Reportage dal pellegrinaggio a Fatima
L’aereo è già sulla pista, pronto ad imbarcare i cinquanta pellegrini che, in rappresentanza dell’intera diocesi di San Marino-Montefeltro, decolleranno per il Portogallo. Destinazione Fatima. Poche ore di volo, ma tante di attesa (problema la sicurezza in questi giorni di “guerra a pezzi”). Le valigie sono ormai al sicuro nella stiva del Boeing della Ryanair… E nei cuori tante attese e grappoli di preghiere da adagiare ai piedi della Vergine. Col taccuino e la penna mi aggiro a caccia di pensieri ed emozioni. Curioso tra i pellegrini. Raccolgo impressioni, chiedo i “perché” di questo viaggio. Dopotutto la meta turisticamente non è tra le più gettonate, senza nulla togliere al fascino di Lisbona immortalato in celebri pellicole, o al grande orizzonte lusitano sull’oceano Atlantico da dove Cristoforo Colombo è salpato alla scoperta del nuovo mondo (un vero spettacolo dall’oblò dell’aereo). La Cova di Iria non riserva nulla di spettacolare: terra povera e sassosa, terra collinare e di pascoli. Qui, il 13 maggio di cent’anni fa, tre pastorelli, Lucia, Francesco e Giacinta, mentre pregano il Rosario, d’improvviso scorgono su un arbusto una signora vestita di bianco. È l’inizio delle apparizioni della Madonna: per sei mesi consecutivi la Vergine si presenterà ai pastorelli e parlerà a Lucia chiedendo preghiere, penitenze e conversione per la pace nel mondo. Il momento era drammatico: nel 1917 la prima guerra mondiale era in corso e in Russia si è compiuta la “rivoluzione d’ottobre”. A Fatima risuona ancora oggi l’invito a contrastare la logica della violenza con la fede. Un’esortazione quanto mai attuale data la caotica situazione che il mondo sta vivendo. Per questa ragione, sei mesi fa, papa Francesco, seguendo le orme dei predecessori è andato a Fatima come pellegrino di pace e di speranza e per proclamare la santità di Giacinta e Francesco, morti poco dopo le apparizioni. Per Lucia, che si è spenta nel 2005 nel monastero in cui aveva deciso di entrare come religiosa, ci vorrà ancora un po’ di tempo.
«Sono qui per vedere se Fatima mi suscita qualcosa dentro»: così mi confida una giovane signora poco disposta ad indulgere ad emozioni artificiose. Si direbbe che è alla ricerca di qualcosa di autentico che possa arricchire il suo cammino di fede. Una coppia di sposi vive il pellegrinaggio come una sorta di ritiro: «Ci hanno parlato del clima spirituale che avvolge Fatima e dintorni. Spettacolare la grande basilica, ma con la possibilità di godere spazi di raccoglimento e di preghiera. Abbiamo bisogno di questi tre giorni speciali e forti». «Effettivamente il programma per i nostri pellegrini – interviene Chiara Ferranti, guida del viaggio – offre momenti intensi di preghiera, ma anche di conoscenza dell’ambiente». «Sono qui per coronare il cammino di questo anno centenario – conclude un sacerdote – ho da adempiere una promessa». Per molti pellegrini è la prima volta. Qualcuno è già stato e tiene banco azzardando confronti tra Fatima e Lourdes. Ci sono dei momenti nei quali può succedere di sentire con l’anima una particolare presenza di Maria. In tutti prevale l’attesa, il desiderio di un incontro, la voglia di scoprire un rapporto più profondo con la Madre del Signore Gesù. E poi – come in ogni pellegrinaggio – la scoperta di nuove relazioni: davvero una bella compagnia.
A Fatima si pregherà per la pace, per le famiglie e soprattutto per la Diocesi che nel mese di settembre si appresta a vivere momenti importanti: l’inizio solenne della Visita Pastorale del Vescovo, il Mandato agli operatori pastorali e l’apertura dell’anno pastorale. Il 13 maggio scorso – sarà bene ricordarlo – diocesi, parrocchie e famiglie sono state consacrate al Cuore Immacolato, una consacrazione che ha comportato l’assunzione di precisi impegni: la difesa della vita dal suo inizio al suo naturale termine, la costruzione dell’unità in parrocchia e l’ascolto e l’educazione dei giovani.
+ Andrea Turazzi