Omelia nella Festa del Battesimo di Gesù
Pennabilli (RN), Cappella del Vescovado, 10 gennaio 2021
Is 55,1-11
Da Is 12
1Gv 5,1-9
Mc 1,7-11
Siamo degli inguaribili egoisti, perché nella festa del Battesimo di Gesù ci viene da parlare del nostro Battesimo. In verità oggi dovremmo sforzarci di stare nella contemplazione del mistero di Gesù che scende nella valle del Giordano e si fa battezzare. Questo evento è di grande portata teologica.
Abbiamo lasciato da poco la capanna di Betlemme, con gli angeli che cantano la venuta del Salvatore (scena di una tenerezza infinita), con i pastori che sanno cogliere e riconoscere il segno di un Dio in un bimbo, con lo sfavillio del corteo dei magi che vengono a portare l’oro al re, la mirra al martire e l’incenso alla divinità. Questa volta nulla di tutto questo: Gesù ha trent’anni ed è noto solo ai nazaretani. Siamo nella valle del Giordano, dove un profeta rude chiama alla conversione, invita alla acque del Battesimo per il pentimento e, mescolato tra la folla – il Vangelo dirà: «In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete – Gesù fa la fila con i peccatori, con coloro che si sentono bisognosi di rinnovamento, e scende nell’acqua. Dobbiamo fare di questa “discesa” una lettura che va al di là della cronaca. Ricordate la preghiera dell’Avvento: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi…». Questo è un tratto della discesa di Gesù: l’incarnazione nel grembo di Maria, il nascondimento nella casa di Nazaret, poi la venuta alla valle del Giordano e la discesa nelle acque. Un giorno lo contempleremo mentre discende nel profondo degli inferi per recuperare coloro che giacciono nell’ombra della morte. In questa immersione Gesù porta tutta la nostra umanità ferita dal peccato e lontana da Dio.
È un momento molto solenne della vita di Gesù e noi ne godiamo. I cieli si sono aperti e si ode una voce che dice: «Ecco il figlio mio, l’amato, colui nel quale ho posto il mio compiacimento». È il momento in cui viene dichiarata la vera identità del figlio del carpentiere: è il Figlio di Dio, il Signore! In Gesù ora la nostra umanità risale dalla sua condizione. Le parole che il Padre rivolge a Gesù sono una solenne dichiarazione alle sue creature.
Gesù è disceso nelle acque ed è risalito dalle acque: ha fatto il passaggio. L’antico popolo di Israele ha vissuto una vicenda analoga passando attraverso le acque verso la libertà. Gesù indica il cammino della liberazione dal peccato.
I cieli aperti su Gesù, oltre al dono della voce del Padre, offrono il dono dello Spirito che aleggia, proprio come aquila che cova e fa nascere vita nuova, come accadde nel momento della creazione: «Lo spirito di Dio aleggiava sulle acque» (cfr. Gen 1,2). Ora nell’umanità di Gesù sboccia la nuova creazione.
Dicevo che siamo degli inguaribili egoisti perché pensiamo al nostro Battesimo, ma pensarci non è del tutto sbagliato. C’è molto più di un’analogia tra il Battesimo che Gesù riceve da Giovanni e quello che riceviamo noi. Gesù vuole che venga ripetuto sui discepoli, ma sarà un Battesimo nello Spirito, un rinnovamento, una nuova creazione. Se mi consentite la metafora, il sacramento crea e svela la nuova condizione dei credenti in Gesù: è come aprire una conchiglia e vedere la bellissima sorpresa di una perla. La perla che troviamo in noi è il dono della vita nuova. Anche su di noi il Padre pronuncia nel Battesimo le parole dette a Gesù: «Tu sei figlio mio», abbiamo un Dio per papà; «l’amato», abbiamo un Dio che ci ama; «in te ho posto il mio compiacimento», siamo motivo della sua gioia. A volte affrontiamo la vita come una gara, ci confrontiamo con gli altri, siamo preoccupati del nostro livello di prestazioni, mentre invece la nostra vita non è altro che un andare verso un papà che ci accoglie e ci ama immensamente. Essere consapevoli di questo ci dà gioia purissima: con Gesù abbiamo “affogato l’uomo vecchio” e nasce “l’uomo nuovo” (cfr. Rom 6).