Omelia XXIV domenica del Tempo Ordinario
Pietramaura, 15 settembre 2019
(da registrazione)
Es 32,7-11.13-14
Sal 50
1Tm 1,12-17
Lc 15,1-32
C’è tutta una Diocesi, la nostra, che non è soltanto in afflizione per il ridimensionamento delle forze, ma accoglie con tanta gioia e con un senso di novità il grande annuncio: «Il Signore ci ama immensamente, è vivo, è accanto a noi per aiutarci». Queste parole sono il kerygma, l’annuncio iniziale. L’anno scorso ne abbiamo parlato molto in Diocesi; lo abbiamo paragonato al Big Bang dell’inizio del cosmo. Il Big Bang della nostra fede è proprio questo: Gesù è risorto ed è la prova che Dio ci ama immensamente. Un fatto che recupera la nostra vita.
Quest’anno dobbiamo fare un passaggio ulteriore. Il kerygma non è una frase sparata nel cielo delle nostre anime, ma è una realtà. Dov’è che la possiamo toccare, accarezzare? Nel santo Battesimo. Per la stragrande maggioranza di noi il Battesimo è un ricordo lontanissimo; magari ne è rimasta solo una fotografia ingiallita o una catenina; qualcuno ricorda il padrino o la madrina, e il prete che l’ha battezzato. Nei registri della parrocchia sono riportati i nomi dell’anagrafe ecclesiastica, ma per molti non è nulla di più. Quest’anno dobbiamo impegnarci al massimo per recuperare la bellezza, la vitalità del Battesimo che è in noi, come un germe che deve crescere, svilupparsi.
Qual è la prima verità del Battesimo? Il Battesimo fa diventare figli di Dio. Tutte le religioni dicono che gli uomini sono figli di Dio, perché Dio è il creatore e noi siamo la sua creatura. Noi cristiani parliamo di adozione filiale, dove il termine adozione è ancora povero, pallido, perché dà l’idea di qualcosa di giuridico: abbiamo deciso che tu, nonostante sia nato da altri, d’ora in poi sia figlio di questa coppia. L’adozione filiale, invece, è la nostra partecipazione alla vita di Dio; dunque, una cosa grandiosa.
Durante quest’anno penseremo spesso che siamo diventati figli nel Figlio. Questa formula vuol dire che, quando Dio Padre vede ciascuno di noi, vede Gesù. Questo è vero anche in senso alternato. Quando il Padre abbraccia il Figlio Gesù, in Gesù vede ciascuno di noi. Questo vale per tutti.
Tutto il cap. 15 del Vangelo di Luca è una fotografia che Gesù ha fatto del Padre, il Padre misericordioso che guarda da lontano che il figlio ritorni. Il figlio torna, non per amore ma per fame. Al padre basta un incipiente atto di amore. Se il figlio cammina, il padre corre. Se il figlio muove i primi passi verso, il padre è già lì. Allora è festa.
Gesù dice: «C’è più gioia in cielo per un peccatore che si converte di novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione». Pensate, noi portiamo gioia al paradiso; sarebbe come dire che portiamo luce al sole, una contraddizione in termini.
Viviamo questa settimana pregustando la bellezza del Battesimo, che è la vocazione ad essere figli nel Figlio. Domenica prossima gli operatori pastorali, i catechisti, gli insegnanti di religione, i volontari Caritas, tutti i cristiani, sono invitati in Cattedrale a Pennabilli alle ore 16 per la Giornata del Mandato. Il Vescovo conferisce l’incarico a tutti, assicurando loro che li accompagna la grazia del Signore. In quel contesto verrà annunciato e spiegato il Programma pastorale per il nuovo anno. Noi cerchiamo di correre, ma non come uno che non ha meta (cfr. 1Cor 9,26). La meta l’abbiamo. Quest’anno è riappropriarci del nostro Battesimo. Così sia.