Omelia nella XVI domenica del Tempo Ordinario
Passo della Mendola (TN), 19 luglio 2020
Sap 12,13.16-19
Sal 85
Rm 8,26-27
Mt 13,24-43
Buon grano tra cattive erbe, minuscoli grani di senape fra le zolle e un pizzico di lievito nella farina: immagini che Gesù somministra per curare la nostra impazienza e la nostra sfiducia. Ognuno provi a pensare a quando gli accade di perdere la speranza, di essere scontento, di sentirsi frustrato per gli scarsi risultati. Ecco, il Vangelo può dare risposte. Gesù, attraverso la parabola del buon grano e della zizzania, ha voluto anzitutto confidarci che lui sa stare nella complessità, anche nella complessità più complessa che è quella dei rapporti. Può darsi che Gesù, nel raccontare questa parabola, abbia tratto ispirazione da fatti di cronaca di campagna, magari invidie fra agricoltori, ma più verosimilmente Gesù si ispira a quella insoddisfazione che i suoi discepoli gli manifestano. È vero, nel cuore degli uomini da sempre convivono l’aspirazione alla bellezza e dall’altra la mediocrità. Da una parte il desiderio di bontà e dall’altra esplodono bolle di odio, oppure desideri di pace da un lato e guerriglie dall’altro. Il cuore umano è fatto così.
Gesù parla della piccola realtà nascosta che è il Regno… in realtà è Lui stesso, che si è calato in questa umanità: un uomo fra miliardi e miliardi di esseri umani. Gesù ha accettato di entrare nella vicenda della storia: non la teme, siede a mensa con i peccatori ed è disposto anche a cammini di croce. La parabola del buon grano e della zizzania sta a rivelarci questo. Gesù vuole così i suoi discepoli.
Siamo nel punto focale della parabola; a confronto, più che due persone, sono due modi di pensare: da una parte il modo di pensare di Gesù, che vuole che il bene cresca nonostante il male, anzi vuole che l’amore, crescendo, soffochi il male che ha attorno; dall’altra il modo di pensare dei servi, i quali vorrebbero fare piazza pulita di tutto ciò che non va… In fondo è l’atteggiamento di quei discepoli che, impazienti, si aspettavano di vedere il Regno di Dio esplodere in tutta la sua bellezza subito, immediatamente, mentre invece è un instaurarsi paziente, lento, attraverso tante prove. Questo fa pensare a tanti nostri atteggiamenti, come quando siamo delusi dall’irrilevanza che può avere la presenza cristiana nel mondo, o quando constatiamo tanti insuccessi. Gesù ci chiede di avere la mentalità del lievito, la mentalità del piccolo seme. Gesù sembra dire: «Abbi pazienza, lascia crescere, impara ad attendere e poi vedrai il campo pieno di una messe risplendente». Allora camminiamo con pazienza nella fiducia del Regno di Dio che avanza.