Discorso del Vescovo in occasione dell’inaugurazione del Cammino del Santo Marino
Eccellentissimi Capitani Reggenti,
Signori Segretari di Stato,
Signori Capitani di Castello,
graditi ospiti,
Signore e Signori,
oggi, 20 aprile, è davvero un giorno speciale per la nostra comunità. Grazie per l’onore che mi viene dato di prendere la parola. Viene inaugurato un nuovo cammino in piena conformità e riconoscimento che, partendo da Rimini e idealmente da Arbe, ha come punto d’arrivo la Basilica del Santo Marino, al quale si vuole ricorrere per la preghiera e per la richiesta di intercessione. Nella Basilica posta sulla cima del monte Titano si tengono le celebrazioni religiose e si vivono i momenti più importanti e solenni della Repubblica.
Il Cammino del Santo Marino prosegue per il mons Feretrum (San Leo) per onorare l’altro patrono san Leone, compagno di missione di Marino, per raggiungere poi la città vescovile di Pennabilli.
Oggi viene dato giusto riconoscimento e rilievo al “Comitato Santo Marino”, sorto per iniziativa di un gruppo di persone amiche e diventato poi espressione della Diocesi. Il Comitato si è dato come obiettivo di riqualificare dal punto di vista religioso il territorio della Repubblica, facendone meta di pellegrinaggi. Sono tanti, effettivamente, i turisti che visitano la Basilica, ma occorreva rilanciare e vivificare la devozione al Santo, del resto già amato e riconosciuto come fondatore della singolare e sorprendente forma di socialità che è la nostra Repubblica, guardata con ammirazione dal consesso delle nazioni, fedele alle sue radici da oltre 1700 anni.
Il “Comitato Santo Marino” si è proposto subito di cercare alleanze, collaborazioni e amicizie, fino a creare una rete di interesse e disponibilità verso il progetto stesso: un cerchio che è andato allargandosi via via sempre più. Si trattava – oltre all’istituzione di un cammino – di rivisitare la figura dello “scalpellino di Arbe”, di ripercorrerne le tracce, di far rivivere testimonianze e tradizioni, di valorizzarne criticamente l’iconografia; insomma, tutto quanto serviva per avvicinare una figura incastonata, sì, in una nicchia alta e gloriosa, ma per tanti lontana. Si trattava di ritrovare un padre, un fratello, un amico, non di un semplice restauro di una figura del passato, e di riaccendere un legame con una persona viva.
Quando ci si richiama al santo patrono e fondatore non si può non fare riferimento a valori perenni di cui è testimone. Marino ha portato in questa terra, insieme a Leone, la gioia del Vangelo. Poi ha espresso un’idea originale di libertà: Marino è un uomo libero perché la sua vita è legata a Dio. Nella sua esistenza riecheggia la parola evangelica: «La verità vi farà liberi» (Gv 8,32).
«Libertà e Cielo – ci ricordava, il 1° aprile scorso, l’oratore ufficiale mons. Gallagher proprio in questa Sala – vanno di pari passo e, se si dimentica questo orizzonte, si finisce per diventare schiavi della mentalità dominante».
Verità, giustizia e carità sono i punti di riferimento che hanno caratterizzato la vicenda del diacono Marino e sono stati trasmessi, nel suo nome, di generazione in generazione, agli abitanti del Titano, premessa indispensabile della pace perseguita con successo in diciassette secoli di storia, premessa della solidarietà e dell’ospitalità praticate da sempre nei nostri Castelli.
Il “Comitato Santo Marino” ha cercato poi il rapporto con le istituzioni. Si deve dare atto di come le istituzioni si siano mostrate attente e disponibili a questo progetto cresciuto spontaneamente dalla base, fino alla stipula di un Protocollo di Intesa tra la Diocesi di San Marino-Montefeltro e la Segreteria di Stato per il Turismo, coinvolgendo altre Segreterie di Stato, in particolare Segreteria di Stato alla Cultura e Segreteria di Stato al Territorio. Nel Protocollo si riconosce che «il patrimonio appartenente ad istituzioni ed enti ecclesiastici è strettamente interconnesso con la storia, la tradizione, la pietà popolare e la cultura della Repubblica di San Marino costituendo patrimonio determinante e peculiare per la memoria storica e l’identità sammarinese».
Pertanto, si è dato seguito da parte dello Stato ad una proficua collaborazione con gli enti ecclesiastici «per la valorizzazione ed il gradimento anche ai fini turistici dei beni e del patrimonio culturale, storico e artistico ecclesiastico». Questo Protocollo d’Intesa fra la Diocesi e la Repubblica è segno di una collaborazione rispettosa e concreta. «Il principio di sana laicità – ci ricordava mons. Gallagher – che contraddistingue la Repubblica non può disgiungere la doverosa autonomia di cui gode l’ordinamento civile dalla bussola morale che è iscritta nella natura umana e che, nella tradizione cristiana, attinge alla rivelazione evangelica».
In questi giorni oltre cento sammarinesi sono scesi ai luoghi che hanno dato i natali ai santi Marino e Leone. Da anni la Diocesi non organizzava una visita alla stupenda isola di Arbe, adagiata sull’Adriatico nella costa croata (all’atto della partenza abbiamo indirizzato agli Eccellentissimi Capitani Reggenti un saluto deferente, promettendo il ricordo nella preghiera e la nostra unità). Questo viaggio è stato anzitutto espressione di gratitudine, quasi una restituzione per il dono che Marino e Leone hanno fatto alle nostre genti, laboriose e intraprendenti, portando qui il Vangelo.
Ho la gioia di salutare la Delegazione croata di Arbe che oggi ha voluto essere presente al nostro incontro. Proprio ad Arbe abbiamo collocato il segno di partenza del Cammino del Santo Marino. Ci è capitato molte volte in quei giorni di sorprenderci a guardare all’orizzonte l’altra sponda dell’Adriatico e di sentirci così lontani e così vicini. Distanze annullate dall’amicizia. Siamo andati a ritrovare le nostre radici. Per i cittadini di Arbe è stato come vedere un frutto. Penso che i sammarinesi si sentano interpretati dal proverbio: «Chi beve al torrente, pensa alla sorgente». Grazie.