Omelia IV domenica di Quaresima
Omelia di S. E. Mons. Andrea Turazzi
Cattedrale di Mantova, 25 marzo 2017
1Sam 16,1.4.6-7.10-13
Sal 22
Ef 5,8-14
Gv 9,1-41
Carissimi, siamo a metà della Quaresima. È consentita un’attenuazione della penitenza – per questo i paramenti sono rosacei – però la liturgia ci sta anche allertando, sembra dirci: «Guarda che presto sarà la veglia di Pasqua. Se sei un cristiano autentico, quella notte, salvo gravi motivi, dovrai esserci, perché è la notte in cui si rinnova il Battesimo». I tre momenti che precedono la settimana santa anticipano i grandi temi della Veglia pasquale. Domenica scorsa Gesù si autorivela acqua viva. Questa domenica si autorivela come luce. Domenica prossima incontreremo il grande tema della vita, quando Lazzaro verrà restituito alla vita, ma è soltanto un segno di quello che accadrà quando risorgeremo in Gesù.
Nella stupenda pagina del Vangelo di oggi Gesù incontra un cieco; lo incontrerà anche alla fine del brano e, fra il primo incontro e l’incontro finale, c’è un dibattito molto serrato fra Gesù, i farisei, il cieco, i genitori del cieco e poi di nuovo con Gesù. C’è una sorta di ironia che è svelata completamente nel penultimo versetto quando Gesù dice: «C’è chi non vede e viene condotto a vederci; c’è chi presume di vedere e invece diventa sempre più cieco». Signore, donaci la fede! La condizione del cieco nato simboleggia la condizione umana del ritrovarci senza luce, nel buio totale. La luce che sta per balenare è una luce universale, la luce di Gesù. Da notare che il prodigio della guarigione del cieco non è da riferirsi alla misericordia di Gesù come si osserva in altri racconti, quando Gesù si piega sugli ammalati, mosso dalla compassione. In questo caso non si direbbe. Ad ottenere il prodigio non è di per sé l’impasto che Gesù ha composto con la saliva e la polvere, anche se persino questo è un simbolo che ha tante risonanze; non è neppure l’acqua della piscina di Siloe e neppure la fede di colui che è cieco, perché di fatto lui non ha chiesto nulla: è stato visto mendicare da Gesù e gli è stata donata la vista… perché? Perché doveva manifestarsi pienamente che Gesù è la luce.
La prima conclusione mi viene da un’esperienza vissuta oggi. Prima di venire a Mantova siamo stati a San Benedetto Po, insigne paese del basso mantovano. Nella celebre abbazia ci è stato mostrato un quadro con un’allegoria della fede rappresentata da una donna slanciata con in mano un calice; la testa non c’è, è in mezzo alle nuvole. La guida turistica ha spiegato così l’allegoria: la fede è oscurità. Al contrario, vorrei dire che la fede è la festa della ragione, perché essa apre orizzonti e stimola a cercare nuove strade. La fede è luce.
Ripenso all’incontro che ho avuto con un gruppo di fidanzati. Ho detto loro che potevano interpretare quello che gli era accaduto, cioè il loro incontro, come un caso. Un incontro casuale in pizzeria, amici comuni, l’innamoramento… Se fosse così, il loro amore avrebbe un aggancio davvero improbabile: il caso. Invece la fede fa interpretare quello accade non come un caso ma come un disegno. Così l’incontro con il futuro sposo/a. La fede offre una chance a quelle coppie di fidanzati. Mentre parlavo, ho visto che i loro occhi brillavano al pensiero che la loro vita è il dispiegarsi di un disegno di Dio che è amore. Verranno i momenti di difficoltà nella vita di famiglia, di coppia, ma se avranno la fedeltà di ricordarsi che hanno una missione davanti, che stanno compiendo il disegno di Dio, questo darà loro una grande forza; è la grazia del Sacramento, la luce della fede.
Vi auguro una buona settimana; che possiate tutti essere luce e portare luce, perché la fede diventi fosforescenza del Signore. Che cosa vuol dire in concreto? Anzitutto essere persone di buon umore, persone che sanno scoprire in ogni circostanza il lato positivo. Il cristiano dove passa lascia gioia, buonumore, benevolenza. San Paolo, nella Lettera agli Efesini, ha detto: «Voi siete luce». A quel tempo Efeso era il manifesto della presunta luminosità del paganesimo, della cultura classica. A Efeso c’era un tempio meraviglioso, l’Artemision, costruito con marmi bianchissimi, e un lago che, come a Mantova, lanciava il riverbero e moltiplicava la luce del sole. Invece, i cristiani vivevano nei tuguri, ma Paolo dice ugualmente: «Voi siete luce». Del resto, Gesù ha detto ai discepoli: «Voi siete la luce del mondo» (Mt 5,14), una luce che, evidentemente, viene da dentro. Invito a preparare bene la Confessione di Pasqua, per essere più luminosi, perché la grazia del Signore risplenda dentro ciascuno: Non si brilla di luce propria! La luce viene da Lui!