Celebrazione eucaristica “Nella Cena del Signore”

Lavanda dei piedi-Solenne Reposizione dell’Eucaristia
Cattedrale di Pennabilli, Giovedì 28 Marzo 2013, ore 21,00

“Ho ardentemente desiderato di mangiare questa Pasqua con voi”
Omelia di Mons. Elio Ciccioni

Sono le Parole che Gesù disse prima dell’ultima Cena, proprio nel Giovedì Santo mentre si apprestava al passaggio da questo mondo al Padre. Queste Parole esprimono il desiderio e la necessità che Gesù, sperimenta, di trascorrere nell’ intimità e nell’amicizia con i suoi discepoli; le Sue ultime ore di vita terrena, ma che esprimono anche il rammarico e forse l’angoscia della morte che fra poco dovrà affrontare. Infatti anche questo clima di familiarità sarà sconvolto da un gesto tremendo, quello di Giuda che per trenta monete tradirà il suo Maestro e amico. E tuttavia, proprio in questo contesto, Gesù esprime il suo amore, “avendo amato i suoi che erano nel mondo li amò sino alla fine”. Infatti, nei gesti che farà in quella sera, lavare i piedi ai discepoli e istituire l’Eucaristia, si manifesta ancora una volta il progetto di amore del Padre che Gesù accetta liberamente e spontaneamente. Poi, sarà in balia dei suoi avversari, gli eventi che seguiranno lo travolgeranno, ma nella cena Gesù compie questo gesto con estrema libertà.
E il gesto lo abbiamo ascoltato dal racconto del Vangelo: prende un asciugamano, se lo cinge alla vita, prende una brocca d’acqua e si mette a lavare i piedi dei discepoli. Poi dà loro una esortazione, che nella prassi cristiana diventerà il comandamento nuovo, il comandamento dell’amore: “Capite quello che ho fatto per voi?. Voi mi chiamate il Maestro e il Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavarveli gli uni gli altri. Vi ho dato, infatti, un esempio, perché anche voi facciate come ho fatto a voi”.
Così pure, come, riportano gli altri evangelisti durante la cena, Gesù pronuncia la benedizione sul pane e sul vino e istituisce l’Eucaristia, con il comando di ripetere quel gesto in sua memoria fino al suo ritorno.
Nel rito della cena, Gesù anticipa misticamente quello che avrebbe fatto il giorno dopo, catturato, processato, condannato a morte e crocifisso realizzando la salvezza degli uomini, ma il dono della sua vita anticipato nella Eucaristia, dovrà essere continuato fino alla consumazione dei secoli. Per questo Gesù istituisce il Sacerdozio ministeriale. Ognuno di noi in forza del proprio battesimo è sacerdote, perché è chiamato con Cristo a offrire se stesso al Padre e farsi voce di ogni creatura nella lode a Lui: il sacerdozio ministeriale è istituito a servizio di quello comune, perché ogni fedele possa realizzare le propria vocazione e giungere alla salvezza.
Mentre per Gesù si avvicina l’ora della sua morte, Egli non si preoccupa per se, ma di non abbandonare i suoi discepoli, e rimanere con loro per sempre. E lo f a, attraverso l’incommensurabile dono del suo Corpo e del suo sangue, anticipato e perpetuato nel mirabile sacramento dell’Eucaristia.
Ma perché i suoi discepoli possano capire quello che sta facendo, perché non si limitino a considerarlo un puro gesto rituale, Gesù pone un segno: consegna il dono di sé ad un gesto, che è quello del servizio. I discepoli devono comprendere che il sacrificio di Gesù è un evento inaudito che non può rimanere circoscritto a un rito, ma che deve diventare stile di vita. Ed ecco il segno: la lavanda dei piedi, come espressione che connota colui che vuole essere discepolo del maestro, perché in quel gesto ci sta la scelta di come vivere la vita: vita a servizio, vita data, vita spesa. E come per il Signore il lavare i piedi si è identificato con la sua morte sulla Croce per amore nostro, così è per noi, possiamo essere veri discepoli del Signore e suoi testimoni credibili, solo quando accettiamo di lavare i piedi, cioè di amare e servire i fratelli, facendo per loro dono della nostra vita. Cristo è venuto non per essere servito, ma per servire e dare la sua vita per tutti. E continua a lettera ai Filippesi. “Cristo Gesù, pur essendo di natura divina non ha considerato un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma ha spogliato se stesso assumendo la condizione di servo. Apparso in forma umana umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di Croce. Per questo Dio l’ha esaltato….
Ecco allora per noi cosa significa il fare Pasqua, di cui il triduo pasquale che questa sera abbiamo iniziato è parte integrante.
Ecco il cammino della quaresima, come cammino di vera conversione, nel nostro modo di pensare, ancor prima che di agire. Ecco il senso del nostro battesimo, di cui celebreremo il pieno significato nella veglia Pasquale. L’apostolo Paolo dice che tutti coloro che sono stati battezzati in Cristo Gesù sono stati sepolti in una morte simile alla sua per partecipare alla sua risurrezione. Con Lui siamo morti, con lui siamo risorti, con lui siamo consedenti nel cielo alla destra del Padre.
Diremo ancora il giorno di Pasqua” Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dov’ è Cristo, assiso alla destra di Dio ”.
Tutto questo non è opera nostra, ma è frutto della libera iniziativa si Dio che ci ha scelti e amati per primo, è il cammino che da per un verso ha il suo compimento e dall’altro inizia questa sera, con il dono dell’Eucaristia, quale cibo del cammino, quale presenza gioiosa e consolante di Cristo con noi, come fonte e culmine di tutta la nostra vita di Cristiani. E ha inizio da questa sera se accetteremo di vivere il comandamento dell’amore come testimonianza suprema della nostra appartenenza a un Dio che non ha disdegnato di assumere la condizione di servo e morire sulla Croce, perché noi avessi la vita in pienezza. “Non c’è amore più grande che dare la vita per i propri amici e io per voi ho dato la vita”.
• Noi faremo pasqua
• se nonostante i problemi, le difficoltà, le sofferenze, a volte la malattia e la stessa morte,
• se pur avendo fatto ogni sforzo per fare crescere bene i figli, questi si comportano tutt’altro che bene,
• se vediamo uomini e donne di Chiesa comportarsi da malvagi ,
• se nonostante il bene che abbiamo fatto riceviamo solo ingratitudini,
• se nonostante le notizie catastrofiche e gli sconvolgimenti, cui assistiamo ogni giorno nella nostra società,
• se nonostante la crisi economica che attanaglia le famiglie,

noi non perderemo la fiducia e la speranza che il bene vincerà sul male, la risurrezione sulla morte , e vivremo nella consapevolezza che Dio non abbandona la nostra vita e che avendoci donato Suo Figlio, ci darà ogni cosa con lui.
Buona Pasqua.

(Il testo è una libera trascrizione dell’Omelia pronunciata e non rivista da Mons. Elio Ciccioni)