Il mio rapporto con Maria
Intervista al Vescovo Andrea
Diversi personaggi della nostra diocesi verranno intervistati nei prossimi numeri del Montefeltro attraverso un botta e risposta di 10 domande, tutte incentrate sul rapporto personale che hanno con la Madre di Gesù. Questa volta il Vescovo Andrea risponde alle domande di Michele Raschi.
Eccellenza, cosa significa “essere devoti alla Madonna”?
La parola “devoti” appartiene ad un linguaggio un po’ desueto, può servire di più parlare di “rapporto”. In questo caso parlo di un “rapporto vitale” con la madre del Signore data a noi per una maternità spirituale.
Come si può esprimere questo rapporto?
Come ogni rapporto, anche quello con la Madonna è qualcosa di vivo. Inizia spontaneamente e semplicemente, poi si arricchisce di motivazioni e di esperienze. Come in ogni rapporto si riceve e si dà.
Quando è iniziato il suo rapporto con Maria?
La prima cosa che ti insegnano da bambino è l’Ave Maria. Poi, anche nel rapporto con la Madonna, può esserci una sorta di adolescenza: è il momento nel quale si protesta, si vuol capire, si rifiutano luoghi comuni e frasi fatte. Si vuol essere originali. Ho sentito qualche maestro spirituale affermare che il rapporto con la Madonna è frutto della maturità.
Come ha conosciuto questa forma di affidamento alla Madre Celeste?
Ho letto negli anni della formazione teologica un importante scritto sulla “vera devozione”; è di un celebre autore francese, San Luigi Grignon de Montfort. Qui il rapporto con la Madonna è tutto in prospettiva cristologica. Del resto è una delle lezioni che ci offre la Lumen Gentium del Vaticano II. Consacrarsi è anzitutto affidarsi. Ma non solo. L’esperienza a cui allude la parola connota anche un desiderio di appartenenza. Un’appartenenza che ha il carattere della permanenza. In sintesi, consacrarsi è in certo modo decidere di “essere Maria”. Allora pensieri, parole, azioni, sono ispirati a lei.
Come esprime concretamente tale rapporto?
Nel dialogo. Dialogo che a volte si fa preghiera, invocazione, altre volte canto pieno di gratitudine. Per lo più è desiderio di imitazione.
Allora contemplo i misteri del Rosario: vedo lei in azione, oppure, con i suoi occhi, rivivo i misteri del Signore.
Perché diventare devoti alla Madonna?
Perché mi piace. Sono vescovo nella Chiesa, ma sono piccolo come discepolo del Signore e mi faccio accompagnare da Maria.
Il rapporto con lei nulla toglie al rapporto con Gesù. Ai piedi della croce, in Giovanni, sono stato affidato alla madre e invitato ad accoglierla nella mia casa.
Questo voto è in grado di cambiare i cuori?
La Madonna è un modello, ma le è stato affidato anche un compito di intercessione nella forma dell’amore materno. Maria prega per me e prega con me perché il mio cuore assomigli sempre più al suo e le mie labbra possano ripetere il suo “sì”.
Cosa ha percepito fosse cambiato in lei?
Come la Madonna, anche il prete “mette al mondo” il Signore ogni volta che celebra l’Eucaristia. Di questo continuo a stupirmi. Un cambiamento? Imparare l’arte del silenzio per fare spazio alla Parola. In questo vedo l’essenza della “marianità”.
C’è stato un momento particolare in cui ha sentito che questo rapporto l’ha aiutata in maniera determinante e decisiva?
Non ho mai avuto esperienze eccezionali e nemmeno emozioni speciali. In genere diffido dello straordinario: non è per me. Ma ricordo un Rosario particolare prima di salire sul Cimon de la Pala, nelle Dolomiti. Era al tramonto.
Perché proporre ad altri la devozione a Maria?
Perché la Madonna è di tutti. Ne sono felice! Tutti hanno diritto di conoscerla.
Ho trovato persone che hanno perso contatto con la Chiesa, ma alle quali era rimasta l’Ave Maria e l’Ave Maria è diventata un punto di partenza. La Madonna sa raggiungere i suoi figli nei modi più impensati, soprattutto nei momenti del dolore. Arriva ai cuori anche attraverso l’arte, la musica, la poesia. È la sua rivincita!
(A cura di Michele Raschi).