Omelia nella Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria

Perticara (RN), 15 agosto 2021

Ap 11,19; 12,1-6.10
Sal 44
1Cor 15,20-26
Lc 1,39-56

La festa dell’Assunta è la festa del compimento, cioè di ciò che raggiunge la sua pienezza, la perfezione, di ciò che arriva al suo traguardo. È festa del compimento di Maria: con Gesù, nella Pasqua, il suo corpo, la sua fisicità, è entrata definitivamente nello splendore della vita eterna. È così annunciato anche il nostro compimento, il nostro destino, la nostra vocazione. Faccio notare che la nostra lingua – siamo discepoli di Dante Alighieri – ha tante espressioni per dire un concetto, per precisarlo sempre di più.
Ribadiamo la nostra fede nella resurrezione della carne. Molti di noi tentennano. Oggi possiamo dare un guizzo alla nostra fede, perché il destino di Maria è il nostro. Maria, in corpo e anima, è stata presa dal Signore: così sarà anche di noi.
Vi chiederete perché i nostri pastori hanno scelto nel giorno dell’Assunta la lettura evangelica della Visitazione di Maria ad Elisabetta, con il bellissimo canto del Magnificat. Perchè è un brano che parla di compimento e lo dice in vari modi. Anzitutto il nome di “Elisabetta” è parola ebraica composta da due elementi: Eli-sheba, da cui la parola “sabato”, il compimento della settimana, mentre Eli è Dio. Dio è compimento, Dio porta a compimento, cioè ci realizza pienamente. Dunque, Elisabetta porta nel suo nome una professione di fede. Non sempre crediamo che Dio realizza compiutamente la nostra vita; a volte pensiamo che sia nostro “rivale”… Come si fa a superare questo errore? Con la confidenza, avendo fiducia: Dio vuole il mio bene. Non pensate la religione come una contrattazione tra noi e Dio: dobbiamo affidarci.
L’idea del compimento c’è pure nel fatto che Elisabetta – di lei il Vangelo dice che è sterile – ha ricevuto un figlio, Giovanni Battista. Il Vangelo di Luca, nel suo inizio, ha l’idea che Dio porta la fecondità. Nella casa di Zaccaria non solo vi sarà il compimento della maternità di Elisabetta, ma si ospiterà una fecondità ancora più straordinaria: quella di Maria. Il Vangelo della Visitazione è il Vangelo dell’incontro fra due fecondità, fra due compimenti.
Dice il Vangelo che Maria, dopo aver ascoltato l’angelo, andò nella casa di Zaccaria. La parola ebraica “Zaccaria” è composta da due elementi, Zeka-ryàh, e significa: Dio è memoria, Dio si è ricordato, non dimentica: un messaggio fortissimo che Zaccaria porta attaccato al suo nome. Quante volte anche noi, quando siamo in difficoltà, preghiamo così: «Signore, ricordati di me». Fu anche la parola del ladrone in croce: «Signore, ricordati di me…» (Lc 23,42). Il nome “Zaccaria” può anche essere tradotta in italiano come “la tua vita è memoria di Dio”. Qui la sottolineatura è nella testimonianza. Elisabetta e Zaccaria avevano il sogno di formare una famiglia, avere tanti bambini, e si ritrovano soli; quando finalmente arriva il bambino, la fecondità di Dio, anche i vicini si ricordano di Dio. Dio ricorda, ma anche ognuno di noi è chiamato ad essere colui che fa ricordare Dio.
«Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo»: è una delle più importanti catechesi su cosa significa incontrare l’altro. L’incontro fra due esseri umani è sempre un incontro anche con Dio. Elisabetta, che ha in grembo il regalo di Dio, la fecondità di Dio, il compimento di Dio, sa riconoscere che in Maria c’è addirittura Dio stesso, il Bambino Gesù. Questo testo, allora, diventa una preghiera per tutti noi: «Signore, ti chiedo di riuscire a vedere in ogni persona la tua presenza». Ogni persona ha qualcosa di Dio dentro di lei, anche se non lo conosce. In ogni persona c’è una scintilla divina, perché diversamente non sarebbe viva. Nei Miserabili di Victor Hugo c’è un galeotto, prigioniero insieme al protagonista Jean Valjean, che chiamavano Jenedieu (Negodio), senza Dio… Ma non c’è nessuno senza Dio! Ecco perché abbiamo tanta fiducia pur nella difficoltà della situazione attuale.
Nella cultura antica era molto importante andare a far visita a qualcuno, l’incontro: è un’esperienza spirituale. E, nel far visita, riconoscere la presenza del Signore nell’altro. Sarebbe bello che stasera a cena diceste una parola su quello che avete vissuto ora in chiesa per condividere, per far sì che ci sia comunione d’anima. Lo chiedo spesso anche ai miei sacerdoti. È importante dirsi reciprocamente quello che Dio fa in noi. La Visitazione non è altro che due donne che vanno a gara a raccontare quello che il Signore ha fatto in loro. È un quadro bellissimo, pieno di gioia. La Madonna ha aggiunto poesia, ma è anche pittrice, perché descrive, come in un dipinto, come lei vede Dio. Lo descrive come colui che fa grandi cose, l’Onnipotente, l’Eterno, colui che disperde i superbi nella loro vanità e nella loro presunzione, colui che rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili, colui che ricolma di beni gli affamati e rimanda i ricchi a mani vuote, colui che soccorre Israele e si ricorda – il compimento – della sua misericordia, come aveva detto ai padri. La Madonna ci accompagna con un quadro ritratto di Dio, un Dio che ci è amico, che ci usa misericordia, che sta dalla parte di coloro che sono piccoli e li ama immensamente.