Omelia per la XXXIII Domenica del Tempo Ordinario
Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi
Perticara, 12 novembre 2016
Lc 21,5-19
Si parla troppo poco dei Novissimi. Anzi, s’è perduto il significato stesso della parola. Novissimi sono “le ultime cose” della storia di tutti e di ognuno. Un tempo venivano elencati così: morte, giudizio, inferno, paradiso. Che i novissimi siano importanti per la vita era ben espresso dall’ammonizione, pezzo forte dei predicatori: memorare novissima tua et non peccabis (traduzione libera: il ricordo dei Novissimi ti terrà lontano dal peccato). Noi preferiamo dire che il discorso sulla fine è in realtà il discorso sul fine e sullo scopo che diamo alla vita. Il vangelo di questa settimana si apre con lo stupore degli apostoli per la bellezza del tempio. Era una meraviglia: chi veniva dalla provincia come loro non poteva nascondere l’ammirazione. Del resto anche Gesù era un esteta, assai sensibile alla bellezza (ricordate le sue parole sul monte: Guardate i gigli del campo …?). Eppure tutto passerà. Perfino del tempio non resterà pietra su pietra. E ci saranno altri crolli. Crolli cosmici e crolli personali. Siamo fatti comunque di materiali deperibili a breve o a lunga scadenza che siano. Val la pena pensarci: Su che cosa fondo la mia vita? Ho trovato la roccia a cui ancorare la barca della mia esistenza? Domanda totale: Per chi vivo? Tutto apparirà più chiaro alla fine: sarà un giudizio inequivocabile, ma non dovrò temere se Dio sarà il mio tutto. Egli non lascia nulla d’intentato per unirmi a sé. Persino gli avvenimenti che fan soffrire sono un invito a cercare quello che vale, a procurarmi amici, a mettere da parte tesori che la ruggine non consuma. Un cuore che non si apre sarà incapace di Dio, come un radar in avaria, sordo ad ogni segnale e opaco persino allo splendore del sole. E’ l’inferno: definitiva, ostinata e terribile chiusura all’amore di Dio. Il paradiso, al contrario, è inesauribile emozione e pienezza: vedremo, ameremo, canteremo. Questo vangelo – morte, giudizio, inferno, paradiso – ci fa camminare sul crinale stretto della storia: da un lato il versante oscuro della distruzione e della fine; dall’altro il versante della tenerezza che salva (neppure un capello andrà perduto). Quando accadrà? Gesù dissuade da ogni forma di pettegola curiosità. Quel che ci dice sulla fine è vangelo che irrobustisce la fedeltà quotidiana. Soprattutto la carità. Alla fine ciò che rimane sono gli atti d’amore che abbiamo praticato. San Martino di Tours che oggi festeggiamo qui a Perticara ha vissuto la carità. Il suo gesto di cedere il mantello al povero è ancora eloquente a distanza di quindici secoli. Solo l’amore resta.