Omelia nell’Ordinazione presbiterale di don Mattia Benedettini sdb
San Marino Città (RSM), chiesa dei Santi Pietro, Marino e Leone, 26 settembre 2020
Ger 1,4-9
Sal 97
2Cor 4,1-2.5-7
Gv 15,9-17
Un saluto affettuoso a tutti, soprattutto alla signora Alba, mamma di Mattia, che ho conosciuta quando abbiamo pregato insieme a papà Cesare.
Saluto la famiglia Salesiana. È bello che sia presente così numerosa.
Solo la Parola di Dio può spiegarci compiutamente ciò che qui e adesso sta per accadere, sia su di noi – perché lo Spirito scenderà su questa Chiesa – sia su di te, caro don Mattia. Anche uno sguardo soltanto terreno resta affascinato: qui c’è una bellezza che diventa splendore. È un fatto.
Avete sentito la breve biografia di Mattia che è stata appena letta. Caro Mattia, Dio è entrato nella tua vita non come un’idea, un’emozione o una filosofia. È vero, importanti sono stati l’oratorio, gli amici, le frequentazioni (ti immagino quand’eri liceale qui a San Marino)… Posso dire che è stata un’irruzione inattesa, a tratti anche sfidante, da parte di una Persona che ti ha messo in movimento e ha infranto lo scorrere di una giovinezza come tante. Quanti gruppi, quanti amici, quanti maestri… Non posso non ricordare il tuo primo parroco, don Pino, e la tua maestra della Scuola d’infanzia, suor Maria, qui presenti.
Una voce si è fatta sentire: «Prima di formarti nel grembo di tua madre ti conoscevo e ti ho stabilito profeta» (cfr. Ger 1,5). Come Geremia non hai potuto trattenere la sorpresa. «Ahimè, Signore Dio, io non so parlare, perché sono giovane» (Ger 1,6). Una reazione che non è una sottrazione per ignavia, ma consapevolezza della propria inadeguatezza. Poi, la replica del Signore: «Ecco, ti metto le mie parole sulla bocca» (Ger 1,9). Così dicendo il Signore stende la mano su di te, accarezza le tue labbra. Notate la concretezza…
Tra poco ci saranno l’imposizione delle mani e gli abbracci, anche se, per la circostanza, solo col cuore. La tua vocazione, come ogni altra vocazione, è una prova dell’esistenza di Dio!
Abbiamo attualizzato il racconto della vocazione del profeta Geremia, caratterizzato da una straordinaria semplicità. Il profeta racconta come Dio l’ha chiamato, come egli abbia provato a resistere e come Dio l’ha vinto e rassicurato. Più avanti Geremia dirà: «Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre, mi hai fatto forza e hai prevalso» (Ger 20,7). Il Signore ha confermato la chiamata e assicurato la sua prossimità e protezione. Uno schema classico, si direbbe. Però un’avventura personalissima e sempre nuova, unica, la tua, Mattia.
Ecco, messaggero di Dio, porterai esclusivamente la Parola di Dio, non le tue opinioni o le tue parole. Il tempo che verrà è come un rotolo di pergamena sigillato. Chi può leggere quello che contiene scritto?
Noi preghiamo e ti siamo vicini perché tu possa dire con totale fiducia: «Ecco, Signore, io vengo», senza aver disteso quel rotolo. «In capite libri, de me scriptum est, ecce venio» (Sal 39,8): sono le parole che l’autore della Lettera agli Ebrei mette sulle labbra del Verbo che si incarna. Allora farai esperienza di una forza insospettata… Ma da dove vengono questo coraggio, questa libertà, questa energia (cfr. Mc 6,1-6)?
Nel contempo farai esperienza della fragilità, spaesante talvolta. Sarai forte perché il Signore stesso agirà e parlerà attraverso di te, sarai fragile per il tuo limite e per la percezione di essere, talvolta, inascoltato e incapace di scalfire l’indifferenza di tanti.
Un caro amico prete, mi scrisse: «Ho l’impressione di essere un “vu’ cumprà”. Non interessa a nessuno quello che ho da dire». Ma non è così: c’è molta sete di infinito, molto desiderio di verità e di ricerca di Dio. Il Signore metterà in moto le tue risorse, sconosciute forse persino a te, trasformerà la tua debolezza in tenacia incrollabile. «Noi – scrive l’apostolo Paolo – non predichiamo noi stessi, ma Gesù Cristo, il Signore». E aggiunge: «Quanto a noi, siamo i vostri servitori per amore di Gesù» (2Cor 4,5). Ecco, servo per amore. Un giorno mi hai confidato una sintesi del carisma e della pedagogia di don Bosco a proposito dei cuori che, a volte, sembrano impenetrabili, i cuori degli adulti, ma anche quelli dei giovani. La frase è questa: «Essere instancabili cercatori del punto accessibile al bene che c’è in ogni giovane, in ogni persona». Davvero ogni cuore racchiude nel profondo, come dentro ad una oscura miniera, quella luce che il Creatore fa brillare all’inizio di ogni esistenza. Come ci ha ricordato san Paolo nella Seconda Lettura: «Dio disse: “Rifulga la luce dalle tenebre”» (2Cor 4,6). Che ognuno, attraversato “il punto accessibile”, possa scoprire questa luce e la sua dignità di figlio a somiglianza di Cristo. Introdurre a questa esperienza è l’appassionante “mestiere” del prete, del prete salesiano. Paolo adopera l’immagine del “vaso di creta”, che rende bene l’idea della fragilità dello strumento che il Signore ha scelto. La creta è un materiale non particolarmente prezioso, ma nasconde un tesoro.
Dunque, è grande la chiamata, grande il progetto, grande la promessa. «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi» (Gv 15,16): questa è la chiamata. «Nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13): questo è il progetto. «Non vi chiamo più servi, ma amici, perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,11): questa è la promessa.
Siamo in una di quelle pagine evangeliche in cui è custodita l’essenza del cristianesimo, le cose determinanti della fede. Le rileggo: «Come il Padre ha amato me, io ho amato voi. Rimanete nel mio amore» (Gv 15,9). «La strada c’è, ci siete già dentro, allora restate, non andatevene, non fuggite via – sembra dire Gesù – rimanete in questo amore».
Spesso succede di resistere e persino di difenderci dall’amore. Abbiamo il ricordo di tante ferite, illusioni; ci aspettiamo tradimenti, ma Gesù propone la sua pedagogia: «Amatevi gli uni gli altri» (Gv 15,12). Non semplicemente «amate», ma «amatevi gli uni gli altri», nella reciprocità, nella comunione di cui la comunità è la concretizzazione. Con la parola che fa la differenza cristiana: «Come io vi ho amato». Come Cristo che lava i piedi, che non manda via nessuno, che va in cerca dell’ultima delle sue pecorelle. E perché rimanere in questa logica? Per essere nella gioia! Dio è un Dio felice, perché parla nella sua gioia; si rivela come un Dio gioioso che vuol far crescere dei figli felici, che amano con cuore libero e forte, e di questo provino piacere, gustandone la bellezza. Così sia.