Omelia nella XVI domenica del Tempo Ordinario
Pennabilli (RN), Cappella del Vescovado, 17 luglio 2022
Gn 18,1-10
Sal 14
Col 1,24-28
Lc 10,38-42
«Gesù, sei un grande camminatore! Continui a camminare per le vie assolate della Palestina; dietro a te un grappolo di persone coraggiose che ti seguono e condividono il tuo sogno: tu senti di appartenere alla famiglia umana e vuoi che ogni fratello sia raggiunto dalla buona notizia del Vangelo, dall’annuncio di una liberazione che dà gioia e fa sentire la fraternità».
Ad un certo punto, Gesù sente il bisogno di una pausa. Entra in un villaggio. Era stato nei villaggi dei samaritani, dai quali era stato respinto, ora va a Betania, presso la casa di due sorelle, Maria e Marta; di loro abbiamo informazioni anche dall’evangelista Giovanni. Si fa avanti per prima Marta, che accoglie Gesù con gioia e organizza subito un pranzo per lui e per le persone che sono al suo seguito.
A dire il vero, Gesù non cerca soltanto una sosta perché è stanco, ma cerca amicizia: è un cultore dell’amicizia. Nell’Ultima Cena dirà: «Non vi chiamo più servi, ma amici» (Gv 15,15). Gesù cerca amicizia ed è sensibile alla gratitudine; attende il gesto di riconoscenza e di amicizia dei lebbrosi sanati: «Solo uno è tornato a ringraziare?» (cfr. Lc 17,17). Ricorderete, poi, la scena della donna silenziosa che, nella casa di Simone, non smette di baciare i piedi del Signore; a tanto amore Gesù risponderà col suo perdono (cfr. Lc 7,36-50). Mi piace come Giotto, nell’Ultima Cena, coglie l’apostolo Giovanni che mette il suo capo sul petto di Gesù. Dunque, Gesù vuole l’amicizia, l’intimità con lui e sembra dire: «Non m’importa quello che fate per me, mi interessa che voi siate con me».
Marta accoglie Gesù come un ospite di riguardo: lo chiama Signore, che è il termine col quale Gesù viene chiamato dopo la risurrezione. Maria si mette in cammino “stando seduta”. Sembra un controsenso! In realtà, sedendosi ai piedi di Gesù, mette in cammino il suo cuore, bevendo la sua Parola.
Ricordo una cara signora, la maestra Rina, che mi diceva: «Per stare in piedi bisogna stare in ginocchio» (una frase che diceva spesso anche don Oreste Benzi). Maria ha intuito quanto sia importante fermarsi per ascoltare il Signore: è la vera discepola! Quando Gesù si reca da qualcuno, non va per prendere, ma per dare: «C’è più gioia a dare che a ricevere» (At 20,35), insegnerà un giorno. Maria ne approfitta: Gesù le dona la sua Parola. Gesù vorrebbe che anche Marta potesse ricevere il dono della Parola, infatti la invita, ma Marta protesta la sua preoccupazione dicendo: «Signore, non t’importa che mia sorella sia distratta?». In verità, “distratta” è Marta, distratta dalle molte cose che deve fare. Sicché Marta rimane là dove gli uomini dell’epoca rinchiudevano le donne, cioè nella cucina, negli affari domestici, mentre invece Gesù introduce un seme di cambiamento di mentalità. Alla donna, infatti, non era consentito partecipare, come agli uomini, alle liturgie sinagogali; le donne avevano un posto riservato dal quale assistervi. Un testo del Talmud dice che la Torah preferisce «andare a bruciare nel fuoco piuttosto che essere messa nelle mani delle donne». È facilmente riconoscibile la mano di Luca, che non solo ama sottolineare la libertà di Gesù di fronte ai tabù religioso-culturali del suo ambiente, ma anche il ruolo dinamico delle donne nella nuova comunità messianica, non solo a livello pratico (cfr. At 9,36), ma anche nel compito dell’annuncio e della catechesi (cfr. At 18,26). Mi fa piacere che, proprio in questi giorni, papa Francesco affidi ad alcune donne ruoli importanti, organizzativi, significativi nel governo della Chiesa.
Non è vero che l’atteggiamento di Maria sia di disimpegno; in verità, Maria sta “facendo” ascoltando. Lo stare con Gesù non dis-trae, ma concentra e ti porta a compiere quello che sei chiamato a fare con attenzione di amore e di servizio. In Marta possiamo riconoscere l’atteggiamento interiore che ci porta a colmare il nostro tempo di “cose da fare”. C’è – per così dire – la paura della solitudine o di essere soli con se stessi: «Non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola?». Allora il lavoro può diventare come una “droga” che stordisce: è una forma dell’accidia.
Non si deve contrapporre Marta a Maria; non bisogna farne, per così dire, due biografie troppo diverse. La preoccupazione di Luca è quella di presentarci l’armonia di Betania, dove l’ancella e l’amica vanno insieme: che cosa fa Maria dopo aver ascoltato il Signore, se non mettersi a servizio? E che cosa fa Marta una volta che ha finito di darsi da fare per l’accoglienza, se non mettersi a gustare la presenza del Signore?
Qui è tracciato l’itinerario di ogni cristiano: passare dalla preoccupazione di quello che deve fare per Dio alla emozionante sorpresa di vedere quello che Dio fa per lui.