Omelia Quarta Domenica di Quaresima
Sante Cresime
Lunano, 30 marzo 2014
1Sam 16,1.4.6-7.10-13
Sal 22
Ef 5,8-14
Gv 9,1-41
Un cieco qualsiasi lungo la strada… Ci piacerebbe conoscere il suo volto e il suo nome e interrogarlo sul “prima” e sul “dopo” l’incontro con Gesù. Un incontro fortunato, inatteso e risanatore. Gesù gli ha ridato la vista: era cieco dalla nascita. Adesso vede tutto per la prima volta! Una festa per i suoi occhi e per la sua mente. Il suo nome non ci è stato tramandato, forse per dirci che quel cieco è ciascuno di noi; il cieco innominato è l’interprete della nostra condizione umana di non-vedenti. In effetti, vediamo solo quello che è racchiuso dentro l’orizzonte della nostra vista, non riusciamo a vedere oltre. Gli uomini hanno allargato gli orizzonti mediante la tecnologia: il telescopio per le grandi distanze, il microscopio per l’infinitamente piccolo, l’internet per istantanei e planetari collegamenti audio e video…
Ci sono poi messaggi e sentimenti affidati a segni grafici convenzionali. L’analfabeta, benché in buona vista, non può leggerli. Rimangono indecifrati. Chi sa leggere può andare più in profondità decifrando e interpretando. Chi sa leggere può navigare verso altri orizzonti.
Ma c’è, nel cieco che siamo noi, una sete d’infinito; sta affacciato alla finestra del suo cuore e vorrebbe “vedere” il prima e il dopo della sua esistenza. In altre parole: vorrebbe vedere il senso del suo esistere e del suo destino. Questo desiderio struggente è ben espresso dal canto di Giacomo Leopardi, il poeta dell’Infinito.
Gesù si avvicina a noi, cura i nostri occhi e ci permette di vedere “oltre”. Ci fa dono della fede. La fede ci consente di conoscere, di avere lo stesso sguardo di Gesù.
Certo, è una sfida per noi. Dal nostro posto in chiesa fissiamo il Crocifisso: per quanto possa sembrare “incredibile”, la fede ci fa vedere nell’uomo inchiodato alla croce il Signore, rivelatore dell’amore di Dio. Tra poco il sacerdote alzerà l’ostia consacrata: si farà grande silenzio e gli occhi di tutti vedranno, nel dono di un pane spezzato, la presenza del Risorto. Grande dono la fede!
Quando ci riuniamo attorno ad una bara, pur tra le lacrime, intravediamo eternità di vita. La fede ci porta a promuovere e a difendere, se necessario, valori e profezie anche quando sono impopolari. E’ la fede che ci fa considerare la bellezza che c’è nell’ “altro” e non ci fa fermare ai difetti di cui soffre e si duole. Come Dio che non guarda le apparenze, ma vede il cuore. La fede mette ordine nella nostra vita e le ripropone il suo vero senso. Signore, cura la nostra cecità, aumenta la nostra fede!