Omelia XXXII Domenica del Tempo ordinario
Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi
Piacenza, 9 novembre 2014
Convegno Regionale delle Presidenze AC
Gv 2,13-22
Celebriamo la festa della Dedicazione della prima cattedrale di Roma: San Giovanni in Laterano. Una splendida occasione per riconsiderare la Chiesa di pietre vive a partire dal luogo dove essa si riunisce; una ulteriore opportunità per sentirci membra vive di un unico corpo; un rinnovato invito a stringerci attorno al Papa e alla Chiesa di Roma che presiede alla carità (cfr. Ignazio d’Antiochia Lettera ai Romani 1,1).
Lasciamo la lettura continuata del Vangelo di Matteo per metterci in ascolto di questa stupenda pagina di Giovanni.
L’evangelista racconta la prima delle tre Pasque che Gesù ha vissuto a Gerusalemme. In occasione di quella solennità compie uno dei gesti più significativi in ordine alla Rivelazione: il segno del Tempio. Gesù si manifesta come il vero ed unico “luogo” della manifestazione di Dio e della sua presenza salvifica con gli uomini.
Ma che cosa rappresentava il tempio per la fede e per la vita del popolo d’Israele? Il tempio era unico in tutto Israele, centro e simbolo dell’unità religiosa e politica; in esso risplendeva la gloria del Signore, la sua presenza. La sua distruzione costituirà per Israele un terribile choc.
Così cantavano i pellegrini che salivano al tempio: «Meglio un giorno solo nei tuoi atri che mille altrove» (Sal 83, 11). Gesù ha grande considerazione e rispetto per il tempio. Come ogni pio israelita, Gesù sale al tempio cantando i salmi delle ascensioni, col cuore colmo di emozione e stupefatto per tanta bellezza e splendore. Gesù prega e insegna nel tempio. Che cosa trova anche? Al tempio confluivano folle enormi di pellegrini per la Pasqua, ed era necessario aprire negli atrii un mercato di pecore, buoi e colombe per le offerte sacrificali, dal momento che non potevano portarli con sé dai luoghi di provenienza. Inoltre, i fedeli venivano dalle regioni più lontane ed erano perciò necessari anche cambiavalute.
Gesù compie nei confronti dei “mercanti” un’azione simbolica profetica: prende alcune funicelle, che servivano per condurre gli animali, e violentemente rovescia bancarelle, soldi e cesti di animali e sbatte fuori tutti. Il mercato del tempio aveva già acceso d’ira il profeta Zaccaria (cfr. Zac 14,21), ma la motivazione era ben diversa. Gesù non se la prende con i venditori o con i loro eventuali affari illeciti. Di per sé non si propone di riformare il culto, ridando decoro al tempio e facendo sì che torni ad essere un luogo dove si possa pregare dignitosamente. Non si tratta tanto di una purificazione del tempio, come nei racconti analoghi dei sinottici, ma Gesù si sostituisce all’istituzione stessa del tempio. Esso ha finito il suo compito; non solo i venditori, ma il tempio stesso sta per terminare la sua funzione. Ciò è perfettamente in linea con quanto Gesù dirà alla Samaritana: «Non più su questo monte o a Gerusalemme… ma viene un’ora, ed è questa, in cui i veri adoratori adoreranno Dio in spirito e verità» (Gv 4,21-24). Nella nuova comunità non c’è più un tempio, perché Cristo è il suo tempio (cfr. Ap 21, 22). È dunque un gesto messianico decisivo quello compiuto da Gesù, non semplicemente un richiamo morale o liturgico: «Egli infatti parlava del santuario del suo corpo» (Gv 2,21). Solo a Pasqua i discepoli, illuminati dallo Spirito, capiranno che il Risorto è il Tempio di Dio, distrutto da chi l’ha ucciso e riedificato dopo tre giorni.
È Gesù, Verbo incarnato, il luogo della dimora definitiva di Dio fra gli uomini. Una volta era il tempio, ma poi, per la malvagità del suo popolo, la gloria ha abbandonato il tempio (cfr. Ezechiele 10,18ss) per tornarvi nei tempi messianici (cfr. Ezechiele 40-43). È solo in Gesù che Dio manifesta tutta la sua gloria.
È solo in Gesù che l’uomo incontra Dio, che è la vita, perché Gesù è quel tempio da cui scaturisce l’acqua viva che sana ciò che è morto.
In profonda unione a Cristo la comunità cristiana rende il vero culto gradito a Dio che autentica anche il culto liturgico al tempio (cfr. Efesini 1,13). Un tempio fatto con pietre vive (prima lettera di Pietro 2,5).