Omelia nella Festa di San Lorenzo
Belforte all’Isauro (PU), 10 agosto 2022
2Cor 9,6-10
Sal 111
Gv 12,24-26
Ci sono due modi di spiegare la Parola di Dio. C’è l’esegesi, cioè lo studio “parola per parola” sui testi originali, facendo confronti e paralleli. Dobbiamo essere molto grati a coloro che studiano le Sacre Scritture, perché forniscono, anche a noi sacerdoti, suggestioni e contenuti: tirano fuori la ricchezza che è implicita nella Parola di Dio.
C’è un secondo modo di spiegare la Parola: è la vita dei santi. I santi sono la spiegazione viva, anzi vivente, della Parola del Signore.
Oggi ci siamo trovati di fronte ad un brano di Vangelo con paradossi e contraddizioni (anche se, poi, diremo che sono apparenti): morire per dare vita, guadagnare perdendo…
Come Gesù ci ha dato la sua vita, il fiotto immortale della risurrezione, attraverso il suo morire, così il discepolo e diacono Lorenzo ha dato la sua vita nel martirio. La sua vita è stata piena di senso ed è stata gioia per i poveri che assisteva. Non ha soltanto donato la vita nel morire, ma tutto il suo vivere è stato un dono di sé.
Se preferiamo Cristo e il suo Vangelo ai nostri interessi personali, alle nostre soddisfazioni, ai nostri egoismi, allora, per così dire, moriamo a noi stessi, ma viviamo veramente. Anche in ciascuno di noi si compie questo “paradosso”: «Si passa da morte a vita perché si ama» (cfr. 1Gv 3,14).
Ci sono due modi di amare e di vivere: si può amare malamente, e quindi vivere malamente, e si può amare bene, e quindi vivere bene. Vivere malamente la propria vita è trascorrerla egoisticamente. Viverla bene è donarla a Dio e ai fratelli.
Penso a Maria di Betania, che – dice il Vangelo di Giovanni (cfr. Gv 12,1-3) – accoglie Gesù nella sua casa e spezza un vaso intero di profumo, di nardo purissimo, assai costoso, per cospargere Gesù; Maria non dona col contagocce: dà tutto; quel gesto è simbolo del dono totale di sé. Come ha fatto san Lorenzo con i poveri della Chiesa.
Ricavo un’altra sottolineatura dalla prima delle letture che sono state proclamate. Questo il contesto: c’è una carestia; tutta la comunità di Gerusalemme soffre per la fame. San Paolo invita i Corinti a fare una colletta per raccogliere il necessario da mandare ai fratelli di Gerusalemme (cfr. 2Cor 9,6-10). Questo particolare è importante, perché sta a dirci che il dono di sé non è sempre programmabile: l’occasione per realizzarlo non accade sempre secondo i nostri programmi. Tante volte bisogna essere attenti alle circostanze, alle occasioni in cui vivere questa dedizione. Mai i cristiani di Corinto avrebbero immaginato di avere una relazione così stretta con i cristiani di Gerusalemme: non si conoscevano e le distanze erano enormi. Eppure, hanno colto l’occasione: si sono fatti fratelli concretamente. Secondo la tradizione, Lorenzo è morto giovane, martirizzato. Avrebbe potuto pensare di donare se stesso da più adulto, come a volte diciamo noi: quando avrò più tempo, quando avrò finito gli studi, quando andrò in pensione… allora mi dedicherò agli altri. No, Lorenzo ha colto subito l’occasione. È sempre il momento buono per giocarsi una “vita per”.
Siamo in pieno paradosso cristiano: morire per vivere pienamente (morire a se stessi, al proprio egoismo). Tutti desideriamo non morire e non restare soli, però Gesù dice che, se non si vuole morire a se stessi, ai propri gusti, alla propria volontà, alle false ricchezze, non si può che restare soli, chiusi nel proprio mondo; chi, invece, rinuncia liberamente a se stesso, apre il cuore ad una dimensione più grande di lui, si apre al mondo, agli altri. La sua preghiera non è asfittica, non si limita a pregare per le proprie intenzioni; egli diviene “uomo-mondo” che sa alzare lo sguardo e si incammina verso Dio tenendo per mano gli altri, soprattutto i fratelli più in difficoltà.
Morire fa paura: tutte le morti, quelle parziali, di ogni giorno, fino a quella definitiva. Ma questa parola di Gesù ci assicura che, come è stato per lui, così sarà per noi: il chicco di grano che cade in terra porta molto frutto (cfr. Gv 12,24).
Concludo con un fatto che mi ha emozionato. Alla fine di maggio un nostro sacerdote, don Maurizio Farneti, è morto tra grandi sofferenze. Alla Messa del suo funerale fu proclamato il Vangelo del chicco di grano. Nell’omelia ho tentato di spiegare la logica del morire per vivere pienamente. Alla Messa del Trigesimo fu proclamato il brano di Vangelo che parlava di una messe abbondante, biondeggiante; e Gesù dice: «Pregate il Padre perché mandi operai…». Come capire questa logica “illogica” del Vangelo? Solo lo Spirito Santo può darcene la capacità. «Vieni, Spirito Santo, persuadi ciascuno di noi a vivere una vita piena di senso perché piena del dono di sé, ricominciando ogni giorno, cogliendo sempre nuove occasioni, come ha fatto il giovane martire Lorenzo, che non ha aspettato di essere grande, ma ha cominciato da subito a donarsi, e per questo fu grande!». Così sia.