Omelia nella Santa Messa di chiusura della Visita Pastorale alla parrocchia di Faetano

Faetano, 12 dicembre 2017

Is 40,1-11
Sal 95
Mt 18,12-14

(da registrazione)

«Che ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita?» (Mt 18,12).
Il primo pensiero che mi è venuto in mente leggendo questo brano è che quel pastore è veramente “scriteriato”. Come si fa ad abbandonare novantanove pecore sui monti e ad andar giù per i greppi a cercarne una che ha voluto andare “per i fatti suoi”?
È giusto che Gesù ci interpelli: «Che ve ne pare?». Il comportamento di questo pastore è sorprendente e la conclusione di questa breve pericope evangelica è straordinaria: «Il Padre vostro celeste, Dio, l’Eterno, l’Altissimo, non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli» (cfr. Mt 18,14).
A conclusione della Visita Pastorale alla comunità di Faetano mi nasce in cuore questo invito: «Siate sempre più famiglia!». Lo siete già, ma siatelo sempre di più, perché non c’è mai la parola “fine”. «Se dici basta, sei perduto» (SANT’AGOSTINO, Sermo 169, 15 [PL 38, 926]). In particolare, nessuno di questi piccoli vada perduto.
Chi sono «questi piccoli»?
Il “piccolo” di cui parla il Vangelo è ciascuno di noi. Non dobbiamo perderci nello zapping degli impegni quotidiani: il nostro tempo è sempre così occupato. È necessario trovare dimora, almeno per qualche minuto ogni giorno, con noi stessi e con il Signore.
Ricordo un brano che mi hanno fatto tradurre ai tempi della scuola: era il racconto del rientro a Roma dell’imperatore Traiano dopo la conquista di Traci. L’imperatore arrivò a Roma sulla sua biga dorata e in città ci fu una grande festa. In mezzo alla folla una vecchietta implorava per sé un minuto di tempo all’imperatore. I centurioni la ricacciarono indietro, ma lei gridò più forte finché l’imperatore la sentì e le rispose: «Non vedi che non ho tempo?». «Ah, che delusione – disse l’anziana signora –, sei imperatore, ma non sei nemmeno padrone del tuo tempo!». Allora, trovare il tempo per la preghiera. In questi giorni ho visto una comunità che sa sostare nella preghiera, che sa dimorare nel tempo. Che sia sempre così!
Nessuno di questi piccoli vada perduto. Penso all’impegno che la vostra comunità mette per l’iniziazione cristiana. Voi ragazzi rappresentate a noi adulti un nostro grande dovere che è quello di dedicarci ad introdurre i più piccoli nella conoscenza di Gesù e nell’esperienza della Chiesa. Bisogna continuare a mettere ogni impegno senza stancarsi. Preziosissimo è il lavoro dei catechisti, ma è tutta la comunità che educa, a partire dal coro, dalle persone che svolgono servizi, dalla gioia che si sperimenta quando si entra dal portone della chiesa, quando si salgono i gradini. Tutto educa, tutto introduce nella conoscenza di Gesù. Guardo la vetrata della chiesa di Faetano. Senza la luce da dietro si vedono solo le ramificazioni; quando invece la luce la illumina si vede la bellissima immagine di San Paolo. Così è la Chiesa: se la si guarda da fuori la si può trovare noiosa, qualche volta scandalosa, ma se la si guarda illuminata la si vede bellissima, come riflesso di Gesù.
Occorre che l’impegno per l’iniziazione cristiana coinvolga le famiglie. Qui a Faetano ho incontrato molte famiglie giovani; bisogna inventare qualcosa per coinvolgerle. Sono sicurissimo che i catechisti, guidati da padre Ivo, sapranno escogitare qualcosa di nuovo; può essere qualche cena in più, l’ideazione di un percorso specifico per genitori…
Nessuno di questi piccoli vada perduto, mi fa pensare anche ai giovani. Impegniamoci ad inventare qualcosa perché si mettano in rete tra loro, facciano gruppo. Ci sono metodologie e anche contenuti che vengono preparati apposta per i giovani, per rendere più gradevoli e più fruibili certi fondamenti della fede.
Nessuno di questi piccoli vada perduto: pensiamo che tutti sono candidati, tutte le persone che fanno parte della comunità di Faetano. Non ci sono “bocce perse”!
È molto bello lo slogan del campo scuola che avete scelto quest’estate: «Erano un cuor solo e un’anima sola» (At 4,32). Come si fa per fare in modo che nessuno si senta perso? Non si tratta come i cowboy di lanciare il lazzo per catturare le persone e trascinarle in chiesa, ma farsi uno. Farsi uno vuol dire avvicinarsi, iniziare una conversazione, familiarizzare ovunque ci troviamo: in fabbrica, al supermercato, in coda allo sportello delle Poste, in ospedale, all’università… Pensare che ogni persona che incontriamo è un candidato, fa parte della famiglia. Come facciamo a farglielo sapere? Non c’è bisogno di dirlo apertamente; lo si respira quando c’è qualcuno che ci accoglie, ci dedica attenzione e ascolto. Farsi uno con tutti. Sentire che il problema dell’altro è mio. Non possiamo portare pesi superiori alle nostre forze, ma se il problema di chi mi sta attorno è anche un mio problema scatta il servizio, da non intendere come gesto paternalistico, dall’alto della mia autocoscienza verso l’altro che è in cammino, ma pensando che “se il tuo problema è mio, mi risolvo risolvendoti”.
Nessuno di questi piccoli vada perduto.
Per fare questo la comunità deve attrezzarsi valorizzando i ministeri. Pensiamo al dono grande che è padre Ivo in mezzo a voi. Ho gioito quando ho sentito la festa che gli facevano i bambini a scuola, gli impiegati nelle fabbriche e nelle aziende agricole, le persone per strada. Lui è fortunato perché molti laici collaborano con lui, mentre lui può essere san Francesco e Gesù in mezzo a voi. Poi il diacono Graziano, i catechisti, gli animatori. Nel video del campo scuola estivo ho potuto apprezzare che, accanto ad ogni bambino, erano presenti diversi animatori. È bellissima la diversità di ministeri in cui ognuno fa qualcosa, ma non occupa tutta la scena, come nei giardini si osservano tanti colori e tanti profumi, uno più bello dell’altro. In un giardino ci sono anche le radici, con cui in pochi si complimentano. Penso a quante nonne e nonni ho incontrato nelle case, con il rosario in mano, che si accordavano con padre Ivo per ricevere la Comunione eucaristica. Complimenti alle radici!
Oltre alla diversità di ministeri, è importante la strategia di fare gruppo. Il tono della vostra parrocchia è di tipo assembleare, ma ci sono problemi che toccano di più i genitori, altri che toccano di più i figli, problemi che toccano chi lavora, oppure i bambini, ecc. Occorre riservare momenti specifici per archi di età e per categoria, non dimenticando il collegamento con la diocesi, perché, insieme alle altre parrocchie, formiamo la Chiesa diocesana.
Infine, sottolineo la grande riscoperta del Concilio Vaticano II: i laici, a partire dalla riscoperta del Battesimo (mai cosa scontata!). Talvolta ci si dimentica di questo sacramento. È come dimenticarsi di avere addosso un gioiello, una perla preziosissima. Riscoprire il Battesimo: questo deve dare entusiasmo, coraggio. Anche se ho molto enfatizzato la parrocchia, ai laici spetta un grande compito: l’animazione delle realtà temporali, cioè il mondo del lavoro, la politica, la cultura… Se riuscissimo ad incidere sui mass-media, potremmo trasmettere bellezza e gioia. I laici sono l’anima nel mondo.
L’ultima parola che vi lascio è: curare la formazione, attraverso l’ascolto attento dell’omelia, una buona lettura, un buon programma televisivo, un momento di gruppo in cui leggere insieme un discorso del Santo Padre, il Catechismo della Chiesa Cattolica, ecc.
Pregate per il vostro vescovo e per tutti i sacerdoti. Vorrei fare una nomination particolare per le nostre suore, dono grande nelle nostre comunità, nelle corsie degli ospedali, tra i ragazzi dei gruppi che vengono per i ritiri nelle loro case. La presenza del SS.mo nel tabernacolo di queste case è possibile proprio per la presenza delle nostre suore.
Tanti auguri, andiamo avanti… a presto!