Omelia nella VII domenica del Tempo Ordinario

Pieve di Carpegna (PU), 20 febbraio 2022

1Sam 26,2.7-9.12-13.22-23
Sal 102
1Cor 15,45-49
Lc 6,27-38

Di solito, quando celebra il Vescovo, imparte la benedizione all’assemblea con il libro dei Vangeli. C’è un legame speciale fra il Vescovo, in quanto successore degli apostoli, e il testo del Santo Vangelo. Tant’è vero che – come avrete notato – il cerimoniere porge al Vescovo anche il pastorale. Che bisogno c’è? Non è Gesù il Pastore? Sì, è Gesù, ma Gesù ha scelto i Dodici apostoli perché fossero una sua presenza.
Oggi ci troviamo di fronte ad un Vangelo impegnativo. Sono aiutato dalle prime righe, in cui Gesù dice: «A voi che ascoltate, io dico…». È come se Gesù dicesse: «Datemi la mano, vi introduco in un orizzonte straordinario, vi faccio entrare con me». Rispondo: «Signore, se non ti guardassi negli occhi e non stringessi la tua mano, penserei che le parole che stai per dire siano umanamente impossibili da realizzare».

Ma qui non siamo di fronte ad un’etica o ad una precettistica. Se prendessimo queste parole come una pagina di etica, nella tradizione umana, nelle filosofie antiche e moderne, troveremmo qualcuno che si è lanciato in queste prospettive di amore senza confini. Nel tempo moderno basti pensare al Mahatma Gandhi, profeta della non violenza, oppure al pastore evangelico americano, Martin Luther King. Nella filosofia antica, Pericle diceva più o meno così: «Qual è la più grande vittoria? Quando sei riuscito a trasformare il nemico in un amico, allora hai vinto». Durante la guerra del 1915-18, un generale mandò un avamposto a neutralizzare il nemico che era dall’altra parte della trincea con questa ingiunzione: «Vi affido il compito di eliminare il nemico». Parecchio tempo dopo, i militari non tornavano. Il generale andò a vedere di persona. Trovò che i suoi soldati fraternizzavano con gli avversari. Andò su tutte le furie, minacciando di destituire il capitano… Ma egli si difese assicurando di aver fatto come gli era stato chiesto: aveva eliminato il nemico, erano diventati amici! Il racconto fa riferimento ad un avvenimento dimenticato dalla storia, realmente accaduto nelle trincee dell’Artois durante la Prima Guerra Mondiale. L’episodio è stato rilanciato da un celebre film di Christian Carion, Joyeux Noël (2005).
Dunque, amare il nemico? Impossibile! Effettivamente Gesù ci fa vedere un altro orizzonte; ci prende per mano e ci porta dentro al suo rapporto con il Padre. Per questo la raccomandazione: «A voi che ascoltate, io dico…». «Se voi mi seguite – dice Gesù – vivrete qualcosa del mio mistero. Io sono il Verbo fatto carne, Colui che è il “tu” eterno del Padre, sono in totale ascolto: Dio è Padre e ogni creatura è mio fratello, mia sorella». Gesù ci invita ad entrare con lui nel seno del Padre e a superare quell’istinto di autodifesa che c’è in noi: l’altro ci fa paura a livello inconscio, temiamo ci tolga spazio, sia una minaccia. Scriveva il filosofo inglese Thomas Hobbes: «Homo homini lupus (l’uomo è lupo per l’altro uomo)».  E Jean Paul Sartre, filosofo vissuto a cavallo della Seconda Guerra Mondiale, diceva «l’enfer, c’est les autres (l’inferno sono gli altri)». Chi si lascia andare a questa logica, ha paura nella relazione con l’altro; invece Gesù ci chiede di vivere le relazioni come lui è in relazione con il Padre e con noi. Le frasi che Gesù dice, talvolta sono paradossali. Quella volta, nella pianura, sulle rive del lago, partì il primo dei verbi “amate”: «Amate il vostro nemico». Siamo capaci di farlo in concreto? Per i nostri fratelli protestanti la persona umana non è in grado di farlo. Pensano che Gesù ce l’abbia comandato per farci capire che da soli non ci arriviamo. Allora bisogna che umilmente accogliamo la grazia come dono. Per noi cattolici la cosa è diversa. Fare del bene è sicuramente un dono di Dio, ma l’uomo con la grazia ne è capace, perché è stato creato così da Dio. Proviamoci! Così sant’Agostino: «Dio non comanda l’impossibile, ma comandando ti ammonisce di fare ciò che puoi e di chiedere ciò che non puoi (De natura et gratia, 43,50).
Nella pagina evangelica ci sono 8 verbi, i primi 4 coniugati con il “voi”: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male; poi, Gesù parla come se guardasse negli occhi me, perché usa il “tu” e dice: «A chi ti percuote sulla guancia offri anche l’altra, a chi ti strappa il mantello non rifiutare la tunica (cioè dai tutto), dà a chiunque ti chiede e a chi prende le cose tue non chiederle indietro.
Ogni giorno scriverò uno di questi verbi per averli davanti agli occhi. Non ho nemici, ma mi sono nemici l’orgoglio, la pigrizia…
Vi auguro di meditare questa pagina come “pagina di rivelazione”. Ci colloca nella logica di Gesù. Dio è papà, gli altri sono fratelli. Devo amare questo fratello come lo amano sua mamma, suo papà.
Una volta, io e il Rettore del Seminario siamo andati a visitare una comunità di monache carmelitane di cui avevamo tanta stima. Il Rettore disse alla Madre Abbadessa che aveva un ragazzo assai disobbediente e che pensava di dargli, al rientro, due ceffoni. La Madre rimase sorpresa e diede questa risposta: «Se è sicuro di volergli bene come gli vuol bene sua mamma, gli dia pure due ceffoni…».
Buona settimana a tutti! Impegniamoci con gioia a famigliarizzare con quello che Gesù ci dice: essere nel Padre. Allora il Vangelo diventa comprensibile!