Omelia nella S. Messa di chiusura della Visita Pastorale alla parrocchia di San Marino Città

San Marino Città, 28 gennaio 2018

IV domenica del Tempo Ordinario

Dt 18,15-20
Sal 94
1Cor 7,32-35
Mc 1,21-28

(da registrazione)

1.
Incomincio salutando i ragazzi che stanno per ricevere il sacramento della Cresima. Può succedere – statisticamente accade – che, quando tornerete al posto dopo aver ricevuto la Cresima, i vostri familiari e alcuni amici provino, nei vostri confronti, una forma di soggezione, perché sentiranno che voi non appartenete più soltanto a loro. Avvertiranno che qualcosa di particolare è accaduto in voi. Potrà succedere anche che, durante la liturgia, portiate la mano alla fronte e sentiamo l’umido lasciato dall’olio mescolato col profumo, il crisma benedetto: sappiate che è il segno di un bacio, il bacio di Gesù, un bacio che non si cancellerà mai più, qualsiasi scelta o appartenenza viviate in futuro.

2.
Intelligenza e cuore mi confermano che la Visita Pastorale non è stata un adempimento burocratico e, men che meno, una noiosa ispezione.
La parola che indica la mia vocazione – sono vescovo – significa etimologicamente “sorvegliare, vegliare da sopra”, cioè “prendersi cura, proteggere, avvolgere di attenzione”. Ecco chi è il vescovo.
Di che cosa si prende cura il vescovo? Anzitutto dell’integrità della fede di una comunità: che nessun insegnamento di Gesù vada perduto. Poi si prende cura dell’unità fra i membri di una parrocchia-famiglia. Attenzione: unità non è uniformità. Persino i conflitti sono possibili, ma si impara a gestirli nella carità. Si prende cura della santità di ciascuno dei membri della Chiesa, assicurando i mezzi di santificazione (con la cura della liturgia e con la disponibilità dei sacerdoti per il sacramento della Confessione e per la direzione spirituale). Infine, si prende cura che la comunità – come una sposa – cammini piena di entusiasmo verso il suo sposo, Gesù Cristo, che non perda mai la tensione verso di lui, perché la Chiesa deve indicare il Cielo, pur occupandosi di tante cose della terra (cfr. Ef 1,10). Ad esempio, il campanile posto accanto alla chiesa è come una freccia che indica il Cielo.

3.
Ho abitato tra voi con questi pensieri. Che cosa ho visto? Che cosa ho vissuto?
Ecco una delle cose più belle che porto via con me. Ho fatto famiglia con i vostri preti. Ho dormito e mangiato nella loro casa. Mi sono reso conto delle loro fatiche. Non mi sono scandalizzato affatto per le tensioni (accadono in ogni famiglia!). Insieme abbiamo riso e scherzato. Abbiamo lavorato. Abbiamo pregato, la mattina, quando era ancora buio, davanti al SS. Sacramento. Mi hanno accolto e voluto bene. Penso che san Giovanni Bosco sia fiero di questi suoi salesiani!
Dico il mio grazie per avermi mostrato la parrocchia per quello che è, senza finzioni, e per avermi fatto incontrare tante persone. A voi dico: «Avvantaggiatevi della loro presenza; di ognuno cogliete la singolarità».

4.
Mi sono reso conto delle difficoltà legate alla vastità e alla configurazione geografica della parrocchia. La prima volta che sono venuto da solo ho impiegato 40 minuti da Santa Mustiola a qui. Mi sono perso. Menomale che don Roberto mi ha rincorso e riaccompagnato alla chiesa. Questa dispersione del territorio non aiuta; si fatica a conoscersi tutti e a sentirsi comunità. Oltre alla chiesa parrocchiale, poi, ci sono altre cappelle, con gruppi fervorosi di fedeli. I sacerdoti vanno a celebrare l’Eucaristia e fanno il possibile per tenere il collegamento, perché queste comunità sono parte dell’unica parrocchia, non entità “solitarie”.

5.
Nell’assetto parrocchiale accade una cosa singolare: sono i bambini, i ragazzi e i giovani che attirano e fanno parrocchia. Ho visto tutti i giorni il piazzale della chiesa pieno di automobili: erano genitori e nonni che accompagnavano bambini e ragazzi all’oratorio. Chi di loro aveva tempo osava entrare. Li ho visti contenti, contagiati da un clima bello e gioioso. Ho ripensato ad una conversazione tenuta da un professore al Museo etnografico di Bolzano. Quel professore aveva condotto me e i miei amici a vedere la celebre mummia del Similau, Ötzi, un uomo di 8 mila anni fa trovato tra i ghiacci in alta quota. Dopo aver descritto il territorio complesso del Trentino-Alto Adige, il professore ci chiese: «Secondo voi, chi ha scoperto i valichi alpini? Chi ha tracciato i sentieri più antichi e strategici? Chi, ad esempio, ha aperto per primo il Brennero?». Ha concluso: «Sono stati i camosci, i caprioli, i cervi e tutti gli altri animali inseguiti dagli antichi cacciatori, come Ötzi». Le prede, inseguite, sapevano sfuggire evitando burroni, aggirando ostacoli, scansando spuntoni di roccia, cercando traiettorie più rapide. Così le prede hanno insegnato ai cacciatori sentieri e passaggi. Vorrei dire a san Giovanni Bosco: «Caro don Bosco, hai vinto la scommessa. Avevi ragione: sono i più piccoli ad aprire il cammino e a favorire quello degli adulti, sono i ragazzi dell’oratorio, gli scout, i ragazzi del catechismo, i vari gruppi di giovani, che ci conducono alla parrocchia e fanno della parrocchia un luogo di attrazione, di incontro e di amicizia per tutti». Lasciamoci attrarre, andiamo a Gesù, il Signore! Che il carisma di don Bosco sia custodito, anche al di là di questo o quel sacerdote…

6.
Il territorio della parrocchia abbraccia anche il centro di San Marino con le sue istituzioni politiche, amministrative, finanziarie, educative. Ho fatto visita a molte istituzioni. Per me è stato a motivo, anzitutto, di cortesia. Non sono andato per chiedere privilegi, ma semplicemente per assicurare la volontà di collaborazione a vantaggio del bene comune. Sono andato per dichiarare l’impegno dei cristiani per la vita, per la famiglia, per l’educazione della gioventù. E se una cosa ho chiesto con forza e con soavità – una sola – è stata quella di avere libertà di parlare di Gesù e del suo Vangelo.
Ho potuto andare in tutti i luoghi dell’istruzione e della formazione, dagli asili nido – che, insieme alle altre scuole d’infanzia, sono un fiore all’occhiello di San Marino – all’università, dove sono capitato proprio nel giorno delle lauree.
Dove sono stato ho messo in rilievo due grandi lezioni di etica politica che ho apprezzato nella nostra Repubblica (speriamo non siano solo teoria). La prima: il potere come servizio. Il potere consegnato ai Capitani Reggenti, dopo sei mesi viene respinto e i due Capitani Reggenti tornano comuni cittadini, riprendendo il loro lavoro precedente. Il potere non appartiene alle singole persone, perché migliori delle altre. Essi hanno semplicemente svolto un servizio! Seconda lezione: il giorno del passaggio dei poteri fra la coppia dei Capitani Reggenti che scende e quella che sale sono invitati alla cerimonia gli ambasciatori di più di cento Paesi. Quel giorno si realizza nella Repubblica un sogno, un bozzetto del “mondo unito”. Fra le nazioni, la piccola Repubblica è un concreto segno di pace, di libertà, di spiritualità. E che cos’è questo se non civiltà?
Allora faccio un appello a tutti voi, ai giovani specialmente: non state alla finestra a guardare e a criticare; partecipate, assumete responsabilità, studiate le cose che riguardano la società (non sono soltanto economia, finanza… ci sono tanti aspetti della vita che non vanno trascurati).

7.
Poi do un messaggio ai bambini e ai ragazzi: conoscete le volpi di Sansone? Sansone voleva mettere a ferro e a fuoco i Filistei e ha escogitato un trucco. Ha legato delle torce alle code delle volpi, ne ha radunate molte sotto un cesto e poi ha acceso il fuoco. Le volpi sono scappate rapidamente e si sono tuffate nei campi di grano dei Filistei: si è creato un incendio globale. A quel punto i Filistei si sono arresi, hanno alzato bandiera bianca (cfr. Gdc 15,4-5). Non vi insegno ad essere piromani, ma ad incendiare d’amore la città, la scuola, la palestra, il campo di calcio, ecc. Potete mettere amore fra papà e mamma, fra gli insegnanti, invitare tanti vostri amici a venire in parrocchia ad incontrare Gesù. Non dite mai: «Siamo troppo piccoli!». Non siete troppo piccoli per amare, per essere apostoli.
Il mio cuore va anche agli adulti che ho conosciuto in questi giorni. In questa parrocchia si vive un’esperienza molto interessante. Ho visto gli adulti lavorare insieme con i giovani, in una reciproca inclusione e collaborazione. L’ho vista in tante realtà: penso agli ex- allievi, ai cooperatori, ai ragazzi che al venerdì si radunano per giocare insieme…
Coraggio, andiamo avanti! Come ci ha insegnato la pagina del Vangelo di oggi: Gesù è grande, attrae, vince il male. Addirittura, ha stanato non il male che c’era in piazza – macroscopico – ma quello nel cuore di qualcuno che era in sinagoga (la sinagoga era la parrocchia degli Ebrei). Ha scovato il male che c’è a volte nei nostri cuori. «Signore, liberami dagli spiriti cattivi e fa’ che anch’io possa godere del tuo abbraccio». Così sia!