Omelia XXXIV domenica del Tempo Ordinario Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo
Pennabilli (Cattedrale), 25 novembre 2018
Conferimento dei ministeri
Dn 7,13-14
Sal 92
Ap 1,5-8
Gv 18,33-37
(da registrazione)
Oggi, in tutta la Chiesa, da un capo all’altro del mondo, risuona un’unica acclamazione: «Gesù, nostro Re!». Profumi d’incenso, cori possenti… Ma adesso Gesù, fissando negli occhi, con amore, ciascuno di noi, fissando negli occhi la sua Chiesa domanda: «Dici questo da te oppure altri ti hanno persuaso?». È una parola, quella che suggerisce Gesù, che mette in crisi, una parola che apre i cuori alla verità. «Chi sono io veramente per te? Oltre le frasi fatte, le liturgie convenzionali e gli slanci. Se mi elimini dalla tua vita speri di regnare più tranquillamente nel tuo piccolo feudo oppure senti la mia regalità come una tua possibile liberazione?». In verità la sovranità di Gesù è un antidoto alla brama di potere, di contare, di apparire che cova in ogni essere umano. «Il mio regno non è di questo mondo (Gv 18,36)», dice Gesù. Questo non significa che Cristo è Re di un altro mondo, ma che è Re in altro modo.
Consentitemi un approfondimento. L’evangelista Giovanni riferisce gli atti processuali culminanti prima con l’incoronazione di spine di Gesù e poi con la sua crocifissione. L’umanità incredula presentata da Pilato e dai Giudei lo sbeffeggia come re per burla. In realtà è Dio che lo sta incoronando. Il brano può essere letto da un punto di vista storico e da un punto di vista teologico. Storicamente Pilato ha fiutato un pretendente politico che potrebbe sconvolgere gli equilibri della realpolitik romana. A Pilato non importano le complicate questioni religiose riguardanti il Messia. Lo preoccupa l’indiziabilità politica di Gesù sulla base delle accuse mossegli dal potere giudaico. «Dunque tu sei re?» (Gv 18,37). Si fronteggiano da una parte colui che detiene il potere e la spada e dall’altra il prigioniero disarmato. Che fa Gesù? Gesù non si smarca, ma vuole aiutare il governatore a capire l’accusa. Conferma di essere re, ma in modo assolutamente eterogeneo rispetto ai sospetti di Roma e anche rispetto alla grossolana accusa dei Giudei. Il suo regno non è di questo mondo, ma cambierà il mondo perché un’altra è la verità della storia. A questo punto Pilato è ancora più confuso: di quale regalità si tratta? Gesù è un re senza corte, senza esercito, senza appoggi politici, senza un seguito se non un gruppo di straccioni. Una regalità evanescente, legata esclusivamente alla verità. Ma che cos’è la verità? Pilato dovrà concludere per l’innocenza politica di Gesù, anche se firmerà l’atto di condanna.
Dal punto di vista della teologia, la lettura di fede degli atti processuali scorge nei fatti il realizzarsi del progetto di salvezza del mondo che ha in cuore Dio. L’accusa è vera: Gesù è Re, ma è Dio che lo incorona. Gesù è Re, perché viene da Dio. Il suo primo trono fu una mangiatoia, l’ultimo una croce. E da questa non ha voluto scendere. Il regno di Gesù non è una delle tante società esistenti, seppur potrebbe essere la migliore, ma la suprema rivelazione che la comunione con Dio è possibile per ogni uomo, a qualunque realtà politica appartenga. Non abbia paura Erode, non tema Pilato; la regalità di Gesù rivela quanto Dio ami l’uomo. Il suo è il regno dell’amore, l’amore che serve l’altro, che lava i suoi piedi, che fascia le sue ferite, che sostiene nel laborioso cammino. Il regno di Dio è lo spazio dove non solo Gesù ma tutti possiamo essere re, perché liberi di amare, ossia di rendere felice l’altro.
Nel momento della condanna ad una morte orrenda Gesù resta libero di amare, non si lascia sommergere dalla negatività, continua a trasformare il male dell’ingiustizia nel bene del perdono. La stessa libertà è di fronte a noi come programma di vita. Liberi di servire.
Cari amici, care amiche, oggi venite presentati per essere istituiti ministri, come lettori, come accoliti o come incaricati ministri straordinari della Comunione. È molto bello quanto sta per accadere questa sera nella nostra cattedrale. Stiamo per accogliere e benedire il vostro desiderio di corrispondere a quella che vi è sembrata un’intima chiamata del Signore: «Vuoi regnare con me, cioè servire?». Siete accompagnati dalla buona testimonianza dei vostri parroci, dalla vostra comunità, incoraggiati da tanti amici e dal favore della vostra famiglia. Attesto come sia provvidenziale che questa liturgia si celebri proprio oggi, solennità di Cristo Re.
Carissimi, vi assicuriamo la nostra preghiera, vi auguriamo un ricco ministero sotto la guida dei vostri parroci e di chi vi segue per incarico del Vescovo, il diacono Graziano. Dite, con gioia nei vostri cuori, a Cristo, che è Re di cuori: «Io sono tuo». Gesù Risorto vi accompagni e sia la vostra forza. Così sia.