli amici si scelgono, ma non i fratelli. I fratelli si ricevono dai genitori comuni. È un legame che ci precede e che è necessario. Come gestire questo essere dono? La fraternità, in effetti, è ambivalente: può essere usata per chiudere un gruppo su se stesso e contrapporlo a chi non è del gruppo. La fraternità nazionale – ad esempio – può essere proclamata per sottolineare la distinzione tra i cittadini e gli stranieri, guardati addirittura con sospetto (spinte identitarie). Ma il Vangelo proclama che la fraternità non può che essere necessariamente universale. I legami di sangue o di “suolo” sono un dono, ma reclamano un allargamento, una liberazione: la paternità divina essendo unica ed universale postula che altrettanto sia la fraternità. Non è un cammino facile, occorre continuamente scoprire quello che si è e quello che si ha in comune, oltre le apparenze. Dio può svelarci come fratelli e sorelle. Vorrei chiudere dicendo a tutti e a ciascuno: “Sei mia sorella, sei mio fratello; vorrei farti sentire in casa tua a casa mia”.

Discorso del Vescovo in margine alla Conferenza sul tema: “Ogni uomo è mio fratello”

Sala Montelupo di Domagnano, Venerdì 12 febbraio 2016

Desidero ringraziare chi ha organizzato questa serata e gli altri appuntamenti che hanno caratterizzato questa “38a Giornata per la vita”. Senza dimenticare l’incontro di preghiera per la vita nascente, tenutasi quest’anno contemporaneamente in vari centri della diocesi di San Marino-Montefeltro. Esprimo il mio compiacimento per il lavoro che svolgono le nostre associazioni che si mobilitano, non solo in queste circostanze ma durante tutto l’anno, su questa frontiera. E, se necessario, offro tutto l’incoraggiamento.
Questa sera il tema dell’incontro, “ogni uomo è mio fratello”, viene storicizzato nella tragedia che sta vivendo il vicino Oriente, la Siria in particolare. Siamo impazienti di sentire testimonianze di prima mano. Ma consentitemi un “fuori pista” che ci interpella nell’attualità sammarinese e italiana.
Quest’anno la Giornata per la vita si celebra mentre è in corso nel Parlamento italiano il dibattito sulle unioni civili per le persone omosessuali (su questa circostanza mi sono espresso firmando una dichiarazione congiunta degli Uffici pastorali) e si è avviata una pressante campagna per la “dolce morte”. Più in generale, nello scenario culturale nel quale ci muoviamo, l’idea stessa di famiglia si è fatta indistinta e sembra inarrestabile la spinta per una procreazione sganciata dalla famiglia e medicalizzata fino a farne una variabile indipendente dalla stessa sessualità. Tutto questo mentre il nostro modello di famiglia e di procreazione deve misurarsi con le culture immigrate e mentre la colonizzazione ideologica del gender (papa Francesco) tenta di cancellare la più forte e radicata tra le appartenenze identitarie, quella sessuale.
Oggi più che mai questione antropologica è sinonimo di questione sociale.
Conosco tante famiglie impegnate ad offrire il loro contributo per una cultura di speranza e di resistenza alla cultura dello scarto.
Oggi non abbiamo bisogno di battaglie ideologiche quanto – ferma restando la chiarezza dei principi e dei valori – di gettare ponti e trovare sinergie, anzitutto tra noi: movimenti, associazioni, gruppi di ispirazione cristiana, e poi in mondi “lontani” (ecologisti, femministe, etc.), ma come noi preoccupati dalle derive di una cultura individualista e da una economia che riduce l’uomo stesso a oggetto di consumo.
Penso, soprattutto, a quanti fanno politica in nome della solidarietà, ai quali riesce sempre più difficile tollerare l’ingiustizia e le difficoltà di vita delle famiglie più povere, espropriate anche della loro fecondità. Vorremmo, al di là delle appartenenze, far giungere a tutti il nostro patrimonio di idee (Dottrina Sociale della Chiesa), ma anche il sostegno e l’attenzione che meritano.

+ Andrea Turazzi
Vescovo di San Marino-Montefeltro