Omelia nella II domenica di Quaresima

Domagnano (RSM), Cappella delle Maestre Pie, 8 marzo 2020

Gen 12,1-4
Sal 32
2Tm 1,8-10
Mt 17,1-9

Confesso di fare molta fatica a parlare senza pubblico: l’omelia la fa il Santo Popolo di Dio! Ma attraverso la San Marino RTV posso raggiungere fratelli e sorelle non qui fisicamente.
C’è una frase che dobbiamo portare nel cuore nella settimana che abbiamo davanti: «Alzatevi e siate senza paura». È la parola che Gesù dice ai discepoli spaventati di fronte alla Trasfigurazione.
Per andare in profondità nella meditazione di questo brano è bene dare qualche riferimento strutturale. Il racconto della Trasfigurazione segue immediatamente la pagina in cui Pietro fa una solenne professione di fede: «Tu sei il Messia, il Figlio di Dio» (Mt 16,16).
Il racconto della Trasfigurazione sta fra due annunci della Passione: non si può isolare la Trasfigurazione da quello che viene prima e dopo (Mt 16,21-23; 17,22-23). Gesù annuncia la sua sofferenza e l’umiliazione della croce. Un commentatore esordisce così nella sua riflessione sul Vangelo di oggi: «La Quaresima ci sorprende. La subiamo come un tempo penitenziale, di rinunce, di sacrifici, e invece oggi ci spiazza con questo Vangelo pieno di luce e di sole, che mette energia, dona ali alla nostra speranza… Dal deserto di pietre e di sabbia – la I domenica di Quaresima – siamo portati al monte della luce. Da polvere e cenere a volti vestiti di sole e di luce» (Ermes Ronchi).
Queste parole aiutano tutti noi ad avere coraggio: il deserto non vincerà! Ce la faremo.
I particolari del testo confermano ciò che andiamo dicendo. Tutti siamo invitati, insieme ai tre discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni, a salire sul monte Tabor, un alto monte. Il motivo del monte ritorna nel Vangelo di Matteo: luogo di una tentazione nel deserto; luogo dell’invio missionario dopo la risurrezione.
In verità, la salita su questo monte sa molto di “ritirata strategica” da parte di Gesù. Avviene, infatti, nel settimo giorno dei grandi festeggiamenti per la “ricorrenza delle tende” (festa nella quale si faceva memoria dell’esodo). Per questo Pietro propone di fare «tre tende». Gesù si rifugia sul monte perché non vuole essere coinvolto nelle attese di un messianismo politico… Non vuole che la gente si sbagli sul suo conto.
Sul monte, luogo della Trasfigurazione, la gloria di Dio avvolge Gesù, anzi prende forma in Gesù. Accanto a lui ci sono due “avventurieri della montagna”, personaggi che hanno avuto famigliarità con i monti: Mosè ed Elia. Nelle loro esperienze di incontro con Dio la Bibbia racconta che, sul monte, ci furono il vento gagliardo, i lampi e i tuoni oppure una brezza leggera, ma sul monte della Trasfigurazione non c’è nulla di tutto questo; c’è una “voce”, la voce del Padre che dice: «Questi è mio figlio… Ascoltatelo». Pietro, nella sua generosità, si sbaglia volendo fare tre tende. Gesù non è alla pari di Elia e di Mosè! Tant’è vero che il brano si conclude con una sorta di zoomata su «Gesù solo». E il timore violento che lascia scioccati i discepoli è dovuto proprio a questa solitudine di Gesù.
Mi piace concludere pensando a come Gesù si manifesta come consolatore della loro paura. Li tocca con tenerezza e dice: «Non abbiate paura, alzatevi». Non abbiate più paura. Se “la voce” proclamò: «Ecco il mio figlio», Pilato un giorno dirà: «Ecco, l’uomo!» L’uomo del Tabor è lo stesso uomo del Calvario. Oggi lo contempliamo radioso e pieno di luce, domani sarà coperto di sangue, torturato, messo a morte. Accade anche nella nostra vita di avere familiarità – e a volte più spesso – col Calvario che col Tabor. Ma non dobbiamo dimenticare che croce e tomba vuota, cioè risurrezione, sono nello stesso giardino.
Vi lascio un’altra sottolineatura. La Trasfigurazione accade mentre Gesù sale a Gerusalemme. Egli sa quello che gli sta per accadere: la tortura, il processo, la crocifissione… Ed è proprio – scusate la scorrettezza grammaticale – “in quel mentre” che Gesù è trasfigurato. Vale anche per noi: in Gesù risorto che trasforma la nostra vita, dobbiamo saper vedere luce anche nei momenti di buio, salvezza nei momenti di prova, il positivo che affiora sul negativo. Non per le nostre risorse personali, ma perché il Signore si fa presente accanto a noi in ogni situazione. Avviene come quando, schiacciato il guscio durissimo di una noce, gustiamo il frutto saporito. Proviamo a vedere in ogni situazione, in ogni luogo in cui siamo chiamati, la luce della Trasfigurazione del Signore. Anche dove ci sembra di non essere adeguati o dove vorremmo vedere condizioni diverse: la luce brilla proprio lì.
Ricordate lo scenario dell’incontro di Giacobbe con Dio? Giacobbe era in fuga da suo fratello Esaù. Dopo il lungo inseguimento, Giacobbe trovò un riparo, posò il capo su una pietra come su un guanciale e sognò la scala che «poggiava sulla terra mentre la sua cima raggiungeva il cielo». E udì parole piene di benedizioni e di promesse. Non poté che esclamare: «Il Signore era qui e io non lo sapevo». Giacobbe cambierà nome a quel luogo: «Non più Luz, ma Betel (casa di Dio)» (cfr. Gen 28,10-19). Buona settimana!