Omelia S.Messa di chiusura della Visita Pastorale a Falciano
Falciano, 5 novembre 2017
XXXI domenica del Tempo Ordinario
Conferimento S. Cresime
Ml 1,14- 2,2.8-10
Sal 130
1Ts 2,7-9.13
Mt 23,1-12
(da registrazione)
«Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo» (Mt 23,11).
Ecco come Gesù ha voluto la sua Chiesa! Una Chiesa fraterna, umile, diaconale. Gesù ha voluto espressamente i suoi discepoli uniti tra loro, fino a formare una famiglia. Non li ha pensate uno ad uno, individualisticamente, staccati l’uno dall’altro (cfr. LG 9).
Come un celeste emigrante venuto dal Cielo ci ha portato lo stile della sua patria, che è la “comunione” che unisce il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo: la Trinità Santa a cui forse pensiamo poco, ma che abbiamo presente ogni volta che facciamo il segno di croce. La comunione, dono del Signore, si storicizza nella comunità. La comunione è dono dall’alto; la comunità è il nostro costante impegno, perché sempre da costruire e ricostruire. La Chiesa, in questo senso, è divina (come un Sacramento) ed umana.
Ecco la prima consegna che, al termine della visita pastorale, vi affido: siate sempre più comunità. Mettete ogni impegno nel fare unità attorno alla Parola di Dio e all’Eucaristia. Che la comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo diventi la vostra comunità. Non vagheggiate altri scenari: il Signore vi fa incontrare questi fratelli, queste sorelle, quelli della porta accanto, quelli che sono gomito a gomito con voi nei banchi della vostra chiesa. Non siete un club di persone che si sono scelte, “esclusive”, ma siete fratelli e sorelle che il Signore ha chiamato. Ecclesia, Chiesa, significa appunto l’assemblea di coloro che sono chiamati. È necessario, utile, bello che i fratelli si trovino insieme (cfr. Sal 132,1). Rispondete agli inviti del Signore, agli inviti del vostro parroco e dei vostri catechisti. La vostra parrocchia è la più bella del mondo perché è quella che il Signore ha pensato per voi! Fate lo sforzo di conoscervi di più, scambiatevi i vostri nomi, nel segno della pace. Accoglietevi gli uni gli altri senza giudicare. Prendete parte alle iniziative di formazione: non si finisce mai di essere discepoli, cioè “scolari”. Ma ci sono anche iniziative, altrettanto importanti, culturali, sportive, ludiche, conviviali: servono per stringere rapporti, per creare una rete di cuori, per sostenervi nei passaggi difficili della vita, per creare un tessuto sociale cristianamente ispirato. Lo desideriamo tanto anche per i nostri ragazzi e i nostri giovani chiamati ad affrontare la sfida di essere autentici cristiani nella società di oggi. Perdonate l’insistenza: Gesù non ha immaginato la sua Chiesa come una comunità di hippie, spontaneistica. Gesù – l’avete sentito nel brano evangelico appena proclamato –non contesta l’autorità di quanti siedono sulla Cattedra di Mosè (il magistero sinagogale), ma l’atteggiamento pratico di tanti maestri, atteggiamento incoerente: «Dicono e non fanno» (buoni propositi e disimpegno pratico, molto fumo e poco arrosto). La severità di Gesù non va contro la debolezza di chi vorrebbe ma non ce la fa, bensì contro l’ipocrisia di chi fa finta. Verso la nostra debolezza Gesù si è sempre mostrato premuroso, come il vasaio che, se il vaso non è riuscito bene, non butta via l’argilla, ma la rimette sotto e la plasma di nuovo, fino a che realizza il suo progetto. Gesù non sopporta gli ipocriti. Ipocrita e l’uomo di Chiesa che più si mostra severo e duro con gli altri, più si sente giusto, vicino a Dio. L’ipocrita non si accontenta di essere peccatore, vuole apparire buono. Possiamo certamente allargare l’ammonizione ha chi ha responsabilità nella comunità cristiana (preti e vescovi); la possiamo applicare anche a quei genitori che dicono e non fanno: mandano al catechismo e alla Messa i loro figli e loro non vi partecipano mai, danno una linea morale ai figli e, a loro volta, si concedono molti fuori pista. Gesù stigmatizza chi ostenta vanitosamente la propria religiosità, per farsi vedere, per sentirsi importante. Anche in una piccola comunità possono scattare meccanismi di questo tipo. Non dimentichiamo quello che Gesù ha detto: «Quando fai l’elemosina, non sappia la sinistra ciò che fa la tua destra; quando preghi non ostentare, entra nella cella interiore; quando fai un sacrificio, fallo con un sorriso sulle labbra…» (cfr. Mt 6,1-6). La vostra sia una Chiesa umile!
Nella Chiesa dovranno esserci certamente maestri, padri, leader, però scevri di atteggiamenti ipocriti, vanitosi e autoritari. L’autoritarismo è usurpazione, perché il Signore è l’unico maestro e capo. La vostra sia una Chiesa fraterna!
La vostra parrocchia non sarà dunque una Chiesa acefala, ma una comunità dove i rapporti sono vissuti in modo fraterno. Una società paritaria? Una società di uguali? Sì. Ma con una differenza. Il più grande è chi serve. Il più grande è chi ama di più. Allora, il più grande in una comunità forse sarà una mamma sconosciuta che lavora ed ama nel segreto della sua casa, una nonna o un nonno che è alle prese con i suoi acciacchi e prova a sorridere ai suoi nipotini; forse è il mio vicino di banco che affronta con dignità una diagnosi poco favorevole o una difficoltà lavorativa; forse è quel fratello o quella sorella che sono stati invitati ad assumere un incarico per la comunità e cercano di trovare il tempo per aderire. O forse ciascuno di voi che mette amore quando non c’è amore! Una comunità diaconale!