Omelia nella Domenica delle Palme
Pennabilli (RN), Cattedrale, 5 aprile 2020
Is 50,4-7
Sal 21
Fil 2,6-11
Mt 26,14- 27,66
«Andate in città da un tale e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”» (Mt 26,18).
La lettura della Passione secondo Matteo comincia proprio così: «Farò la Pasqua da te». È il desiderio di Gesù: fare la Pasqua con ciascuno di noi.
Signore, tu vedi questa cattedrale assolutamente vuota e chiusa a causa della prepotenza di un virus finora sconosciuto. Come possiamo accoglierti in modo conveniente? Questa parola rivolta a «quel tale» è per ognuno di noi: «Signore, tu vedi il cuore afflitto, provato, che fatica a riaversi da settimane di ansia, di chiusure, di diffidenze e non sa fino a quando…».
Ci stai dando una lezione: ci chiedi di guardare a te, di uscire dai nostri ripiegamenti, di guardare alla tua Passione e al dono che hai fatto di te stesso sulla croce e, con questo sguardo e in questo sguardo, vedere e abbracciare il dolore, la passione, di tante sorelle e di tanti fratelli. Comprendiamo – adesso più ancora e sulla nostra pelle – che la famiglia umana è profondamente una, interdipendente, relazionale, spiritualmente, biologicamente, economicamente, culturalmente; contiene in sé, come suo DNA, la fraternità, che è dono e compito. Ci riceviamo come fratelli e abbiamo il compito di vivere la fraternità. Ce lo ricordava papa Francesco nel momento straordinario di preghiera in tempo di epidemia del 27 marzo scorso: «Con la tempesta è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli». Allora anche il nostro sguardo, Signore, si estenda su tutto l’orizzonte, abbracci il tuo progetto, «ut omnes unum sint» (Gv 17,21) e che la tua Chiesa allarghi davvero la sua tenda, come ci sta quotidianamente ricordando papa Francesco. Tu dici, Signore: «Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno mi apre io verrò da lui, cenerò con lui e lui con me» (Ap 3,20). Veniamo da una Quaresima di digiuno dalla Santa Eucaristia. Ne abbiamo nostalgia, soffriamo dell’assenza di quel pane necessario per il cammino, soprattutto per questo cammino difficile. Ci fai capire, a dispetto del modo a volte superficiale e scontato di nutrircene, quanto questo pane sia prezioso e indispensabile. A volte ci chiediamo se questa circostanza non costituisca una purificazione e non ci unisca di più ai cristiani costretti alla lontananza dai Santi Misteri. In questi giorni abbiamo preso coscienza di altre forme della tua presenza. Il «due o più» nella comunità ecclesiale, nella famiglia, soprattutto in questi giorni. «Dove due o più sono uniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18,20). E poi la tua presenza nel fratello: «L’avete fatto a me» (Mt 25,40). Anche un bicchier d’acqua fresca non perde il suo significato. Inoltre, ci insegni ad adorare Dio «in spirito e verità»: aprire la sua Parola, leggerla insieme, portarla nel cuore e farne il riferimento per i nostri rapporti reciproci.
Tu, Signore, vuoi “fare Pasqua” ardentemente con noi: «Desiderio desideravi hoc Pascha manducare vobiscum» (Lc 22,15).
Ecco, nell’Eucaristia, svelato il significato della tua Passione. La cena che tu prepari per i tuoi discepoli è la chiave per capire l’intera tua vita, prossimità totale con noi fino al dono della vita: «Avendo amato i suoi, li amò sino alla fine» (Gv 13,1).
Nella tua Passione ci insegni – lezione indispensabile per questi giorni – la piena fiducia nel Padre, mai venuta meno perfino nel momento terribile della percezione della sua assenza. «Con forti grida e lacrime» (Ebr 5,7) hai pregato e sei stato esaudito. Intendiamoci: l’esaudimento fu il saper vivere da figlio e da fratello, per noi, la tua Passione. Così ridici a ciascuno di noi, anche oggi, «guarda se in me vedi altro che amore» (Angela da Foligno, Memoriale, IV, 193).