Omelia nella Giornata per la Cura del Creato
San Marino Città (RSM), Basilica del Santo, 31 agosto 2022
Da qualche anno, in tutta la Chiesa – o meglio in tutte le Chiese – si celebra la Giornata Mondiale di preghiera per la Cura del Creato. L’iniziativa è partita dal Patriarca di Costantinopoli. Il 1° settembre, infatti, è il giorno nel quale la liturgia orientale ortodossa celebra il “Giorno della Creazione”. Nella Chiesa Cattolica, effettivamente, festeggiamo il Natale, la Pasqua, l’Ascensione, la Pentecoste, i santi e la Madonna, ma non c’è un giorno in cui considerare il mistero straordinario della creazione. Prima papa Benedetto XVI e poi papa Francesco hanno indetto una Giornata, proprio il 1° settembre in unità con tutte le Chiese, per la preghiera e la cura del creato con tre scopi: fare festa al dono di Dio che è il creato; convertirci: spesso si spadroneggia sul creato; prendere insieme un impegno di cura.
In questo giorno e nelle settimane successive, fino alla festa di san Francesco d’Assisi, il 4 ottobre, si moltiplicano le iniziative, i convegni, gli incontri, le veglie di preghiera. Grande rilievo si dà, in questo periodo, al documento di papa Francesco che ha reso più pensosa l’umanità la Lettera Enciclica Laudato si’. In essa il Papa coraggiosamente denuncia il saccheggio che si opera contro la natura e contesta, critica, quello che è “a monte” di questo atteggiamento, cioè lo sfrenato desiderio della ricchezza e il volere a tutti i costi dominare il creato.
Anche la nostra Commissione diocesana per la pastorale sociale e del lavoro ha lanciato questa Giornata e questo Tempo per il creato. Siamo appena all’inizio. Dovremmo, anno per anno, coinvolgere sempre più fratelli e sorelle.
La Giornata del Creato ha sempre un tema specifico. Quest’anno è: «Ascolta la voce del creato». Se impariamo ad ascoltare la voce del creato notiamo in essa una sorta di dissonanza, così sottolinea papa Francesco nel Messaggio per questa Giornata. Da un lato è un dolce canto che loda il creatore: abbiamo cantato insieme un versetto del Salmo 18: «I cieli narrano la gloria di Dio, l’opera delle sue mani annuncia il firmamento», ma tutta la poesia biblica è un inno alla creazione e al creatore. Da un altro lato c’è un grido amaro che lamenta i nostri tradimenti. Significativo a questo proposito quanto abbiamo sentito nella Prima Lettura: il roveto che arde senza consumarsi e l’invito rivolto a Mosè, che si mette in profondo atteggiamento di ascolto e si toglie i sandali, perché quella terra è santa (cfr. Es 3).
Viene proposto il tema della meraviglia: Mosè, e noi con lui, vorremmo non perdere mai il senso della meraviglia. Quello che vediamo, il mondo in cui viviamo, sono un dono. C’è stato dato non per il saccheggio, ma per la custodia. Dovremmo fare per il creato quello che Dio fa, dunque, per il suo popolo. Avrete notato i verbi della premura di Dio: ho osservato la miseria del mio popolo, ho udito il suo grido, conosco la sua sofferenza, sono sceso per liberare (cfr. Es 3,7-8). Poi l’invito a Mosè: «Va’, io ti mando…» (Es 3,10). Il creato non smette mai di parlare: lo ascoltiamo?
La pagina del Vangelo che è stata proclamata invita alla fiducia e lo fa mettendoci in contemplazione: «Guardate». Guardare è un verbo che dice profondità: un conto è vedere – gli occhi vedono – un conto è guardare: nel guardare c’è una intenzionalità, un inizio di contemplazione: «Guardate gli uccelli nel cielo» (Lc 12,24). Poi Gesù dice: «Osservate»; un verbo ancora più intenso, più carico. «Osservate – ripete – i gigli del campo; neanche Salomone con tutta la sua gloria vestiva come uno di loro» (cfr. Lc 12,27). Gli uccelli del cielo, i gigli del campo sono il nostro libro di meditazione. «Il dolce canto del creato – dice papa Francesco nel suo Messaggio – ci invita a praticare la “spiritualità ecologica”, attenta alla presenza di Dio nel mondo naturale. È un invito a fondare la nostra spiritualità sull’amorevole consapevolezza di non essere separati dalle altre creature, ma di formare con gli altri esseri dell’universo una stupenda comunione universale». Per i discepoli di Cristo, in particolare, tale luminosa esperienza rafforza la consapevolezza di quello che dice Giovanni nel Prologo del suo Vangelo: «Tutto è stato fatto per mezzo di lui (del Verbo) e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste» (Gv 1,3). Allora in questo Tempo del Creato riprendiamo a pregare nella grande cattedrale del creato, godendo del “grandioso coro cosmico” di innumerevoli creature che cantano le lodi di Dio. «Purtroppo quella dolce canzone è accompagnata da un grido amaro – cito ancora papa Francesco – o meglio da un coro di grida amare» (Papa Francesco, Messaggio per la Giornata Mondiale di preghiera per la cura del creato, 2022).
Il Papa nomina cinque soggetti di questo coro: la madre terra, in balia dei nostri eccessi consumistici; le diverse creature, alla mercè di un “antropocentrismo dispotico”; i poveri che sono tra noi esposti alle crisi climatiche, al forte impatto della siccità, alle inondazioni e agli uragani; le sorelle e i fratelli dei popoli nativi, vittime di interessi economici predatori; infine, gridano i nostri figli, minacciati da un miope egoismo.
Concludo con una breve sottolineatura sulla pagina di San Paolo. Ci riferisce il grido drammatico della creazione sottoposta alla caducità, nella speranza che anche lei sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. «Sappiamo infatti che tutta la creazione geme e soffre per le doglie del parto» (Rm 8,22). Ma la sofferenza del creato e dell’umanità viene aperta alla speranza. Animati dalla speranza dobbiamo fare tutta la nostra parte.