Omelia nella festa di San Leone a Pennabilli
Pennabilli (Cattedrale), 1° agosto 2019
Gn 12,1-4
Fil 4,4-9
Mt 7,21-27
La prima caratteristica di san Leone, nostro patrono, padre nella fede e fondatore della nostra Chiesa locale, messa in luce dalla liturgia è la provenienza lontana. Leone è un esule, un migrante a causa del Vangelo. Il Signore lo ha fatto uscire – questo è il verbo che approfondirò nell’omelia di oggi pomeriggio a San Leo – dalla sua patria, Arbe in Dalmazia, e dalla casa di suo padre. Il vescovo di Rimini, Gaudenzio, lo invia sui monti dell’entroterra per portare l’annuncio di Gesù Risorto. Non facciamo fatica a vedere nella sua vicenda l’avventura spirituale di Abramo, quattro versetti in tutto (cfr. Gen 12,1-4), ma che fanno venire le vertigini! Tra noi ci sono sacerdoti, sorelle, monache, che vengono da altri continenti e che hanno sperimentato questi versetti con tutta la forza che contengono; ma sono anche versetti che dicono una esigenza radicale: «Vattene dal tuo paese, dalla tua patria, dalla casa di tuo padre e va’ verso il paese che io ti indicherò; farò di te un grande popolo e ti benedirò…» (cfr. Gn 12,1-4). Chissà che cosa provano questi nostri amici, perché, si sa, il cuore è il cuore.
Il comando ad uscire, come vedete, è accompagnato da una promessa. Noi, raggiunti dalla predicazione di Leone, siamo innestati in quel “popolo della benedizione”, che ha ricevuto dai messaggeri del Vangelo la raccomandazione dell’affabilità verso tutti, della letizia che proviene dalla confidenza nel Signore, della preghiera di supplica e di ringraziamento, della ricerca di ciò che è vero, nobile, puro, amabile e onorato, come raccomanda la Seconda Lettura (Fil 4,4-9). Chiediamo a san Leo di ottenerci tanti ministri, annunciatori miti e forti del Vangelo. Preghiamo perché i chiamati sappiano far proprio questo invito del Signore, ma soprattutto sappiano far posto nel loro cuore al suo amore. Diventare pastore, oggi, è tutt’altro che ricercare un posto in vista o carriera, men che meno sistemazione e ricchezza. Davanti a chi risponde all’invito del Signore si apre un apostolato esaltante, ma spesso itinerante, data la situazione; una vita apostolica semplice, tra la gente, con la preferenza per i più piccoli, per gli ammalati, per i giovani. Ogni chiamato dovrà contribuire a creare una famiglia attorno al Pastore, dovrà sentire gli altri chiamati come fratelli più che come colleghi.
Il Vangelo che abbiamo ascoltato tratteggia la figura del saggio architetto che costruisce la casa sulla roccia. Chi ha scelto questa pagina evangelica per la festa di san Leone ha certamente pensato alla collocazione della nostra Cattedrale, una Cattedrale una ed unica in due spazi; alludo a quella costruita sulla pietra di San Leo, ma soprattutto a quella fondata sulla solida roccia dell’amore di Dio. La storia è maestra di vita, è sacra, perché fra le sue pieghe il Signore si fa presente, accompagna e responsabilizza.
Nella solennità di san Leone, nostro patrono, viene da chiedersi come sia accaduto il prodigio dell’evangelizzazione di questa terra; dalla spora del Vangelo sono usciti incredibilmente i segni che l’hanno resa gravida di tanti credenti: la Chiesa è madre!
Vorrei conoscere – e invito tutti a farlo – la storia della nostra Chiesa locale. Anche il nostro mensile, “Montefeltro”, dedica pagine, puntualmente, su figure e istituzioni che appartengono alla storia della nostra Diocesi. Anzi, nel recente incontro organizzato con i giovani consacrati – giovani della nostra terra che si consacrano a Dio e partono, come Abramo, per destinazioni da loro neppure calcolate, oppure altri che, da fuori, il Signore ha portato tra noi – abbiamo voluto scendere in piazza durante la manifestazione di “Artisti in piazza”, che in corso in quei giorni. Chi è più artista di questi giovani! Nel nostro incontro abbiamo approfondito aspetti della spiritualità delle nostre genti. Siamo arrivati persino a formulare una domanda: c’è una spiritualità tipica del Montefeltro, una spiritualità con un timbro peculiare? Domanda per ora ridimensionata, ma tuttavia motivata non da campanilismo, ma dalla gratitudine per la figura di tanti santi e beati, per la fede, nella sofferenza e nella prova, di tante famiglie, dalle testimonianze non solo di pietra, ma di istituzioni e di persone che hanno affrontato con coraggio le prove. Ho avuto modo di studiare un poco l’origine e il prodigio dell’evangelizzazione nella mia terra di provenienza – anche se ormai considero questa la mia terra – e analogicamente credo di poter rintracciare alcuni fattori che favoriscono la nascita di una Chiesa locale. Il primo è la testimonianza iniziale dei laici; all’inizio fu così anche qui da noi, perché Marino e Leone erano laici missionari che hanno raccontato il loro incontro col Vangelo. Leone successivamente sarà presbitero, Marino diacono, ma la loro partenza è da laici che lavorano le pietre, al porto di Rimini e, prima ancora, in Dalmazia. Laici, cioè cristiani, accompagnati e sorretti dalla forza del Battesimo. Pensate a cosa può fare il Battesimo!
Il secondo fattore è l’implantatio ecclesiae. Con la vita e con la relazione tra le persone si sente la necessità di avere un luogo per la preghiera, un magistero e un collegamento con la Chiesa di origine, per noi quella di Rimini, saldamente connessa con quella di Roma. Non è mai venuto meno questo collegamento.
Il terzo fattore che ha consentito l’evangelizzazione di queste terre sono i sentieri e le strade; non strade particolarmente importanti, tuttavia sentieri che hanno favorito collegamenti attraverso cui pellegrini hanno potuto raccontare la fede, la vita dei santi, mantenere relazioni, mettere in comunicazione esperienze spirituali.
Il quarto è un fattore ancora oggi presente e molto promettente: è la presenza della vita eremitica, monastica e conventuale. A noi, che siamo un po’ come Marta, queste risorse possono apparire poco efficaci. I contemplativi, seduti ai piedi del Maestro, sono i custodi del sacro, presenza che irradia spiritualità. La nostra terra è stata prescelta da tante persone che, come uccelli, hanno nidificato tra noi. Sarà stata l’attrattiva dei nostri luoghi e l’accoglienza che abbiamo saputo e che sappiamo ancora oggi riservare loro… Avere in Diocesi sette monasteri di clausura e tre eremiti è un grande dono di Dio. E che dire poi dei laici che si consacrano, che vivono ogni giorno il loro Battesimo, che si impegnano nel sociale?
Oggi, 1° agosto, comincia una sorta di pellegrinaggio ideale: oggi la festa del fondatore Leone; il 3 settembre la festa dell’altro fondatore, Marino; il 1 settembre la Giornata per la Custodia del Creato, giornata istituita dal Santo Padre Benedetto XVI e che papa Francesco incoraggia, preoccupato per le sorti del nostro pianeta. Il cristiano è custode del Creato, crede nella Creazione, crede che non siamo un agglomerato di elementi primordiali che si sono condensati, ma che ci sia un progetto. Vorrei che questa giornata fosse celebrata con solennità; la celebreremo, come Diocesi, sulle rive del lago di Soanne: fate il possibile per esserci! Il nostro pellegrinaggio continua con l’ordinazione sacerdotale, in Cattedrale, di un figlio della nostra terra, don Luca Bernardi, sammarinese e con la professione solenne di suor Giulia Cenerini, di Pennabilli, che ha compiuto il cammino accompagnata in questi anni dalle sue sorelle. La professione solenne sarà a San Gabriele dell’Addolorata il 24 agosto. Dunque, un mese tutto vocazionale, dai santi fondatori, alla nostra chiamata ad abitare la terra per il progetto di Dio, per arrivare poi ad un fratello e ad una sorella che si donano al Signore. Don Luca, suor Giulia, pensate di aver ricevuto un dono senza alcuna ambizione, grati per essere stati chiamati dal Signore. Sia lodato Gesù Cristo.