Omelia nella XXVI domenica del Tempo Ordinario

Macerata Feltria, 30 settembre 2018

Apertura della Visita Pastorale nella parrocchia di Macerata Feltria

S. Cresime

Num 11,25-29
Sal 18
Giac 5,1-6
Mc 9,38-43.45.47-48

(da registrazione)

1.
Rispondo ad alcune domande: «Chi sono io?».
Sono il Vescovo di San Marino-Montefeltro. Venendo da fuori, posso dire che la nostra diocesi è molto bella e posso anche testimoniare che è completa, anche se non è una diocesi grande come quella di Milano o di Firenze. Consiste in 860 km2, ma in gran parte è spopolata… Molte persone hanno cercato lavoro e possibilità di miglioramento per la loro famiglia altrove, emigrando. È composta da 82 parrocchie, comprese quelle più piccole. Nella diocesi risiedono cinquanta sacerdoti, sedici religiosi e sette monasteri di clausura. Inoltre, sono presenti tre eremiti e dieci diaconi (proprio ieri ne sono stati consacrati due; uno di loro faceva il camionista: il Signore chiama chi vuole, quando vuole e dove vuole). Questa diocesi ha un vescovo. Quelli che vengono a Messa conoscono il mio nome, che viene incastonato nel Canone, la grande preghiera della Chiesa, dove accade la consacrazione del pane e del vino. Vengo nominato non per manie di grandezza, ma perché, fin dall’antichità, i cristiani hanno avuto coscienza che il vescovo è successore degli apostoli: è colui che testimonia la risurrezione di Gesù. Furono gli apostoli a vedere Gesù Risorto e Gesù a loro ha affidato il compito di annunciare. Gesù ha voluto che anche i discepoli e le donne, tutti, fossero annunciatori della sua risurrezione. Siamo qui, cari amici, questa domenica, non perché siamo appassionati di un morto, Gesù, ma perché siamo appassionati di un vivo: Gesù è vivo in mezzo a noi!

2.
«Che cosa viene a fare il Vescovo nella nostra parrocchia? Viene a fare l’ispettore?».
No, non è questo lo scopo della visita. La Visita Pastorale è una sorta di piccola missione. Il Vescovo viene per incoraggiare, perché i tempi sono duri, per tutti; e viene per riscaldare i cuori. È vero, è finito il cattolicesimo sociologico, cioè “automatico”, legato alle vicende del territorio e della storia locale. Oggi il cristianesimo diventa sempre di più un’opportunità nella libertà e nell’accoglimento della grazia. Forse le nostre comunità oggi si sono rimpicciolite, ma devono essere vivacissime, entusiaste. Qui si viene – rispondo così all’ultima domanda – per incontrare Gesù. Segno della sua presenza è anzitutto la sua Parola. Incontriamo Gesù anche nei segni sacramentali: «Tutto quello che fu visibile del nostro Redentore è passato nei segni sacramentali» (SAN LEONE MAGNO, Tractatus 74, 2: CCL 138 A, 457). Ci sono dei gesti che Gesù stesso ha pensato, voluto e istituito. Ne nomino solo alcuni, ma tutti e sette i sacramenti sarebbero da dire cantando, pieni di gratitudine, perché in quell’umile segno il Signore Gesù dà appuntamento ai suoi discepoli.

3.
Pensiamo al Battesimo. La stragrande maggioranza di noi è battezzata, è stata tuffata simbolicamente nell’acqua, ma in verità il tuffo era ad altre profondità, era addirittura nella vita di Dio. Da bambini non comprendevamo; l’hanno fatto per noi i genitori e i padrini e le madrine. Sono state pronunciate su di noi alcune parole. «Tu sei figlio, figlio mio» (cfr. Mc 1,11). Pensate, abbiamo un Dio che ci è dato. Poi continua: «Tu sei… l’amato». Questa parola fu pronunciata su Gesù. La parola «l’amato» («agapetòs» nella lingua greca), era parola che veniva riservata solo ad Isacco, il figlio della promessa. La «voce dal cielo» la pronuncia su Gesù e, nel Battesimo, è pronunciata su ciascuno di noi. Ognuno di noi è «l’amato». Vi chiedete spesso perché noi sacerdoti teniamo tanto a che veniate in chiesa la domenica. Ci teniamo perché ognuno di noi ha bisogno di sentire che all’inizio della nostra vita sta questa parola: siamo amati. Veniamo in chiesa per sentirci amati, per essere rincuorati in questa certezza. La terza parola che abbiamo udito nel giorno del Battesimo fu: «Tu sei mio compiacimento». Il Cielo, chinandosi su quella creatura che viene tuffata nell’acqua che simboleggia la vita di Dio, è pieno di gioia. E se uno dicesse: «Ma io sono un peccatore?»; per lui Gesù ha detto: «C’è più festa in cielo per un peccatore che si presenta e chiede umilmente perdono, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione» (cfr. Lc 15,7). E tutti abbiamo bisogno di conversione!

4.
Voglio nominare un altro sacramento, il sacramento della Cresima. Cari ragazzi, tra poco verrete qui davanti, stenderò le mani su di voi e invocherò lo Spirito Santo, insieme a don Graziano, affinché scenda su di voi. Poi verrete uno ad uno e ungerò la vostra fronte con un olio profumato. All’inizio sentirete l’umido di quest’olio sulla fronte, poi non sentirete più nulla, ma il simbolo rimane: il bacio del Signore non si cancellerà mai. Qualsiasi strada prendiate nella vita, qualsiasi esito avrà la vostra esistenza, sarete baciati dal Signore. Dicendo forte il vostro «credo», accettate di crescere come cristiani.

5.
Accenno ad un altro sacramento. Tra poco don Graziano, insieme con me, pronuncerà delle parole sul pane; sono le stesse parole che ha pronunciato Gesù: «Prendete e mangiate questo è il mio corpo dato per voi» (Mt 26,26).
Ricordo che in parrocchia, quando mi chinavo sul pane e pronunciavo quelle parole, i bambini che venivano alla Messa, magari per la prima volta, si guardavano attorno stupiti, perché vedevano tutta la comunità che scendeva in un profondo raccoglimento. E io, che alzavo la voce durante la Messa per farmi sentire bene e per sgridarli un po’, dicevo sottovoce le parole di Gesù sul pane. Quel silenzio era emozionante anche per me sacerdote. Per noi sacerdoti che da tanti anni celebriamo la Messa c’è il rischio diventi un’abitudine. Invece quelle parole, ogni volta, sono straordinarie. Ecco la presenza di Gesù Risorto. Noi ci inginocchieremo davanti a Lui. Dopo la Comunione canteremo e ci uniremo alla festa di un popolo intero che si nutre di Gesù, ma, finito il canto, vorrei che ciascuno di voi ragazzi instaurasse nel cuore una conversazione con Gesù. Vi suggerirò brevemente come imbastire il vostro colloquio a tu per tu con il Signore.

6.
Farò soltanto una sottolineatura sul bellissimo brano del Vangelo di Marco. Mi ha colpito la sproporzione fra il gesto d’amore che Gesù prende come simbolo e la ricompensa: la ricompensa è il Regno di Dio, il gesto è dare un bicchier d’acqua fresca ad una persona che ha sete. La Parola del Signore è una rivoluzione, perché noi siamo abituati a fare le cose in modo contrattuale. Invece il Signore Gesù ribalta questa logica: «Basta un bicchiere d’acqua per ottenere il Regno di Dio». Mi viene da ripetere quello che dicevo tante volte nella mia comunità. Ora siete voi la mia comunità. «Non c’è amore? Non lamentarti: metti amore tu». Il bicchier d’acqua è soltanto un simbolo di tutto il bene che tu puoi fare e così farai crescere il livello umano e spirituale della comunità.
Al rovescio – ma non mi soffermerò tanto – lo scandalo. La parola “scandalo” significa “inciampo” (in greco “trappola”). Dobbiamo stare molto attenti: basta un bicchier d’acqua per avere la ricompensa grande del Regno di Dio, ma basta uno scandalo per sentire quelle parole inimmaginabili sulla bocca di Gesù: «Meglio per lui che gli si metta una macina da mulino al collo… » (cfr. Mc 9,42). «Signore, non vogliamo essere di ostacolo alla fede di nessuno. Ti chiediamo perdono se qualche volta abbiamo scandalizzato. Vogliamo partecipare con papa Francesco alla purificazione della Chiesa». Accompagniamo papa Francesco con la nostra preghiera e la nostra comunione.