Omelia nella II domenica di Quaresima
Pennabilli (RN), Cattedrale, 28 febbraio 2021
Gen 22,1-2.9.10-13.15-18
Sal 115
Rm 8,31-34
Mc 9,2-10
Con la prima domenica di Quaresima siamo entrati nella dimensione “deserto”, una dimensione che tante volte accompagna la nostra esistenza. L’avvertiamo quando i nostri passi si muovono nell’aridità. Ci sentiamo soli. Ci troviamo a combattere con le “belve” che sono dentro di noi, a volte pensieri inopportuni, altre volte fantasmi che salgono dal passato. Viene la tentazione di domandarsi: «Chi c’è qui con me? Sono solo. Dove sei Signore?». L’evangelista Marco non riporta il contenuto delle tentazioni a cui è stato sottoposto Gesù, come fanno invece Matteo e Luca. Credo che la tentazione di cui ha patito Gesù, secondo Marco, sia una tentazione radicale, intorno al primo comandamento: «Io sono il Signore Dio tuo». Come si fa a credere alla sua presenza? Cito alcune frasi di santa Teresa di Lisieux, la giovane carmelitana che, ammalata a causa della tisi, attraversò sofferenza e momenti di aridità, di deserto: «Gesù mi ha preso per mano, mi ha fatto entrare in un sotterraneo dove non fa né caldo né freddo, dove il sole non risplende, né cade la pioggia, né tira vento; un sotterraneo dove non distinguo altro che un indistinto chiarore. Dio ha permesso che l’anima mia fosse invasa dalle tenebre più fitte e che il pensiero del cielo, per me dolcissimo, non fosse più se non lotta e tormento». In questa oscurità Teresa annota che una cosa sola le è rimasta da fare: «Tutto è scomparso per me, non mi resta che l’amore». E infine, sentendosi voce di tutti quelli che sono nella prova, esclama: «Abbiate pietà di noi, Signore; la sola cosa che vi chiedo è di non offendervi mai». È bellissima questa espressione di Teresa, una preghiera inaudita rispetto ai nostri schemi usuali di preghiera. Più avanti Teresa dirà: «Sì, ci sono le nubi che coprono l’orizzonte, ma io so che oltre le nubi c’è il sole».
Oggi il racconto della Trasfigurazione ci mostra il volto luminoso di Gesù e il suo riflesso nella bellezza del vestito: «Le sue vesti divennero splendenti, bellissime», lo stesso splendore che brillerà un giorno sul volto del Risorto. Perché questa visione anticipata? Che relazione ha avuto col cammino dei discepoli? Quale relazione col nostro in questi giorni così difficili?
Rispondo con una metafora: una passeggiata in alta montagna. Avevamo lasciato da tempo il rifugio, con tante speranze di raggiungere la vetta, ma il cielo si coprì di nuvoloni, che si sono abbassati su di noi e ci hanno avvolto completamente. Dovevamo prendere una decisione: proseguire nonostante tutto o ritornare? Poi, improvvisamente, uno squarcio tra le nubi. Si è aperta davanti ai nostri occhi la visione della vetta illuminata dal sole. Abbiamo ripreso il cammino. Sono tornate ancora le nubi; per proseguire ci siamo affidati al “libretto guida” che ci indicava il percorso tra le rocce e i tempi di percorrenza.
Il racconto della Trasfigurazione si colloca proprio in questa ottica. Siamo nel deserto, proviamo anche noi la tentazione: «Dio dove sei? Perché mi lasci solo?», ma Gesù anticipa, con la sua Parola, lo splendore della risurrezione. Il “libretto guida” è la sua Parola. Per questo i tre discepoli udirono una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!».
Di solito si dice che la Trasfigurazione – giustamente – anticipa come sarà, dopo la Passione e la crocifissione, lo splendore della risurrezione. Questo farà bene ai discepoli di Gesù: un anticipo necessario! Ma la risurrezione è già avvenuta ed allora è già operante, già presente al nostro vivere. È proprio nel “mentre” del nostro cammino che si riversano la grazia e la luce della risurrezione. Possiamo trovare luce dentro al nostro vissuto quotidiano, insieme alla forza della Trasfigurazione, proprio in ciò che sembra arido, brullo, difficile. Avviene come con le noci: il loro guscio è durissimo, spesso è difficile da rompere ma, quando si riesce, troviamo un frutto gustosissimo. È così anche nella nostra vita, nei nostri giorni: cerchiamo la luce!