A Fatima è pieno giorno!
Continua il reportage da Fatima
8 settembre 2017
Ressa di pellegrini. Spostamenti frequenti. C’è chi resta indietro, c’è chi è in testa. Punto di riferimento per il nostro gruppo è “il muro di Berlino”: si tratta di un segmento di cemento che proviene dalla città tedesca, donato da San Giovanni Paolo II all’indomani dell’abbattimento del muro che tagliò in due Berlino. Ogni volta che entriamo nello spazio sacro del santuario sta davanti a noi come una lacrima pietrificata: simbolo di divisione, di sofferenza, di morte e di morti.
Ricordo bene quando il muro fu eretto (all’epoca ero un ragazzino che cominciava a capire): ci appariva come una lama che squarciava in due l’Europa. Qui si prega per la pace.
Fatima è così: spiritualità profonda e radicamento nella storia, profezia e realismo. Il messaggio è chiaro: la pace dipende da te. Anche se sei un “piccolo”, i destini del mondo passano, in qualche modo, dalle tue mani e dal tuo cuore disposto alla conversione.
L’invocazione alla Vergine ti esce semplice e convincente: le parli delle persone che si sono raccomandate al tuo ricordo e poi delle infinite altre che, proprio in questi giorni, sono sotto la minaccia della guerra.
Poi si sta alla scuola di Maria per imparare a dire “sì”.
Il nostro gruppo – i cinquanta pellegrini di San Marino e del Montefeltro – si unisce agli altri pellegrini della Romagna.
A sorpresa mi viene chiesto di presiedere la processione eucaristica notturna.
Salgo i gradini dell’altare candido. Alle spalle la piccola statua della Madonna, un tentativo ambizioso di raffigurare la Signora che i tre pastorelli hanno visto; davanti ho la folla dei pellegrini che al canto dell’Ave alzano i flambeaux: un mare di luci. Poi ci inginocchiamo tutti davanti all’Ostia.
«È tanta la fame dell’umanità – diceva profeticamente il mahatma Gandhi – che se un Dio scendesse dal cielo prenderebbe la forma del pane». Davanti al “Dio di pane” siamo tuffati da capo a piedi nella profezia del mondo unito: formiamo un corpo solo. Ci sono rappresentate almeno dieci nazionalità diverse e la Repubblica di San Marino è tra queste (salutata cordialmente dallo speaker). Il vescovo di Rimini nella sua omelia riferisce un detto rabbinico. È il maestro che chiede ai discepoli il momento esatto nel quale la notte cede al giorno. C’è chi risponde «quando si distingue un pero da un melo». Qualche altro «quando si distingue un cane da una pecora».
Insoddisfatto il maestro replica: «È giorno quando vedi in chi ti passa accanto un fratello».
Per noi, cercatori di gloria – conclude mons. Lambiasi – ecco il capovolgimento divino: è Dio che scende e che si fa piccolo. Un cazzotto alla nostra idea sbagliata di Dio.
Qui a Fatima è pieno giorno!
+ Andrea Turazzi