Intervento in occasione della Veglia missionaria diocesana
Chiesanuova (RSM), 16 ottobre 2020
C’è una parola, che forse non avete mai sentita, molto importante nella teologia e nelle catechesi dei Padri della Chiesa. Più si va indietro nel tempo più ci si avvicina alla sorgente che è il Nuovo Testamento, che sono gli apostoli, la Chiesa degli inizi. Questa parola è stata tradotta e viene espressa con sinonimi: relazione, rapporto, unità. Però la parola greca è molto più suggestiva: pericoresi, cioè “danza”. Dio è “pericoresi”, cioè unità di tre Persone uguali e distinte. Le tre Divine Persone danzano – la danza è movimento, esprime gioia, coinvolge tutto l’essere – l’una dentro l’altra, l’una con l’altra, l’una per l’altra, al punto da essere una cosa sola: Dio Trinità d’amore. Provenendo dalla tradizione politeista romana e greca, siamo sempre stati prudenti nel parlare della Trinità. Ci hanno insegnato il segno della Croce: Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo, ma non siamo stati educati ad un rapporto differenziato con le tre Divine Persone. Le tre Divine Persone sono così unite, così “amanti” l’una dell’altra, che non facciamo torto a nessuna delle tre se ci rivolgiamo a volte a una e a volte all’altra. Le tre Divine Persone, proprio perché la danza è esuberante, infinita, straripante, decidono di creare: tutt’e tre le Divine Persone creano. Quando l’uomo si perde, le tre Divine Persone inviano il Verbo. Il Verbo viene in mezzo a noi a prenderci per mano affinché entriamo anche noi nella danza con “i Tre”. Gesù è missionario perché mandato dal Padre e dallo Spirito per venire ad ingaggiarci in questa danza, nella pericoresi. La vita cristiana è questa. Poi Gesù manda lo Spirito. Noi, adesso, siamo nel tempo dello Spirito, che è anche tempo di Gesù, che è anche tempo del Padre.
Come vorrei una Diocesi tutta missionaria! Guardando e contemplando questa nostra vocazione, dobbiamo essere affascinanti, gioiosi, nonostante i dispiaceri, e invitare chi ci sta attorno a questa danza.
Per fare una Diocesi missionaria bisogna che ognuno sia missionario. Per cominciare, sarete missionari se la prossima volta che fate la Comunione presentate a Gesù il grappolo di persone che volete introdurre nella danza, un grappolo di persone da coltivare nel cuore, per cui pregare, a cui stare vicini con un messaggio, un sorriso, una telefonata, una parola buona. Santa Teresa di Lisieux ha preso in cura varie persone. Uno era un condannato alla ghigliottina: ha dato la vita perché si convertisse. Così ha sostenuto un seminarista e un missionario. Teresa, ancor giovanissima, si ammalò di tubercolosi. A volte la malattia le rendeva difficile anche salire i gradini. Allora, ogni passo lo trasformava in un atto di coraggio e di amore per il cammino di quel missionario.
Decidete voi chi è il vostro grappolo, ma non troppo grande!