Giornate dell’educazione

“Le giornate dell’educazione” organizzate dalla Diocesi.
Quest’anno interessato anche il mondo dello sport

Nelle “giornate dell’educazione” la diocesi di San Marino-Montefeltro, significativa realtà sul territorio, si fa presente con interessanti iniziative per ragazzi, giovani, insegnanti, genitori e personale della scuola. Quest’anno – è una novità – propone anche una serata di dialogo con quanti, allenatori, tecnici e dirigenti, si dedicano al mondo dello sport. Sport e scuola sono spazi educativi importanti; Chiesa e famiglie ne tengono conto e propongono una alleanza.
Il tema delle “giornate dell’educazione” è il rapporto tra educazione e bellezza.
La scuola e le palestre possono diventare “luoghi di bellezza”, perché è bello stare insieme: c’è chi è più grande e sa prendere in mano i più piccoli per introdurli nella realtà; c’è chi, come un artista, sa cavar fuori il meglio che c’è; e gli uni e gli altri crescono insieme. È promessa di bellezza l’antico detto: “Mens sana in corpore sano”. Ma la bellezza più bella è aprirsi sempre più alla verità, alla bontà e all’unità: c’è uno spettacolo più grande del mare, il cielo; c’è uno spettacolo più grande del cielo, l’interno dell’anima; c’è uno spettacolo più grande dell’anima, è Colui che tutte le genti chiamano Dio Amore che move il sole e l’altre stelle!

Col patrocinio del Castello di Borgo Maggiore e dei Comuni di Sant’Agata Feltria, di Novafeltria e di Carpegna.

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Fatima, il giorno dopo

10 settembre 2017

Siamo già sul volo di ritorno. Dall’oblò dell’aereo guardiamo le luci del tramonto che contrastano violentemente con l’oscurità del suolo. Nel crepuscolo si distingue chiaramente il ricamo della costa sull’Atlantico. Il Portogallo è “paese di scoperte”: sogni, avventure e interessi hanno mobilitato navigatori, affaristi, missionari e… briganti; tutti disposti ad affrontare l’oceano. Noi lasciamo questa terra che porta ancora evidenti le ferite degli ultimi incendi, con in cuore la nostalgia di Fatima: i luoghi semplici, il sussurro internazionale delle preghiere, i sorrisi accoglienti lungo le vie, la figura dei tre pastorelli curiosi nelle loro pose nelle foto d’epoca… C’è diventata cara anche la parlata portoghese col suono nasale di molte finali indicato col segno fonetico della “tilde” e la doppia “esse” con la “c con cediglia”. Obrigado: cortesia e ringraziamento, è la parola che sentiamo più di frequente. Nei menù l’immancabile bacalhao, servibile in centinaia di ricette…
Dopo questa pausa di intensa spiritualità, ricomincia la vita di ogni giorno. Arriviamo a Pennabilli che sono ormai le cinque del 10 settembre. «Mi porto a casa – mi confida una giovane signora – l’importanza delle piccole cose. Abitare la semplicità, il resto lo fa il Signore». «Non cerco il sensazionale. Anzi, mi indispone», replica un pellegrino. «Mi porto a casa l’idea che viviamo gli uni della fede degli altri. La Madonna ci vuole famiglia».
A Fatima siamo venuti a nome di tutta la nostra Chiesa di San Marino-Montefeltro portando la preghiera di famiglie, di gruppi e di amici. Sono stati, appunto, giorni di spiritualità, ma fortemente segnati dalla cronaca, dal viaggio di papa Francesco in Colombia, dalle contraddizioni di questo tempo e dalle minacce di guerra e terrorismo. Anche chi è in viaggio con me ha sentito l’invito della Madonna ad intensificare la preghiera per il dono della pace. È prossimo il mese di ottobre, mese del Rosario. Propongo all’intera Diocesi, alle parrocchie, a ciascuna famiglia di rilanciare questa preghiera semplice ed alla portata di tutti. Il Rosario per la pace… Ma è evidente che la preghiera anzitutto ti cambia la vita: essere pace, portare la pace, fare la pace.
L’ottima organizzazione dell’agenzia che ha organizzato il pellegrinaggio ha segnato sul programma gli ampi spazi liberi chiamandoli “tempo per le devozioni”, ma siamo tornati con la persuasione che a Fatima c’è molto di più: c’è la proposta di un nuovo stile di vita. Arrischio: chiamiamola conversione.

+ Andrea Turazzi

Quando si fa strada insieme

9 settembre 2017

Suor Lucia, una delle veggenti di Fatima, non è assolutamente contenta della scultura in cedro del Brasile che Josè Ferreira Thedim ha realizzato sotto sua dettatura. È una statuetta di appena un metro e qualche centimetro, che dal 1920 è stata collocata nel luogo stesso delle apparizioni. A darle valore è certamente il richiamo simbolico, ma sul posto ci si rende conto, come quell’immagine sia – per così dire – rivestita dei milioni di sguardi fissi su di lei. Anche tra i nostri pellegrini c’è chi l’ha guardata con le lacrime agli occhi e chi ha prolungato il suo sguardo quasi in contemplazione. È questione di fede: non ho visto effetti speciali. È tutto molto semplice. Anche il territorio attorno a Fatima appare come Nazaret, luogo dell’incarnazione. Protagonisti tre fanciulli, ignari di quello che sarebbe accaduto. La Via crucis che abbiamo percorso si snoda fra i campi. Un po’ d’ombra te la offrono gli ulivi che qua e là son cresciuti sul margine della strada.
Le tre giornate di Fatima stanno per concludersi. Oggi, sulla via del ritorno, incrociamo una lunga carovana di pullman che salgono a Fatima. Impariamo che sono oltre 550 (nell’anno del centenario si calcola l’arrivo di 8 milioni di persone).
Qualcuno insinua che a Fatima si concentri un cattolicesimo tradizionale, luogo di devozione popolare soltanto. Sì, c’è un popolo intero: famiglie, gruppi di ragazzini, preti rigorosamente in tonaca nera nonostante il caldo, preti più sbarazzini, persone che esibiscono senza complessi il loro entusiasmo, altre più compassate. Ci sono anche i turisti e i curiosi. È uno spaccato del popolo di Dio in questi giorni difficili.
La liturgia è semplice ma molto curata, rigorosamente conciliare. Le preghiere, ripetute in molte lingue nazionali, non ti danno la sensazione di una Babele, semmai di una Pentecoste. Il repertorio dei canti si aggiorna, ma di frequente rispuntano le intramontabili diciotto note dell’Ave Maria di Fatima che poi continuano a risuonarti e ad accompagnarti dentro. Ho imparato – non me n’ero accorto – che molti del nostro gruppo, la mattina presto vanno alla cappella delle apparizioni per un saluto più intimo alla Madonna di Fatima (prima ancora della colazione che viene servita puntualmente alle 6.30). Domando che cosa dicono, che cosa chiedono alla Madonna. Raccolgo qualche confidenza e qualche confessione. Un’amica mi riferisce d’aver sentito in tutta la sua verità la frase di Gesù a Santa Caterina da Siena: «Mi sei piaciuta soprattutto quando eri senza parole, in silenzio davanti a me».
In compagnia di una guida italo-portoghese abbiamo la possibilità di capire qualcosa della storia e della civiltà lusitana (del Portogallo) e del cammino contorto che l’ha resa una potenza tra le più importanti dell’Europa, aperta a quella che viene chiamata la stagione delle scoperte (attenzione, ripete la guida, è riduttivo parlare di scoperta dell’America). Abbiamo tempo per visitare due straordinari edifici religiosi, due chiese esempio del gotico cistercense: si slanciano per oltre cento metri con fasci di colonne che ne aumentano il misticismo. Misticismo, austerità, bellezza: uno shock per tutti!
Poi chiudiamo con una visita veloce alle città regali Coimbra e Oporto. Intanto la compagnia è sempre più coesa. Succede sempre quando si fa strada insieme. Ma qui c’è di più. Lo si è sperimentato nei momenti di comunione d’anima. Ti accorgi allora di come si vive della fede degli altri e si mette a disposizione la propria.
L’ultimo atto in terra lusitana è la Messa: c’è il Vangelo che riporta la promessa di Gesù: «Dove due o più sono uniti nel mio nome io sono in mezzo a loro». Noi ne abbiamo fatto esperienza.

+ Andrea Turazzi

A Fatima è pieno giorno!

Continua il reportage da Fatima

8 settembre 2017

 

Ressa di pellegrini. Spostamenti frequenti. C’è chi resta indietro, c’è chi è in testa. Punto di riferimento per il nostro gruppo è “il muro di Berlino”: si tratta di un segmento di cemento che proviene dalla città tedesca, donato da San Giovanni Paolo II all’indomani dell’abbattimento del muro che tagliò in due Berlino. Ogni volta che entriamo nello spazio sacro del santuario sta davanti a noi come una lacrima pietrificata: simbolo di divisione, di sofferenza, di morte e di morti.
Ricordo bene quando il muro fu eretto (all’epoca ero un ragazzino che cominciava a capire): ci appariva come una lama che squarciava in due l’Europa. Qui si prega per la pace.
Fatima è così: spiritualità profonda e radicamento nella storia, profezia e realismo. Il messaggio è chiaro: la pace dipende da te. Anche se sei un “piccolo”, i destini del mondo passano, in qualche modo, dalle tue mani e dal tuo cuore disposto alla conversione.
L’invocazione alla Vergine ti esce semplice e convincente: le parli delle persone che si sono raccomandate al tuo ricordo e poi delle infinite altre che, proprio in questi giorni, sono sotto la minaccia della guerra.
Poi si sta alla scuola di Maria per imparare a dire “sì”.
Il nostro gruppo – i cinquanta pellegrini di San Marino e del Montefeltro – si unisce agli altri pellegrini della Romagna.
A sorpresa mi viene chiesto di presiedere la processione eucaristica notturna.
Salgo i gradini dell’altare candido. Alle spalle la piccola statua della Madonna, un tentativo ambizioso di raffigurare la Signora che i tre pastorelli hanno visto; davanti ho la folla dei pellegrini che al canto dell’Ave alzano i flambeaux: un mare di luci. Poi ci inginocchiamo tutti davanti all’Ostia.
«È tanta la fame dell’umanità – diceva profeticamente il mahatma Gandhi – che se un Dio scendesse dal cielo prenderebbe la forma del pane». Davanti al “Dio di pane” siamo tuffati da capo a piedi nella profezia del mondo unito: formiamo un corpo solo. Ci sono rappresentate almeno dieci nazionalità diverse e la Repubblica di San Marino è tra queste (salutata cordialmente dallo speaker). Il vescovo di Rimini nella sua omelia riferisce un detto rabbinico. È il maestro che chiede ai discepoli il momento esatto nel quale la notte cede al giorno. C’è chi risponde «quando si distingue un pero da un melo». Qualche altro «quando si distingue un cane da una pecora».
Insoddisfatto il maestro replica: «È giorno quando vedi in chi ti passa accanto un fratello».
Per noi, cercatori di gloria – conclude mons. Lambiasi – ecco il capovolgimento divino: è Dio che scende e che si fa piccolo. Un cazzotto alla nostra idea sbagliata di Dio.
Qui a Fatima è pieno giorno!

+ Andrea Turazzi

Reportage dal pellegrinaggio a Fatima

L’aereo è già sulla pista, pronto ad imbarcare i cinquanta pellegrini che, in rappresentanza dell’intera diocesi di San Marino-Montefeltro, decolleranno per il Portogallo. Destinazione Fatima. Poche ore di volo, ma tante di attesa (problema la sicurezza in questi giorni di “guerra a pezzi”). Le valigie sono ormai al sicuro nella stiva del Boeing della Ryanair… E nei cuori tante attese e grappoli di preghiere da adagiare ai piedi della Vergine. Col taccuino e la penna mi aggiro a caccia di pensieri ed emozioni. Curioso tra i pellegrini. Raccolgo impressioni, chiedo i “perché” di questo viaggio. Dopotutto la meta turisticamente non è tra le più gettonate, senza nulla togliere al fascino di Lisbona immortalato in celebri pellicole, o al grande orizzonte lusitano sull’oceano Atlantico da dove Cristoforo Colombo è salpato alla scoperta del nuovo mondo (un vero spettacolo dall’oblò dell’aereo). La Cova di Iria non riserva nulla di spettacolare: terra povera e sassosa, terra collinare e di pascoli. Qui, il 13 maggio di cent’anni fa, tre pastorelli, Lucia, Francesco e Giacinta, mentre pregano il Rosario, d’improvviso scorgono su un arbusto una signora vestita di bianco. È l’inizio delle apparizioni della Madonna: per sei mesi consecutivi la Vergine si presenterà ai pastorelli e parlerà a Lucia chiedendo preghiere, penitenze e conversione per la pace nel mondo. Il momento era drammatico: nel 1917 la prima guerra mondiale era in corso e in Russia si è compiuta la “rivoluzione d’ottobre”. A Fatima risuona ancora oggi l’invito a contrastare la logica della violenza con la fede. Un’esortazione quanto mai attuale data la caotica situazione che il mondo sta vivendo. Per questa ragione, sei mesi fa, papa Francesco, seguendo le orme dei predecessori è andato a Fatima come pellegrino di pace e di speranza e per proclamare la santità di Giacinta e Francesco, morti poco dopo le apparizioni. Per Lucia, che si è spenta nel 2005 nel monastero in cui aveva deciso di entrare come religiosa, ci vorrà ancora un po’ di tempo.
«Sono qui per vedere se Fatima mi suscita qualcosa dentro»: così mi confida una giovane signora poco disposta ad indulgere ad emozioni artificiose. Si direbbe che è alla ricerca di qualcosa di autentico che possa arricchire il suo cammino di fede. Una coppia di sposi vive il pellegrinaggio come una sorta di ritiro: «Ci hanno parlato del clima spirituale che avvolge Fatima e dintorni. Spettacolare la grande basilica, ma con la possibilità di godere spazi di raccoglimento e di preghiera. Abbiamo bisogno di questi tre giorni speciali e forti». «Effettivamente il programma per i nostri pellegrini – interviene Chiara Ferranti, guida del viaggio – offre momenti intensi di preghiera, ma anche di conoscenza dell’ambiente». «Sono qui per coronare il cammino di questo anno centenario – conclude un sacerdote – ho da adempiere una promessa». Per molti pellegrini è la prima volta. Qualcuno è già stato e tiene banco azzardando confronti tra Fatima e Lourdes. Ci sono dei momenti nei quali può succedere di sentire con l’anima una particolare presenza di Maria. In tutti prevale l’attesa, il desiderio di un incontro, la voglia di scoprire un rapporto più profondo con la Madre del Signore Gesù. E poi – come in ogni pellegrinaggio – la scoperta di nuove relazioni: davvero una bella compagnia.
A Fatima si pregherà per la pace, per le famiglie e soprattutto per la Diocesi che nel mese di settembre si appresta a vivere momenti importanti: l’inizio solenne della Visita Pastorale del Vescovo, il Mandato agli operatori pastorali e l’apertura dell’anno pastorale. Il 13 maggio scorso – sarà bene ricordarlo – diocesi, parrocchie e famiglie sono state consacrate al Cuore Immacolato, una consacrazione che ha comportato l’assunzione di precisi impegni: la difesa della vita dal suo inizio al suo naturale termine, la costruzione dell’unità in parrocchia e l’ascolto e l’educazione dei giovani.

+ Andrea Turazzi

San Marino e la Spagna

San Marino e la Spagna, si apre un grande spazio di cultura comune.

Firmato a Roma il Protocollo fra l’Istituto Cervantes e la Fondazione Paneuropea.

Nella mattinata di lunedì 19 giugno, neo salone dell’Ambasciata di San Marino presso la Repubblica italiana in Roma, alla presenza di S.E. l’Ambasciatrice Daniela Rotondaro, il dott. Sergio Rodriguez Lopez-Ros, Direttore del Centro dell’Istituto Cervantes di Roma (sede competente per il territorio d’Italia e San Marino), e il prof. Adolfo Morganti, a nome della Fondazione Paneuropea Sammarinese. hanno sottoscritto ufficialmente un Protocollo di Intesa che apre le porte ad un vasto spazio di collaborazioni ed iniziative fra le Istituzioni culturali, formative ed accademiche dei due Paesi.
L’Istituto Cervantes, Ente pubblico della Corona di Spagna, è l’organizzazione internazionale che da più di 25 anni promuove ovunque nel mondo la miglior conoscenza della grande cultura delle Spagne, assieme allo studio della lingua spagnola ad ogni livello, dall’amatoriale al professionale; una lingua, ricordiamo, sempre più diffusa, e che da molti anni è diventata la più parlata al mondo dopo l’inglese.
La Fondazione Paneuropea Sammarinese, da parte sua, opera costantemente per favorire la miglior conoscenza dell’Europa unita, delle sue Istituzioni e delle grandi Culture che la compongono all’interno della Repubblica di San Marino, e nello stesso tempo promuove una adeguata conoscenza della Repubblica di San Marino, della sua storia ed identità, negli altri Paesi europei, sia dentro che fuori dall’UE, anche per mezzo della sua Università d’Estate, che inaugurerà il proprio 22° Corso annuale il prossimo 21 luglio.
Il Protocollo sottoscritto ufficialmente fra le due Parti apre alla Repubblica di San Marino inedite possibilità di formazione: dall’inserimento effettivo dell’insegnamento dello spagnolo nelle nostre Scuole, come già previsto dall’Offerta Formativa, all’apertura in San Marino di corsi di lingua per adulti, alla possibilità di accedere ai Corsi per traduttori ed interpreti, con titolo di Studio riconosciuto ufficialmente dal Governo di Spagna. Oltre a ciò apre alle attività dell’Istituto Cervantes gli spazi dell’ospitalità sammarinese per Convegni, Seminari internazionali di formazione ed aggiornamento per Insegnanti, progetti bilaterali di ricerca di livello universitario e postuniversitario.
La Fondazione Paneuropea Sammarinese è quindi lieta di offrire alla Cittadinanza queste inedite possibilità, e ringrazia l’ex Segretario di Stato per la P.I., Cultura ed Università, Giuseppe M. Morganti, per aver creduto e dato impulso alla necessaria trattativa bilaterale che dopo alcuni mesi di lavoro ha condotto alla stesura del testo condiviso del Protocollo sottoscritto a Roma. Un fatto concreto che risponde in modo positivo e propositivo alle difficoltà che la Repubblica oggi vive.

San Marino, 20 maggio 2017
Il Movimento Paneuropeo Sammarinese

Giornate di riflessione e di preghiera per la politica

Economia ed etica: come superare le logiche dell’esclusione e dell’inequità

Anche quest’anno la diocesi di San Marino-Montefeltro ricorda la figura di San Tommaso Moro, grande statista e santo, proponendo alcuni momenti di riflessione e di preghiera che coinvolgono tutti e specialmente chi è impegnato in politica, con un pensiero rivolto alle nuove generazioni per incoraggiarle al servizio per il bene comune.
Ogni anno la diocesi propone l’approfondimento di un tema particolare: negli anni scorsi la politica come servizio, la dignità inalienabile della coscienza e le ragioni dell’impegno in politica. Quest’anno al centro della riflessione vi sarà il rapporto tra economia ed etica. In questi anni di crisi finanziaria ed economica è stata trascurata l’analisi dell’origine del fenomeno: una profonda crisi antropologica che nega il primato dell’essere umano, riducendo l’uomo solo al suo bisogno di consumo. L’esclusione e l’inequità generati da questa visione dell’economia hanno sviluppato una globalizzazione dell’indifferenza che rende incapaci di compassione e rifiuta l’etica che relativizza il denaro.
Papa Francesco descrive severamente questa economia e i suoi effetti: “Così come il comandamento “non uccidere” pone un limite chiaro per assicurare il valore della vita umana, oggi dobbiamo dire “no a un’economia dell’esclusione e della inequità”. Questa economia uccide. Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa. Questo è esclusione. Non si può più tollerare il fatto che si getti il cibo, quando c’è gente che soffre la fame. Questo è inequità.” (EG n.53).

Il programma delle giornate prevede:

  • venerdì 9 giugno alle ore 21 presso la sala Montelupo a Domagnano una conferenza sul tema “Economia ed etica: come superare le logiche dell’esclusione e dell’inequità”. Sarà relatrice Sr. Alessandra Smerilli, docente di economia presso la Pontificia facoltà di scienze dell’educazione Auxilium e l’Università Lumsa e Segretario del comitato scientifico delle Settimane sociali dei cattolici;
  • sabato 17 giugno alle ore 20.30 presso il campo sportivo dell’Oratorio Don Bosco di Murata una partita amichevole di calcio tra una rappresentanza dei sacerdoti e una degli impegnati in politica di San Marino e del Montefeltro, per testimoniare l’amicizia e la vicinanza della comunità diocesana;
  • domenica 18 giugno tutte le comunità parrocchiali della diocesi saranno invitate a ricordare nella preghiera i politici ed amministratori;
  • giovedì 22 giugno alle ore 21 presso il Santuario della Madonna della Consolazione di Borgo Maggiore, nell’ambito del Giubileo parrocchiale, si celebrerà il Giubileo dei Politici, un momento di preghiera aperto a tutti con un particolare invito agli impegnati in politica.Commissione per la Pastorale Sociale e del Lavoro
    Diocesi San Marino – Montefeltro

“Custodire la bellezza”

Si svolgerà a San Leo, nell’intera giornata del 16 giugno 2017, l’importante Convegno dal titolo “Custodire la Bellezza”, promosso dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose “A. Marvelli” delle Diocesi di Rimini e di San Marino – Montefeltro. L’iniziativa avrà luogo presso il Palazzo Mediceo, nella perla d’arte e cultura del Montefeltro e si propone di approfondire alcune questioni cruciali inerenti alla tutela e alla valorizzazione dei beni culturali ecclesiastici, nel più ampio confronto pubblico di natura sia interdisciplinare sia istituzionale.

Come sappiamo, la preziosa ricchezza del nostro Paese consiste nella multiforme diffusione e stratificazione di un patrimonio storico artistico che non ha eguali al mondo. Una ricchezza frutto di una profonda e feconda relazione intercorsa per secoli tra Chiesa, società e cultura, che ha permesso la realizzazione di una straordinaria quantità e qualità di opere d’arte e di beni (quali chiese, santuari, abbazie, complessi monastici, musei, archivi, biblioteche …) in grado di configurarsi come “museo diffuso”, una vera e propria “via della Bellezza” che innerva l’intero territorio nazionale e locale. Tuttavia, sempre più di frequente questo patrimonio viene trascurato o abbandonato a un crescente degrado, nonostante la rapida e progressiva crescita del turismo culturale e religioso a livello nazionale e internazionale.

L’intento del Convegno, struttorato in tre sessioni di lavoro, affidate ad autorevoli studiosi, con il coinvolgimento di diversi referenti istituzionali, è quello di ricostruire un rapporto vivo e vitale con i beni culturali ecclesiali, sollecitando un radicale ripensamento del legame tra arte, cultura e sviluppo, mediante lo studio, la ricerca, l’innovazione, ma anche l’occupazione sociale. Ciò impone un rinnovato confronto tra le diverse realtà coinvolte in questo processo: le diocesi che dispongono di questo cospicuo patrimonio di arte sacra; l’ambito della ricerca culturale e della formazione scientifica e professionale; le sovraintendenze e le istituzioni politiche che dovrebbero presiedere alla tutela e alla valorizzazione di questi beni sul territorio.

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Gli occhi degli altri

Il Vescovo di fronte al doppio suicidio che ha colpito la comunità diocesana

Grande mistero il cuore umano. Nessuno può conoscerlo fino in fondo e tanto meno può formulare giudizi. Solo Dio penetra profondità e percorsi dell’anima. Ci sono precipizi nei quali il pensiero e la coscienza, a volte, si smarriscono.
A noi incombe il dovere della preghiera e della pietà verso chi compie il più grave dei gesti nei confronti di sé e degli altri.
In questa circostanza siamo vicini alle famiglie colpite in modo così drammatico negli affetti. Condividiamo il turbamento di una intera comunità, mentre innalziamo gli occhi a Dio misericordioso.
Sia consentito fare discernimento sul tempo presente. Il valore della vita è riconosciuto da tutti, a parole; in realtà è smentito in mille modi dagli stili di vita spericolati, dalle varie forme di dipendenza, da certe esibizioni dei mass media e soprattutto dal vuoto che prende tanti fino alla disperazione.
Non si torna più indietro quando pensieri di morte si impossessano dell’anima: la vita non è un film. C’è chi ha l’impressione che la vita in quanto tale non trovi senso. Allora diventa difficile sopportare la fatica quotidiana del vivere. Come soccorrere questi vuoti dell’anima, questa ricerca di senso? Anzitutto con l’offerta di una prossimità e di una condivisione di amicizia e di valori. Questa amicizia fa dire di fronte ad ogni persona: «Tu sei prezioso. Dio ti ama immensamente».
A volte non ci accorgiamo della disperazione e della sofferenza di chi ci sta accanto: si guarda in alto, si guarda la punta delle proprie scarpe… Guardando negli occhi dell’altro, del vicino, del compagno, di chiunque egli o ella sia, facciamo il primo passo verso la fraternità.  Essere fratelli significa anche darsi la mano per procedere con meno paura.

+ Andrea Turazzi
Vescovo di San Marino-Montefeltro

Discorso di saluto ai Giochi dei Piccoli Stati

San Marino, 29 maggio 2017

Mi unisco alla gioia di tutti per questa XVII edizione dei Giochi dei Piccoli Stati, augurando agli atleti e alla gente dello sport un caloroso benvenuto.
Un saluto particolare e un incoraggiamento sincero agli organizzatori, grato per queste ore di passione e di spettacolo di cui tutti godiamo.
Senza distrarre dai “giochi giocati” invito a riflettere un momento sul senso dello sport nella nostra società, quasi un grande “time out” con tutti coloro che seguono e amano lo sport.
Lo sport non si deve “dire”, ma si deve fare… e fare bene. Importante confrontarsi sui dati che riguardano la pratica sportiva, sulla disponibilità di spazi e strutture, sulla accessibilità per tutti. In Repubblica, a quanto mi è dato sapere, c’è sicuramente attenzione e impegno.
È possibile – mi chiedo – sostenere sempre più uno sport che non escluda nessuno perché meno “dotato”?
Solitamente dello sport si evidenzia soprattutto la componente agonistica (che riempie le pagine di giornali e tv), ma c’è tutto un modo di fare sport basato sul piacere dell’esercizio fisico e della pratica collettiva che non porta a risultati eclatanti, ma che non è meno importante. È possibile tenere insieme impegno e divertimento? Agonismo e rispetto per gli avversari? Come tener viva la tensione a superare i limiti e non montarsi la testa?
Auguro, anzitutto, di saper fare lo sport proprio “per sport”, in maniera gratuita, col gusto di mettersi alla prova tenendo il proprio fisico in ordine, cercando di crescere umanamente e non solo a livello muscolare.
Un saluto ed una parola per quanti lavorano dietro le quinte nello sport.
Non sempre si valorizzano tutte le persone – spesso volontari – che contribuiscono alla vita delle società sportive e dei gruppi: genitori che accompagnano le squadre in auto, altri che aiutano gli allenatori, dirigenti, arbitri, magazzinieri… Persone che aiutano i ragazzi a stare bene insieme e danno l’esempio che nello sport c’è posto anche per chi non riesce a “scendere in campo”. Che ogni dirigente ed ogni allenatore siano veri educatori alla lealtà e all’umiltà, formatori di veri atleti per le sfide della vita. Vinca il migliore!

+ Andrea Turazzi
Vescovo di San Marino-Montefeltro