Omelia nella III domenica di Quaresima
Domagnano (RSM), Cappella delle Suore Maestre Pie, 15 marzo 2020
Es 17,3-7
Sal 94
Rm 5,1-2.5-8
Gv 4,5-42
Abbiamo udito la domanda degli Ebrei spaventati nel momento del loro Esodo: «Ma il Signore è in mezzo a noi sì o no?». Certo, il Signore è in mezzo a noi! Gesù ci fa dono della sua compagnia. Nel brano evangelico della Samaritana, Gesù si autorivela come Messia, e lo fa nel luogo più impensato, nel luogo meno sacrale, il muretto di un pozzo. Lì Gesù incontra una donna. Questo incontro ci sorprende anche per l’ora, è mezzogiorno; gli apostoli sono andati a fare compere nel villaggio. Gesù si presenta alla donna in modo semplice, umano, disarmante: «Ha sete». Evidentemente è anche affamato, ma soprattutto stanco. La donna ci appare subito con la sua personalità vivace, capace di reagire, intraprendente; nota subito la diversità fra lei e Gesù. Gesù è un giudeo, lei una samaritana, ma non ha difficoltà a stare con lui. È orgogliosa della sua religiosità, ma è disposta a dialogare con Gesù. Quando il dialogo si fa più serrato è abile a sviare, perché Gesù la vuole incontrare “cuore a cuore”, vuole la sua disponibilità profonda, mentre la donna svicola ponendo questioni di procedure: «È qui che si deve adorare oppure bisogna adorare a Gerusalemme?». Il fulcro di questa pagina ricchissima, con tanti aspetti che andrebbero approfonditi, è la domanda di Gesù: «Dammi da bere». Con questa espressione Gesù sembra abbattere “storici steccati”. Ad esempio, lo steccato della razza: i samaritani erano giudicati di razza inferiore, spuria, perché risultati dalla mescolanza di sangue ebreo con quello dei coloni pagani importati al tempo della caduta di Samaria (il tempo del primo esilio). Poi, lo steccato di religione: i giudei avevano scomunicato i samaritani, perché avevano costruito nel loro territorio un tempio alternativo a quello di Gerusalemme. Lo steccato del sesso: un giudeo preoccupato dell’etichetta non poteva parlare fuori casa con una donna, nemmeno con sua moglie. Lo steccato del diritto: dicevano i rabbini che chi accettava cibo dai samaritani era peggio di chi mangiava carne di maiale. Gesù, che è seduto sul muretto, abbatte uno dopo l’altro tutti questi muri storici. Si apre il primo spiraglio all’universalità della salvezza: l’acqua viva che è Gesù è destinata a tutti. Tutti sono destinati alla sorgente che è il Messia! Ciò che conta è credere in Gesù, nella sua Parola, nella sua proposta. C’è un progressivo manifestarsi da parte di Gesù e in ugual modo c’è un cammino che fa il credente, di cui è paradigma quello che pian piano percorre la Samaritana. Ecco i passi successivi. La chiusura, quando dice: «Tu che sei giudeo chiedi da bere a me che sono samaritana?». Poi, il dubbio: «Da dove prendi quest’acqua?». Dopo il dubbio, l’apertura, seppure con qualche fraintendimento: «Signore, dammi di quest’acqua così non vengo più ad attingere». La meraviglia: «Vedo che sei un profeta». La fede incerta: «Non sarà per caso che tu sei il Messia?» e finalmente la piena confessione che viene affidata ai samaritani: «Prima siamo rimasti persuasi dal tuo racconto – dicono con la donna – ma adesso crediamo perché noi l’abbiamo incontrato». Di fronte all’enigma di Gesù, la sola natura, le nostre poche risorse, sono incapaci di scorgere in lui la vera identità. Solo l’incontro personale con Gesù, con il cuore aperto allo Spirito, può segnare una vera rinascita, una piena adesione di fede.
È bello anche sottolineare: Gesù chiede per potersi donare. Questo accadrà anche sulla croce, quando Gesù dirà: «Ho sete». Nella passione che lo bruciava di febbre aveva sete dell’ “acqua” della nostra fede, della nostra amicizia, del nostro amore.
Concludo lasciandovi tre immagini che possono suggerirci tante cose durante la settimana: l’immagine dell’anfora, l’immagine del pozzo e l’immagine della sorgente. Tre passaggi diversi. L’anfora, ad un certo punto, viene abbandonata, dimenticata; non c’è più bisogno di andare ad attingere chissà dove. Il pozzo rimane lì; è utile, raccoglie (pensate a quello che sono le Sacre Scritture, i nostri riti, le testimonianze dei santi, ecc.). Ma quello che resta è la sorgente, sempre zampillante, sempre fresca, sempre nuova. È l’acqua viva che Gesù mette in noi, perché a nostra volta diventiamo portatori di acqua viva. Un giorno – un giorno di festa grande – Gesù esclamerà ad alta voce, tra la meraviglia dei presenti: «Chi ha sete venga a me e beva chi crede in me; come dice la Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno» (Gv 7,37-38). Un cristiano con il suo esempio, con il suo amore, con il suo spirito di servizio è sorgente di acqua viva, per la sete di tutti, sete soprattutto di speranza. «Voi farete cose più grandi delle mie!» (cfr. Gv 14,12). Così sia.