25 maggio – Fuoco
Mattia è l’apostolo che ha preso il dodicesimo posto nel gruppo, il posto lasciato libero da Giuda Iscariota. È la prima volta nella Chiesa che viene conferito il ministero ad un uomo sulla base dei requisiti che dimostra e che fanno prudentemente presumere ad un’autentica elezione divina. Tutto è successo nei giorni immediatamente precedenti la Pentecoste: Mattia viene ordinato apostolo perché è ritenuto un uomo giusto ed affidabile, perché ha seguito Gesù fin dall’inizio ed è un testimone della risurrezione. Per questi segni di vocazione, unanimemente riconosciuti, Mattia viene proposto e poi sorteggiato. Mattia ci parla di un altro simbolo dello Spirito Santo: il fuoco. Dicono gli Atti degli Apostoli che, durante la Pentecoste, si posarono come delle «lingue di fuoco» su Maria e su ciascun apostolo.
«Muovevo i primi passi alla sequela di Gesù – ci dice Mattia – quando udii Giovanni Battista annunciare: “Io vi battezzo con acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me, cioè il Messia, è più potente di me e io non sono degno neppure di sciogliere i legacci dei suoi sandali; ebbene, lui vi battezzerà in Spirito Santo e Fuoco”». «Fin da allora – dice Mattia – collegavo la realtà dello Spirito con il fuoco.
Il fuoco è una realtà che brucia quello che deve essere purificato e lascia intatto ciò che gli resiste, come i metalli preziosi: l’oro, l’argento, ad esempio. Noi, nel cenacolo – continua Mattia – abbiamo sperimentato il legame tra Spirito e Fuoco. Quelle lingue su di noi avevano veramente l’aspetto del fuoco! Ci è parso che quel Fuoco, senza dividersi nella sostanza, fosse tutto in tutti. La stessa presenza ha cominciato ad ardere in ciascuno, nel mio cuore, nel cuore di Pietro, di Giovanni, di Andrea, in tutti… Il Fuoco è un segno della comunione visibile che lo Spirito genera tra noi. Lo stesso Fuoco, nello stesso istante, nelle persone riunite insieme nel cenacolo.
L’apparire del Fuoco in forma di lingue ci spinge a parlare. I primi a sorprendersi della franchezza e della scioltezza delle nostre lingue siamo proprio noi. È un parlare non comune, quasi estatico, un parlare che non viene da noi». «Noi siamo plebei illetterati – ammette Mattia – ma parliamo con una forza che viene da altrove. La stessa che dà forma e contenuto alle nostre parole. Il fuoco indica l’amore; le lingue, il coraggio e la libertà nella testimonianza». Dobbiamo ringraziare Mattia per questo tassello che ci offre per completare il mosaico che ci dispiega chi è lo Spirito Santo.
Facciamo eco a quanto ci ha detto Mattia, ricordando i sette doni che lo Spirito Santo mette in ciascuno di noi, lingue dell’unico Fuoco effuso nei cuori. Parliamo di sette doni, ma il dono è unico: l’Amore, che pur si posa su di noi in maniera settiforme. Ecco i sette doni.
Sapienza: l’amore che dà sapore ad ogni tratto e ad ogni momento della nostra vita.
Intelletto: l’amore che aiuta a leggere in profondità ciò che accade nelle nostre relazioni con Dio e con gli altri.
Consiglio: l’amore che ci suggerisce decisioni e soluzioni più giuste e convenienti.
Scienza: l’amore che sorregge la fatica dell’apprendere e ci sorregge nel cammino verso la verità.
Fortezza: l’amore che rende decisi quando c’è da lottare e pazienti quando c’è da soffrire.
Pietà: l’amore che suggerisce parole e gesti migliori per esprimere i sentimenti verso Dio nella preghiera e verso gli altri nella carità.
Timor di Dio: l’amore che custodisce e difende l’amicizia con il Signore, come le palpebre con la pupilla. Il timore non è la paura di Dio. Al contrario, è l’amore che scaccia ogni paura.
Nel definire i sette doni la prima parola è sempre: amore!
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Per la giornata di domani proponiamoci di essere testimoni coraggiosi di Gesù, quando è necessario anche con le parole. Continuiamo il gioco del “prediletto” della Madonna nella nostra famiglia.