Omelia nella IV domenica di Avvento
Pennabilli (RN), Cappella del Vescovado, 19 dicembre 2021
Mi 5,1-4
Sal 79
Eb 10,5-10
Lc 1,39-45
Il racconto evangelico della Visitazione è brevissimo, ma denso di significati. Li suddivido in quattro “grappoli” di pensieri e osservazioni.
Il primo “grappolo” è dedicato alla struttura letteraria del brano e, più in generale, di tutto il Vangelo dell’infanzia secondo Luca. L’evangelista adopera il metodo del confronto, un metodo in voga al suo tempo (cfr. le opere classiche intitolate “Vite parallele”). Qui siamo davanti a “vite parallele”: anzitutto ci sono due vocazioni, la vocazione di Zaccaria, il cui racconto è precedente alla pericope odierna, e la vocazione di Maria. La prima, quella di Zaccaria, accade nel tempio. Zaccaria, da quell’esperienza esce muto, perché non crede alle parole dell’angelo. Maria, invece, riceve l’annunciazione in una casa, la casa di Nazaret, e ne esce proclamata «piena di grazia» (Lc 1,30). Elisabetta riconoscerà in lei la beatitudine di chi crede alla Parola del Signore (cfr. Lc 1,45). Poi incontriamo il confronto fra le due mamme, ambedue senza maternità: Elisabetta perché ormai avanzata in età e la fanciulla di Nazaret perché è vergine, giovanissima. Tutt’e due si trovano miracolosamente incinte mediante una gravidanza “impossibile”. Infine, c’è il parallelo tra i due nascituri, i due bimbi, nel grembo rispettivamente di Elisabetta e di Maria. Questi confronti, queste vite parallele, sono state pensate da Luca per evidenziare l’identità di Gesù. L’incontro delle due mamme assomiglia tanto all’incontro di due zolle di terra che, scontrandosi, si innalzano e accade uno scoppio di gioia, di luce, di benedizione. L’una canta davanti all’altra e insieme magnificano il Signore.
Il secondo “grappolo” consiste nelle considerazioni che solitamente vengono fatte dalla devozione, con la gioia nel vedere il clima spirituale che vi è nella casa dove le due mamme si incontrano. Lì c’è la premura di Maria, che fa un lungo viaggio in un terreno montuoso, e c’è l’accoglienza festosa di Elisabetta. C’è tanta cortesia, ma soprattutto si praticano le virtù. C’è la reciprocità, perché l’una e l’altra insieme condividono quello che Dio sta facendo in loro: davvero il Signore è all’opera! Poi, quella casa è inondata di Spirito Santo, quasi un anticipo della Pentecoste.
Dobbiamo leggere questo brano di Vangelo ad altre profondità, è il terzo “grappolo” di considerazioni. Siamo di fronte ad una rivelazione altissima, e cioè ad un evento che sconfina, che va oltre il tempo, oltre lo spazio, un evento cosmico; eppure, paradossalmente accade puntuale, in un preciso luogo, in una realtà minuscola della terra. Il “miliardario di stelle” tra due umili creature. È la visita di Dio al suo popolo: una visitazione non per interposta persona – direbbe l’autore della Lettera agli Ebrei – ma proprio nel suo Verbo che si fa cucciolo d’uomo (cfr. Ebr 1,2). Tutto questo in un clima di gioia, di esultanza. Luca adopera un linguaggio mutuato dall’Antico Testamento. Ad esempio, di Maria si dice «benedetta tu fra tutte le donne»: espressione usata nell’Antico Testamento per due eroine di Israele, precisamente per Giaele (cfr. Gdc 5,24), la guerriera, e per Giuditta (cfr. Gdt 13,10), colei che verrà chiamata la tota pulchra, appellativo che la liturgia applica a Maria. L’esultanza di Giovanni nel grembo, che viene paragonata ad una danza, è un rimando abbastanza esplicito alla danza del giovane Davide quando trasporta l’Arca dell’Alleanza a Gerusalemme. «Davanti a Jahvè io danzo», dirà Davide a sua moglie che lo vede così entusiasta, così fuori dal protocollo. Giovanni Battista danza perché sente arrivare l’Arca della nuova Alleanza, Maria, che custodisce nel suo grembo il Verbo incarnato.
Un quarto “grappolo” di pensieri sono perlopiù suggestioni che propongo per vivere meglio il Tempo di Natale. La prima suggestione: che sia un Natale spirituale, un Natale attento alla presenza dello Spirito Santo che, come fu nella casa di Ain Karim (la casa di Zaccaria ed Elisabetta), come fu nella casa di Nazaret, come fu fra i pastori invitati ad andare alla grotta, allo stesso modo aleggia su di noi. Se crediamo alla sua presenza su di noi, è perché il Cielo si è aperto su di noi. L’amore del Padre per il Figlio, del Verbo per il Padre, si è calato su di noi, siamo tuffati dentro e coinvolti nella vita trinitaria, benché non ne siamo sempre consapevoli: il Natale di Gesù è il Natale nostro, perché anche noi nasciamo a questa vita straordinaria.
Seconda suggestione: che sappiamo fare nostra la spiritualità della visitazione. Il tema della visitazione attraversa tutta la Sacra Scrittura, ma quello che forse interessa più a noi è che raggiunge la nostra vita: ci sentiamo visitati dal Signore. Quando non lo sentiamo presente, avvertiamo una profonda nostalgia di lui; lo percepiamo come un grande mistero che ci inquieta, ci turba, come è successo all’Innominato nei Promessi sposi, quando nel dialogo con il cardinale Federigo Borromeo, esclama: «O Dio, se lo vedessi, se lo sentissi». E il Cardinale risponde: «Ma chi più di te! Questa inquietudine, questo mistero è lui, ha un volto, questo mistero è un “io” che si comunica a te» (cfr. A. Manzoni, I promessi sposi, cap. XXIII).
Terza suggestione: che facciamo nostra la spiritualità del viaggio. Guardando Maria pellegrina ci mettiamo in cammino con i più poveri. Discorso impegnativo: accostarci al dolore altrui costa fatica. Abbiamo già tante fragilità, dolori, sofferenze personali… Il Natale ci fa compagni di viaggio in questa recrudescenza della pandemia: «tutti sulla stessa barca», disposti ad andare oltre le contrapposizioni di questi giorni. Formiamo tutti una carovana alla ricerca di Dio: c’è chi fa fatica a credere, chi crede di credere e chi tiene accesa una luce. Buon Natale!