Omelia nella S. Messa di Natale con gli studenti delle scuole superiori di San Marino
San Marino Città (RSM), chiesa di San Francesco, 23 dicembre 2022
Ml 3,1-4.23-24
Sal 24
Lc 1,57-66
Questo è il foglio destinato a raccogliere i pensieri che devo dire. È bianco!
Permettetemi una confidenza. Ieri sera ho cominciato tante volte a scrivere appunti, ma non sono stato capace di sintetizzare l’esuberanza di temi e di luci del Natale. Di per sé il Natale è la cosa più semplice che ci sia.
Nelle settimane che precedono il Natale (il tempo dell’Avvento) è stato spesso evocato questo annuncio profetico: il mondo è guaribile. Le profezie parlano di lebbrosi che vengono mondati, di ciechi che finalmente vedono, di sordi che odono, di poveri a cui è annunciata la liberazione. Che cosa vuol dire che il mondo è guaribile? Quando ti comunicano che non c’è più niente da fare si va in crisi. Se invece ti dicono: «Puoi lottare, se ce la metti tutta ce la puoi fare!», nasce la speranza. Guardo l’umanità nel suo insieme. A volte mi capita, nella preghiera, di immedesimarmi nelle persone che soffrono. È insopportabile caricarsi di così tante sofferenze. Pensate alla sofferenza delle persone che si trovano in una casa di cura (sabato scorso sono andato in una casa dove ci sono disabili psichici, ieri sono stato un pomeriggio intero con gli anziani, spesso rimasti soli in questi ultimi tempi, al Casale La Fiorina), e alla situazione attuale di povertà e di guerra (freddo e buio senza corrente elettrica).
Cari ragazzi, anche voi venite da un’esperienza di dolore: due vostri amici sono stati vittima di un grave incidente stradale. Questo è il mondo. Il Signore dice che il mondo è salvabile. C’è una prospettiva, un futuro che lui ci promette; la fede ci informa che c’è vita piena. Questo discorso sull’aldilà non dev’essere frainteso. L’annuncio di un mondo guaribile non implica semplicisticamente il rinvio ad un’altra vita; il mondo è guaribile ora «come in cielo così in terra». Ciò provoca il nostro impegno di cura e di fatica per progredire. Sono guaribili sulla terra anche la povertà e la guerra. La povertà non è un fatto “strutturale”, ma contingente: ci sono meccanismi che portano alle situazioni di povertà. C’è spazio per l’impegno, la lotta, il superamento. Si dice: «Ci sono sempre state le guerre; ciò non significa che la guerra faccia parte della struttura dell’organizzazione umana. Si può superare: ecco il messaggio del Natale. Le profezie dell’Antico Testamento proclamano: «Il lupo dimorerà insieme con l’agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto…» (Is 11,6). «Ogni calzatura di soldato nella mischia e ogni mantello macchiato di sangue sarà bruciato… Perché un bambino è nato per noi…» (Is 9,4-5). «Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce…» (Is 9,1). «Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci» (Is 2,4). Il linguaggio è poetico, ma dice la grande risorsa che è la nostra fede, che è Gesù.
Concludo con l’emozione che ho provato qualche sera fa quando una parrocchia mi ha invitato al saggio dei bambini delle scuole primarie (quella sera avevo la tentazione di andare a Ferrara perché al Teatro comunale eseguivano la Messa in Si Minore di Bach). C’erano più di cento bambini e la chiesa era gremita. Ma più dello spettacolo mi hanno colpito gli adulti, le mamme e i papà visibilmente commossi davanti ai loro bambini. Ho capito ancora di più quello che è stato il mio augurio per questi giorni: «Menomale che ci sono i bambini…». Quest’anno veniva voglia di lasciare gli addobbi nella cassapanca, invece i bambini provocano e ci prendono per mano, ci fanno andare oltre le nostre paure e ci portano davanti al Mistero che fa grande gli uomini. Noi credevamo di tenerli per mano, ma quella sera erano i bambini che tenevano per mano noi e ci introducevano in una dimensione che non dobbiamo smarrire, quella dell’infanzia – non ingenuità puerile o infantilismo – ma alla riconquista del puer evangelicus che è dentro di noi, cioè la dimensione dell’umiltà e della piccolezza. La piccolezza è il primo requisito per voler bene, per far spazio all’altro.
Abbiamo considerato un mondo da risanare, ma anche ciascuno di noi porta delle ferite.
Il Signore nato a Betlemme ci fa superare i condizionamenti del nostro egoismo, si prende cura di noi e ci fa nuovi: nel suo Natale il nostro Natale. Auguri!