Omelia in occasione della celebrazione eucaristica per la Giornata per la Custodia del Creato

Lago di Soanne, 1° settembre 2019

Sir 3,19-21.30-31
Sal 104
Eb 12,18-19.22-24
Lc 14,1.7-14

Consentitemi di partire dall’immagine del manifesto per la Giornata della Custodia del Creato. Un manifesto è come una finestra.
La prima cosa che noto è il titolo: “XIV Giornata per la Custodia del Creato”. Mi pare di sentire già il sussurro di qualche mio collega che ritiene che la celebrazione di queste “giornate” interferisca con la Pasqua settimanale che è la domenica, con la Santa Liturgia. Altri, invece, obiettano: «A che serve una sola giornata?». È vero: una giornata non basta, ma è un segno, una proposta educativa, un invito, un piccolo seme. Credo che in questi anni si siano fatti vari passi. Ne hanno fatti i più giovani con l’educazione dei loro insegnanti e delle istituzioni. Anche noi adulti abbiamo fatto dei passi, attraverso gesti talvolta semplici, domestici, ma che segnano uno stile di vita più attento. È cresciuta, in questo tempo, anche la sensibilità in termini culturali. Il Papa – è stato citato più volte negli interventi di questa mattina – ha parlato di ecologia integrale, come paradigma di giustizia, nell’enciclica Laudato si’ che, tra tutti i documenti da lui scritti, ha suscitato tanti consensi ma anche qualche scontro. Poi, la politica ha intercettato le sensibilità e i messaggi, che sono stati resi urgenti attraverso documentari, inchieste, relazioni scientifiche. L’opinione pubblica e la politica, dunque, si mobilitano, ma lo scontro è con i poteri forti dell’economia, degli interessi delle grandi multinazionali. Ecco, allora, la nostra voce, la nostra preghiera, la nostra disponibilità educativa, insieme al proposito –che ciascuno di noi questa mattina fa – di essere più attenti ad uno stile di vita rispettoso. Detto con parole nostre, ma comprensibili a tutti: una vera conversione ecologica.
Se abbiamo paragonato il manifesto ad una finestra spalancata sul “di fuori”, è anche vero che la finestra porta dentro quello che è fuori. Come è già stato detto, la Chiesa italiana propone ad ogni comunità l’accoglienza di un messaggio per la Custodia del Creato, come detto dal Salmo: «Il giorno al giorno ne affida il messaggio e la notte alla notte ne trasmette notizia» (Sal 18,3); quindi, di parrocchia in parrocchia, di comunità in comunità si prolunga questa Giornata, arrivata alla sua XIV edizione.
Con caratteri più piccoli, ma ben visibili, nel manifesto si trova il mittente concreto che si è fatto carico di promuovere e organizzare l’iniziativa qui, presso il lago di Soanne, in questa splendida cornice naturale nel cuore del Montefeltro, con questa celebrazione a carattere diocesano, alla presenza delle istituzioni: gli amici dell’Ufficio diocesano di Pastorale Sociale.
Al centro del manifesto scorgiamo il tema della Giornata nei due versanti: la preziosità e la fragilità della biodiversità del nostro pianeta – ahimè minacciata da forme di sviluppo basate sullo sfruttamento – e lo sguardo contemplativo sul grande miracolo della vita che si è evoluta in molteplici forme e varietà; una meraviglia che riempie di gratitudine e trova corrispondenza nelle parole del Salmo che prendiamo come motivo di vita: «Quanto sono grandi, Signore, le tue opere! Tutto hai fatto con saggezza, la terra è piena delle tue creature» (Sal 104,24).
Il manifesto mostra visibilmente la cura concreta – direi domestica –, dei prodotti della terra: favi, semi, frutti, che sono raccolti in piccoli vasi di vetro, chiusi con cura, la stessa che ognuno di noi ha o potrebbe avere a casa sua. È anche un’allusione contestativa alle sterminate monocolture che mortificano le infinite possibilità della terra. Papa Francesco nella Laudato si’ ha impresso uno slancio decisivo al tema della custodia del creato: un grido, accolto con favore non solo dai credenti, ma da istituzioni e centri di opinione. Non sono mancate le critiche, come dicevo, laddove il Papa denuncia gli sfruttamenti e gli inesorabili meccanismi del profitto ad ogni costo.
Le prossime settimane si terrà a Roma uno straordinario Sinodo – la riunione dei Vescovi (ogni episcopato manderà i suoi rappresentanti) – dedicato all’Amazzonia. Non è il Sinodo dell’Amazzonia, ma un Sinodo di tutta la Chiesa per l’umanità, che fa una riflessione sul grande “polmone” del pianeta che è l’Amazzonia.
Ci sono parole che Papa Francesco non ha avuto timore di sdoganare: le parole creatore, creazione, creature. Permettete che indugi un attimo sui concetti che stanno dietro queste parole fondamentali per la nostra fede. Inizio con un bellissimo testo di Blaise Pascal, rivolto a ciascuno di noi. Nella creazione la creatura più delicata, più fragile, più complessa – in un certo senso più bella – è l’uomo. Sentite cosa scrive Pascal: «Quando considero la breve durata della mia vita, assorbita dall’eternità che la precede e da quella che la segue («memoria hospitis unius diei praetereuntis»), il piccolo spazio che occupo e che vedo, inabissato nell’infinita immensità di spazi che ignoro e che mi ignorano, mi spavento e mi stupisco di vedermi qui piuttosto che là, perché non c’è motivo che sia qui piuttosto che là, ora piuttosto che un tempo. Chi mi ci ha messo? Per ordine e volontà di chi questo luogo e questo tempo sono stati destinati a me?» (Blaise Pascal, Pensieri, n. 205, 1994). La verità della creazione risponde ad una triplice serie di domande: «Che cosa sta all’origine del mio esserci? Il caso? Esisto per caso? È stato per una pura e semplice casualità se io esisto? La necessità è per un inspiegabile ed impersonale destino che io esisto?». «Che cosa sta alla fine del mio esserci, il niente? Sono destinato a finire interamente, a morire tutto?». «Che senso ha la vita che vivo fra l’origine e la fine?».
La domanda più radicale è la prima. Dal modo con cui rispondo alla domanda dipende in misura intera il modo con cui rispondo a tutte le altre. La verità della creazione è precisamente, in primo luogo, la risposta alla prima domanda. All’origine della mia persona sta un atto di intelligenza e di volontà, in una parola un atto di libertà, del padre che decide di pormi in essere. Si tratta di un atto di pensiero: il padre ha pensato ciascuno di noi, poiché non può volere se non ciò che ha pensato. Si tratta di un atto di volontà: il padre, fra le infinite persone umane possibili, ha voluto che esistessi io, che esistessi tu, cioè ci ha scelti. Dunque, all’origine del mio esserci sta una scelta assolutamente libera di Dio. Io esisto perché mi ha voluto. Lo proclamiamo nel Credo: «Credo in Dio, Padre Onnipotente, creatore del cielo e della terra…». Ci sono tante conseguenze che sviluppano l’affermazione che sto facendo. Mi limito a dirne una che sento necessaria per me e per voi. Conseguenza di questa verità è che non esiste nessuno che non sia degno di esistere, nessuna vita umana che non abbia significato. Ogni persona, qualunque siano le sue condizioni fisiche, è degna di rispetto infinito. Nella produzione degli oggetti si può parlare di prodotto riuscito bene, riuscito male o non riuscito; i prodotti non riusciti si scartano, ma nessuno esce dalle mani del Padre non prodotto bene, ciascuno è un capolavoro agli occhi del Padre che lo ha amato. Quanto detto per la più alta delle creature, vale in certo modo per tutte le altre uscite dal pensiero di Dio creatore, per questo ripetiamo insieme, uniti a tutte le comunità: «Quanto grandi sono le tue opere, Signore» e «hai fatto di noi un prodigio» (cfr. Sal 138,14).