Omelia nella II domenica del Tempo Ordinario

Pennabilli (monastero della Rupe), 20 gennaio 2019

Is 62, 1-5;
1Cor 12,4-11
Gv 2,1-11

Gesù, Maria e i discepoli sono invitati ad uno sposalizio nel “terzo giorno”. Il vino viene a mancare… «Fate tutto quello che lui vi dirà!», dice Maria riprendendo le stesse parole del faraone agli Egizi durante la carestia: «Andate da Giuseppe e fate tutto quello che lui vi dirà» (cfr. Gn 41,55). Giuseppe, l’ebreo votato alla morte dai suoi fratelli, era sopravvissuto, prima schiavo, poi prigioniero e interprete dei sogni.
Quali sono gli ordini di Giuseppe? Aprire i granai per accogliere il grano e poi ridistribuirli nei giorni delle “vacche magre” per soccorrere quanti arrivano a causa della loro miseria.
Gesù, che dà compimento a tutte le figure della Prima Alleanza, è, come Giuseppe, votato alla morte, ma eccolo risorto, vivente per sempre. Viene non solo per sfamare le folle – lui, pane di vita – ma per versare il vino delle nozze.
In modo stilizzato san Giovanni ci riporta al mistero della morte e della risurrezione di Gesù, che già si profila: Gesù, uscito vivente dal sepolcro il “terzo giorno”, viene per le nozze definitive fra Dio e l’umanità, e l’acqua cambiata in vino ne è il segno. Questo miracolo, ben lontano d’essere il racconto di una cronaca di paese, è il “primo dei segni”, è epifania del Messia, il Signore. La liturgia ce lo propone come ultimo suggello del tempo natalizio, tempo della manifestazione.
Oggi sale da tutte le chiese la preghiera per l’unità. «Fate tutto quello che lui vi dirà», dice Maria. «Ut omnes unum sint», dice Gesù. E noi? Eccoci all’opera nel cantiere per fare un mondo unito. Preghiamo.