Omelia nella XXVII domenica del Tempo Ordinario
Macerata Feltria (PU), 2 ottobre 2022
Sante Cresime
Ab 1,2-3;2,2-4
Sal 94
2Tm 1,6-8.13-14
Lc 17,5-10
Il tema delle tre letture è la fede.
Ho avuto un giovane professore che era un celebre economista, cattolico. In quel periodo in Italia c’era un “governo tecnico” guidato da un “laico”. Il professore ci raccontò in classe che era stato chiamato dal Presidente del Consiglio per le sue competenze. Alla fine del colloquio, mentre si congedava, il Presidente gli confidò la sua invidia: non era per la giovane età del professore, ma per la sua fede. Quante persone ci invidiano questo tesoro!
Voi ragazzi pensate di avere tutta la vita davanti, pensate di essere belli, simpatici, forti, intelligenti… Talvolta, inspiegabilmente, può succedere di sentire una grande malinconia. L’adolescenza è il periodo delle grandi domande, anche sulla fede. A me capitò di non avere il coraggio di confidarmi; non erano argomenti che volevo trattare con i miei genitori e non mi sentivo di parlarne neppure con il mio padre spirituale. Man mano che si va avanti nella vita si fa l’incontro con il dubbio, ci si pone in prima persona davanti alle grandi domande dell’esistenza. Se poi in famiglia capita una disgrazia, ci si chiede il perché della sofferenza e del dolore innocente…
La Prima Lettura che è stata proclamata è un testo del 600 a.C. Il profeta Abacuc critica Dio con un certo coraggio: «Ecco il grido “Violenza” e tu non salvi? Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore dell’oppressione?» (Ab 1,2-3). Il profeta va giù pesante con Dio. Tante volte nei Salmi c’è la preghiera dell’uomo che protesta davanti a Dio. Abacuc, che scriveva nel 600 a.C., aveva visto la violenza delle potenze mondiali di allora, che avevano distrutto Gerusalemme, la città santa, e avevano sterminato popolazioni intere.
Cosa risponde Dio ad Abacuc? Lo incoraggia a mantenere la fede, a pazientare con fiducia nelle prove della vita. Oltre alle guerre, ci sono tante altre disgrazie che accadono: terremoti e alluvioni, anche dentro i cuori. La fede soccorre in queste difficoltà. La fede è un dono, ma anche una decisione. È qualcosa che viene trasmesso, dai nostri genitori, dai nonni, dagli antenati. Basti pensare a questa chiesa: qualcuno l’ha costruita pietra su pietra, con arte, perché ha creduto.
Viene il momento in cui la fede è una nostra decisione personale. Siamo davanti a Gesù. Il suo Vangelo è cosa concreta. Gesù ci dice: «Credi? Ti fidi di me?». Rispondiamo: «Sì, Signore. Mi fido di te perché ho visto che quando vivo le parole del Vangelo si realizzano». Agli apostoli che, come noi, dicono: «Signore, aumenta la nostra fede!», Gesù dà una risposta che sembrerebbe insensata, paradossale: «Se aveste fede quanto un granello di senape…», cioè non è una questione di quantità, ma di qualità, «… potreste dire a questo gelso, sradicati e trapiantati nel mare e vi ascolterebbe». Il gelso è una pianta palestinese famosa per le sue radici, che sono articolate e vanno molto in profondità, una pianta difficilmente sradicabile (ci sono gelsi che hanno radici di seicento anni!). Gesù afferma che la fede è capace di sradicare un gelso e addirittura di trapiantarlo nel mare. Alberi trapiantati nel mare non se ne vedono… Gesù usa un’iperbole per dire una cosa forte: la fede è capace di compiere l’impossibile.
La Bibbia parla varie volte di alberi o legni nel mare. Ad esempio, l’arca di Noè, la barca di Gesù e degli apostoli durante la tempesta sul lago, l’albero della croce, piantato per terra, ma in verità radicato in un oceano di dolore, di peccato. Nella fede di Gesù quel legno ha trasformato il mare, che per gli antichi è simbolo delle potenze oscure del male. La croce piantata nella fede ha cambiato la situazione.
Ho conosciuto tanti alberi piantati nel mare, persone concrete. Una carissima amica ha lasciato tutto, è diventata una Piccola Sorella di Gesù e ora si trova ad Hong Kong, dove i cristiani sono pochissimi. Vive in un piccolo appartamento e fa la commessa in un supermercato: non fa altro che tessere relazioni per dire che dietro ad ogni rapporto di amore c’è Gesù. Per il resto della giornata prega. Ho conosciuto una mamma della mia parrocchia, che aveva una figlia gravemente disabile (era completamente immobile, respirava artificialmente, muoveva solo i suoi splendidi occhi). La ragazzina si chiamava Fidelia. Quando andavo a trovarla si sentivano le grida gioiose dei ragazzi che giocavano nel cortile della parrocchia. Ho chiesto alla mamma se la infastidivano quelle grida, pensando a sua figlia che invece era immobile nel letto. Mi rispondeva che era felice della presenza dei ragazzi, era felice della loro felicità! A ripensarci mi commuovo ancora. Quella mamma era come un “albero trapiantato nel mare”.
Cari ragazzi, tra poco si compirà su di voi qualcosa di straordinario. Ho parlato di alberi trapiantati nel mare, ma pensiamo agli apostoli, dodici pescatori, impauriti, che quando hanno ricevuto lo Spirito Santo nella Pentecoste sono diventati inaspettatamente coraggiosi. Il libro degli Atti degli Apostoli dice che erano «plebei illetterati» (At 4,13), ma dopo l’effusione dello Spirito hanno cominciato a testimoniare la loro fede in Gesù e hanno avuto l’audacia di presentarsi all’areopago di Atene…
Nel silenzio dite dentro di voi: «Vieni Spirito Santo. Questa mattina ti dico la mia fiducia, mi affido a te. Ho bisogno di te. È un momento importante della mia vita, devo prendere decisioni, devo fare i conti con i sentimenti che esplodono dentro di me, devo decidere ciò che è male e ciò che è bene. Vieni, Spirito Santo».