Omelia nella Giornata Nazionale per la Custodia del Creato
Valdragone (RSM), Santuario del Cuore Immacolato di Maria, 1° settembre 2020
Rom 8,19-22
Sal 144,1-13
Lc 12,22-31
«Ti lodino, Signore, tutte le tue opere».
Anche noi siamo opera sua.
Da questa sera vorremmo imparare ad avere uno sguardo contemplativo sul creato. Vederlo nel suo insieme, come opera di Dio, e vedere noi chiamati ad una vocazione straordinaria: «Essere suoi collaboratori per custodire il creato».
Nella Prima Lettura c’è un avvio molto realistico: il cosmo è sottoposto alla caducità, «geme e soffre», ma è il gemito ed è la sofferenza di un parto, in prospettiva di futuro, di vita. Nel Vangelo Gesù, dopo aver parlato delle ricchezze, insegna ad avere fiducia in Dio: «Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete, né per il vostro corpo, come lo vestirete». I discepoli, o chi si ritiene tale, devono sperare nella Provvidenza? Certamente, ma senza identificarla in una polizza assicurativa. Se la natura si chiama Provvidenza, la società deve chiamarsi Previdenza. Provvidenza che è, ma che deve essere Previdenza. Il Signore sovviene alle nostre necessità con cuore di Padre, ma anche con libertà, secondo il suo disegno su di noi, non secondo il nostro disegno su di Lui. L’invito a guardare i corvi che «non seminano, non mietono, non hanno dispensa né granaio» o i gigli che «non faticano e non tessono» non costituisce affatto una concessione alla pigrizia o al parassitismo. «Perché vi affannate?», insiste Gesù. Vuol dirci di stare in guardia non dal lavoro, ma dall’esasperare la preoccupazione fino al punto di farne un’inquietudine che toglie il sonno. «Non state con l’animo in ansia – ribadisce Gesù –, il Padre sa bene ciò di cui avete bisogno e proprio per questo vi ha dato capacità, intelligenza, forza per provvedere al necessario, per darvi da fare, ma con serena fiducia, senza – questo lo aggiungo io – annoiarlo con richieste fantasiose». Se c’è una cosa che ci deve preoccupare è cercare il Regno di Dio, cioè vivere gli insegnamenti che Gesù ci dà; le altre cose ci saranno date in aggiunta, con abbondanza, a tempo debito. Gesù conclude rassicurando il piccolo gregge, siamo noi, che il Regno lo si può trovare, non è una chimera, perché – conclude – «al Padre piace darvi il suo Regno».
Non è estraneo a questa pagina di Vangelo il tema della sostenibilità. Lo ribadisce la Dottrina Sociale Cristiana, quando prende in considerazione non solo la crescita economica, ma anche tutte le componenti che consentono l’elevazione integrale di ogni essere umano: spiritualità, etica, alfabetizzazione, informazione, ecc.
Ma che cos’è la sostenibilità? Forse per qualcuno di noi è un sostantivo nuovo. La sostenibilità è l’attenzione all’impatto sociale e ambientale da parte del mondo dell’economia. Il mondo dell’economia non può avere la pretesa di essere assoluto. La sostenibilità può essere intesa secondo diverse prospettive:
- Sostenibilità come attenzione all’ambiente. Possiamo sostenere, appoggiare, incoraggiare, lavorare per una economia che abbia attenzione a ridurre l’impiego di materie prime nei processi produttivi, che incentivi l’utilizzo di fonti rinnovabili, che ottimizzi i consumi (fare di più con meno).
- Sostenibilità come attenzione al sociale, che prevede l’accrescimento del grado di benessere dei dipendenti e, di conseguenza, della produttività aziendale, che dedichi attenzione alla salute e alla sicurezza dei dipendenti, che favorisca la conciliazione tra le esigenze lavorative e gli impegni di famiglia, la formazione permanente e gli incentivi non monetari (come accordi con catene di distribuzione per bonus sui beni di prima necessità, convenzione con centri medici, assistenza sociale, flessibilità oraria nel lavoro).
- Sostenibilità come controllo sui fornitori. È necessario un monitoraggio stretto, costante, sulle catene di forniture. La sensibilità dei consumatori – comperare è sempre un atto morale, oltre che un atto economico – sta cambiando in modo significativo. Un’azienda poco sostenibile potrebbe non avere mercato e dunque futuro. Può accadere, purtroppo accade, che la dichiarata sostenibilità – le cosiddette “economie green” – non sia altro che una carta giocata ai fini dell’immagine dell’azienda.
Questa sera, celebrando la 15° Giornata Nazionale per la Custodia del Creato, ci viene rivolto un appello, le cui parole sono prese dalla Lettera di San Paolo Apostolo a Tito: «Vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà» (Tt2,12). «Vivere in questo mondo» la Dottrina Sociale Cristiana non è altra cosa rispetto alla spiritualità. So che qualche cattolico è a disagio quando il Papa parla di conversione ecologica, di attenzione al creato, quando dedica ben due Lettere in cinque anni a questi temi. Qualcuno si chiede che cosa c’entra questo con la teologia e con la spiritualità. C’entra moltissimo, riguarda noi, custodi del creato. I grandi cambiamenti – questo è il messaggio – ci sono se cambiamo il nostro personale atteggiamento. «Vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà», cioè maturare stili di vita conformi alla volontà del Signore e di conversione. La Chiesa ci fa leggere questo testo nella Messa della mezzanotte di Natale. Anche questo è significativo. E in questo testo san Paolo non esprime di per sé una critica alla società del suo tempo, non entra nei dettagli, ma si preoccupa – e ci preoccupiamo anche noi – che ciascuno manifesti con la propria vita la novità dell’amore cristiano: «Vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà». Così sia.