Omelia nel Natale del Signore – Messa del giorno
Pennabilli (Cattedrale), 25 dicembre 2018
Is 52,7-10
Sal 97
Eb 1,1-6
Gv 1,1-18
(da registrazione)
Non saremmo qui a celebrare il Natale se la Pasqua non ci avesse certificato la messianicità di Gesù. «Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente. Dopo aver compiuto la purificazione dei peccati, sedette alla destra della maestà nell’alto dei cieli, divenuto tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato». Con queste parole l’autore della Lettera agli Ebrei descrive la grandezza sfolgorante del Messia. Possiamo leggere i Vangeli dell’infanzia con la lente di ingrandimento pasquale. C’è una corrispondenza, a volte letterale, nelle narrazioni pasquali e natalizie. Per esempio, lo stesso legno: il legno della mangiatoia e il legno della croce; i “tre giorni” nei quali Gesù viene smarrito nel tempio e i “tre giorni” della sua sepoltura, ma soprattutto l’annuncio della gioia: «Vi annuncio una gioia grande» (Lc 2,10), dicono gli angeli ai pastori; sono le stesse parole pronunciate alle prime luci dell’alba del giorno della Pasqua. Poi, il dramma del Bambino accolto dai piccoli, ma rifiutato dai potenti. Sono solo alcune delle tantissime corrispondenze.
Oggi ci viene data la possibilità di abbracciare con un solo sguardo l’intero mistero di Gesù attraverso la lettura del Prologo del Vangelo di Giovanni, senza dubbio uno dei testi più belli che siano mai stati scritti. Prendiamoci il tempo di leggere e rileggere ogni versetto e di lasciarcene impregnare intelligenza e cuore. In poche righe Giovanni condivide con noi il frutto di ciò che ha contemplato nel corso della sua vita, a partire dal primo incontro con Gesù. Anzitutto il mistero luminosissimo, accecante, della comunione intima in Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo: il Figlio, suo Verbo fatto carne, mandato per l’umanità, mandato ad «abitare in mezzo a noi» (lett. «piantare la sua tenda tra noi» con tutti i rimandi all’Esodo) e a farsi rivelatore e interprete del «Dio che nessuno può vedere» (cfr. Gv 1,18). Nessuno lo ha mai visto: lui ce l’ha rivelato. E noi non smettiamo di ricevere da lui «grazia su grazia» (Gv 1,16). Eccedenza del suo amore! Che questo Vangelo sia nostra luce per ogni giorno! Gustiamolo interiormente.
Giovanni non racconta l’episodio della Natività. Se dovessimo stare alla lettura solo del quarto Vangelo non festeggeremmo il Natale in questo modo (con il presepio, i pastori, ecc.). Giovanni riassume il Natale in una sola formula: «Il Verbo si è fatto carne» (Gv 1,14). Ci mette di fronte ad un paradosso che va al di là di ogni immaginazione e di ogni umana aspettativa. Noi normalmente cerchiamo di farci grandi; Dio, nell’evento del Natale, sceglie di rimpicciolire. Un capovolgimento: lui che è Dio si fa carne, materia, corpo, cioè limite. Da questo momento in poi egli è qui, a Betlemme e non a Nazaret, per le vie della Galilea e non a Gerusalemme; ha una data di nascita e di morte, ha dei tratti somatici particolari e una figura che lo circoscrive. Questa fede è il genio sconvolgente del cristianesimo. Gesù dice: «Io sono qui; mi potete toccare, abbracciare o uccidere. Sono completamente disponibile. Non si dovrà più dire che io sono un’ombra, che non so cosa vuol dire vivere. Anch’io prendo dall’Alto la carica per smuovere questo corpo fragile, opaco, limitante. Sudo e sanguino per l’angoscia, mi contorco per il dolore fino a rendere il mio corpo come uno straccio che non è più possibile indossare. E tutto questo per amore. Solo per amore».
Nell’incarnazione Dio, per così dire, si specchia sulla nostra umanità: egli si fa a nostra immagine. Allora piange, ha paura, conosce la fame. Non ha evitato ma “sposato”, indissolubilmente, la nostra realtà. Così ci ha aperto una via di piena umanità. Prima dell’incarnazione si discorreva molto della sua grandezza, meno dell’uomo. A Natale risplende la vera grandezza di Dio che è farsi piccolo. Ma a Natale viene proclamata anche la grandezza dell’uomo: una piccolezza innalzata in questo Dio incarnato. Così diceva Leone Magno ai cristiani: «Considera, o uomo, la tua dignità» (San Leone Magno, Disc. 1 per il Natale, 1-3; PL 54,190-193). Portiamoci a casa quello che Paolo, pieno di stupore, diceva ai discepoli di Roma: «Se Dio è per noi – e il Natale dice questo – chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio figlio, ma lo ha dato per tutti noi, non ci darà forse ogni cosa insieme con lui?» (Rm 8,31-32).
Cari fratelli e sorelle, ecco il fondamento della nostra speranza. Ecco con quali occhi guarderemo d’ora in poi il nostro prossimo e il mondo attorno a noi. Buon Natale!