Omelia nella Festa di Sant’Agata
San Marino Città (RSM), Cripta di Sant’Agata, 5 febbraio 2023
Sir 51,1-12
Sal 33
1Pt 3-14-17
Mt 10, 28-33
Eccellenze,
carissimi tutti,
le motivazioni di un culto così sentito e affettuoso in San Marino alla vergine sicula e martire Agata sono ben note. Questa festa contiene messaggi importanti per il nostro presente.
1.
Agata è una giovane vergine. Con la sua sola esistenza è testimonianza di un equilibrio che il cristianesimo ha ristabilito: l’uguaglianza fra l’uomo e la donna. Pari dignità. Come fiore in primo sboccio, reciso e offerto all’altare, la vergine canta la grandezza dell’anima umana, fatta per l’assoluto, per il Cielo, quel Cielo in cui saremo non tanto come uomini o donne, ma come angeli. Celebre la pagina evangelica che riporta la disputa di Gesù con i sadducei a proposito della risurrezione dei morti (cfr. Lc 20,27-40). I sadducei presentano la donna come oggetto appartenente ad un uomo. Dicono: «Ben in sette l’hanno avuta in moglie». Ma per il Signore Gesù non è proprietà di nessuno, perché è figlia di Dio. Nel Regno dei cieli nessuno è proprietà di un altro, dal più piccolo al più grande, uomo o donna, siamo uguali agli angeli, ed essendo figli della risurrezione, figli di Dio.
La testimonianza evangelica della vergine ancora oggi deve essere apprezzata, direi quasi prima delle opere sociali. Questo lo era ancora più nei primi tempi del cristianesimo, quando lo stile di vita nuovissimo della vergine costituiva un’irruzione del divino in un mondo in disfacimento.
2.
La vergine Agata è una martire. Le letture del Proprio della nostra Diocesi di San Marino-Montefeltro ci offrono un percorso molto significativo. Come Prima Lettura ci vien dato di rileggere l’epilogo del libro del Siracide. È un canto di lode. La struttura e lo stile sembrano quelli di un Salmo in cui si esprime un ringraziamento personale. Chi ringrazia, paradossalmente, è un orante molto provato, vittima di grandi calunnie, una persona ormai vicina alla morte (si direbbe un martire). La preghiera l’ha salvato, è per questo che ringrazia il Signore. Prima di chiudere il suo libro – il libro del Siracide – afferma che durante la sua vita ha cercato la sapienza percorrendo una strada lunga, difficile, che tuttavia porta davvero alla felicità. Il Salmo che abbiamo cantato insieme riecheggia questo tema: «Ho cercato il Signore, da ogni paura mi ha liberato».
3.
Nella Seconda Lettura Pietro scrive alle comunità dell’Asia Minore, comunità spesso sottoposte a persecuzioni: «Niente e nessuno può fare del male a chi fa il bene. Meglio soffrire per fare il bene che per aver fatto del male». Egli presenta un ideale da raggiungere: essere fieri di affrontare, se necessario, la sofferenza a causa della giustizia. La giustizia ha un prezzo. Di fronte a chi non capisce, contrasta, la fedeltà al proprio credo, ai propri valori, ai propri ideali, si esprime nel «rendere ragione della propria speranza», con dolcezza e rispetto, con le opere più che con le parole. Ed è anche il modo migliore per convincere altri, compresi gli avversari.
4.
Il Vangelo ci parla di un Dio che si prende cura perfino dei passeri e che – ingenuità dell’amore – conta i capelli che abbiamo in testa. Eppure, vorremmo replicare al Vangelo, i passeri continuano a cadere. Fuori di metafora, gli innocenti a morire, i bambini ad essere violati. Gesù rassicura: «Non temete neppure per un passero che cadrà, ma non cadrà senza il volere del Padre vostro». Ma è Dio che fa cadere? È lui che spezza le ali? No. Il Vangelo non dice questo. Assicura, invece, che neppure un passero cadrà a terra al di fuori, all’insaputa, di Dio: questa la traduzione esatta del testo greco. Nulla accadrà nell’assenza di Dio. Dio è presente e tuttavia nel mondo troppi cadono a terra contro il volere di Dio. Penso ad ogni forma di odio, ad ogni guerra, ad ogni ingiustizia. Nulla accade al di fuori di Dio. Egli si china su ognuno, intreccia la sua speranza con la nostra, il suo respiro con il respiro dell’uomo.
5.
«Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo…». Il corpo non è tutta la vita. Lo ritroveremo. Neppure un capello andrà perduto. Sì, desideriamo essere salvati e vogliamo essere salvati interamente, con tutto il nostro mondo, con le nostre relazioni. Lo saremo, perché nulla c’è in noi di autenticamente umano che non trovi eco nel cuore di Dio. L’immagine dei passeri e dei capelli contati, di queste creature effimere, mi riporta ai più fragili tra i fratelli, a quelli che vengono ingoiati dal mare (penso ai profughi), ai disabili, agli anziani, ai malati, penso a chi è disoccupato e si sente inutile… A loro e a noi Gesù ripete: «Non temete, valete di più». Anche se la vostra vita fosse leggera come quella di un passerotto o effimera come quella di un capello, voi valete di più. Mi sembra di dire con sant’Agata, proprio in questa giornata, la “Giornata della Vita” in Italia e a San Marino, in cui si fanno preghiere e si riflette sulla preziosità della vita, questo messaggio, riecheggiando il Vangelo: «Valete di più», non perché producete, lavorate, avete successo, ma perché esistete, ci siete e ci siete nelle mani di Dio. A ciascuno sussurra in modo convincente sant’Agata: «Tu sei amato, voluto». Dio si intreccia con la tua vita e dove tu finisci comincia Lui.