Omelia nella Liturgia della Passione del Signore

Cattedrale di Pennabilli, 30 marzo 2018

Is 52,13- 53,12
Sal 30
Eb 4,14-16; 5,7-9
Gv 18,1- 19,42

Domenica mattina a Pennabilli si sono sentite delle grida: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore»! (Mc 11,9). E tanti pennesi e tanti ospiti che erano qui hanno vissuto la prima tappa della vita spirituale, l’accoglienza: accogliere il Signore.
Ieri sera, memori di quanto sta scritto: «Se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3,20), siamo stati a cena con Gesù. E abbiamo fatto un altro “scatto” nella vita cristiana. Se il primo era accogliere, ieri sera era amare. Ci siamo trovati seduti a tavola, in alto, e Gesù in ginocchio, in basso, a lavarci i piedi. È ancora davanti agli occhi quel fotogramma: lo sguardo di Gesù verso di noi dal basso verso l’alto, e il nostro sguardo dall’alto verso il basso, dov’era lui che si è fatto servo. Comprendiamo che la tappa successiva della vita cristiana è amare. A tanto amore, il nostro amore. A tanto dono, il nostro dono. A tanta offerta, la nostra offerta. E questa sera che cosa stiamo vivendo? Questa sera viviamo una terza tappa della vita cristiana: seguire Gesù. Seguirlo fino in fondo. Non alludo soltanto alla parola: «Venite dietro a me, prendete la vostra croce, camminate sulle mie orme». Seguire Gesù perché? Seguire Gesù dove? Sappiamo la nostra condizione umana com’è… L’eredità del peccato è il male che è entrato nel mondo. Che cosa fa Dio? Manda il suo Verbo. Dio poteva salvare l’umanità in tanti modi diversi: la fantasia di Dio è infinita. Ha scelto la strada di valorizzare l’uomo. Ha fatto diventare uomo il suo Figlio, perché fosse l’uomo a salvare l’uomo. Gesù-uomo è morto per noi. Quel “per noi” ha tanti significati. La morte di Gesù è una possibilità per la nostra morte, per trovare un senso. Quale possibilità? Possibilità di salvezza, di salvare noi e gli altri. Ha un significato di redenzione. Pensiamo alle tante esperienze di morte. Si muore a noi stessi resistendo al peccato, accettando di stare da parte, perdonando, amando (quando si ama si fa spazio all’altro). Tutti questi “morire”, uno dopo l’altro, non sono altro che una possibilità che ci viene offerta di dare un senso alla croce con l’amore. Accogliamo Gesù. Amiamo Gesù. Seguiamo Gesù.