Omelia in occasione della Veglia dei giovani per la festa di San Marino
San Marino Città, 2 settembre 2018
1Gv 2,12-15
Sal 47
At 2,42-48
Mt 5,13-16
(da registrazione)
Cari ragazzi,
per me è una grandissima gioia questa sera essere con voi. Provo una grande commozione a rivedervi dopo un’estate che, almeno in Italia, è stata molto tribolata. Penso all’incidente sull’autostrada di Bologna che ha creato una voragine a Borgo Panigale; penso al ponte di Genova e al crollo del tetto di una chiesa nel centro storico di Roma. Il nostro pensiero va a tutte le persone che hanno sofferto. In tutte quelle circostanze ho mandato un telegramma a nome mio e di tutta la comunità. A Genova vivono molti sammarinesi e molte persone originarie della Val Marecchia, che negli anni dell’emigrazione hanno trovato nella città casa e lavoro.
L’estate è stata anche stagione di campi scuola, di ritiri, di incontri. Sono stato in molti di questi, almeno per qualche ora.
1.
Come in una famiglia voglio mettervi a parte del cammino che la nostra Chiesa di San Marino-Montefeltro intende percorrere quest’anno. È un cammino iniziato da tanti anni (oggi la Repubblica ha compiuto 1718 anni!), ma mi riferisco soprattutto al cammino di questi ultimi anni.
Ed è un cammino che vogliamo fare ancora più uniti a papa Francesco. Oltre al suo ministero di vescovo di Roma e di Pontefice, penso abbia anche una personalità capace di rinnovare la Chiesa, capace di purificarla coraggiosamente. Al Papa ho scritto alcuni giorni fa per dire che i sammarinesi-feretrani sono in comunione con lui e lo ringraziano per quello che ha detto e ha fatto a Dublino, all’Incontro mondiale delle famiglie.
2.
Il Papa usa spesso una parola, che sentite sicuramente dire anche dai vostri parroci, antichissima e dal significato molto semplice: la parola sinodalità, cioè l’arte di camminare insieme (dal greco syn odos: fare cammino insieme): parrocchie e associazioni, laici e consacrati, adulti e giovani, tutti insieme! Per camminare insieme occorre un minimo di disponibilità, poi l’amicizia e l’amore crescono cammin facendo. Se ci si tira fuori dal cammino non si farà mai amicizia vera. Perché camminare tutti insieme?
Insieme, perché si è più incisivi sulla realtà.
Insieme, perché siamo un solo popolo che ha per legge il comandamento dell’amore, per statuto la libertà e la dignità dei figli di Dio, per fine il Regno di Dio e, pur nell’apparenza di un piccolo gregge, è un germe di unità, di speranza e di salvezza per tutti (cfr. LG 9).
Insieme, perché è più bello: ci si aiuta, se si cade c’è chi ci rialza, se si è infreddoliti ci si scalda… Come si fa a scaldarsi da soli? Guai a chi è solo! (cfr. Qo 4,9-12).
Insieme – e qui occorre la fede! –, perché Gesù in persona ha assicurato di essere presente fra due o più uniti nel suo nome (cfr. Mt 18,20).
Papa Francesco è un vostro grande amico. L’abbiamo sentito nello spezzone di catechesi che è stato proiettato all’inizio della Veglia. Ho meditato anch’io le domande che alcuni giovani, a nome vostro, gli hanno rivolto nel raduno dell’11-12 agosto a Roma. Domande molto forti, imbarazzanti, senza peli sulla lingua (come è accaduto anche a me nell’incontro con i giovani di Novafeltria durante la Visita Pastorale). Ho ascoltato le meravigliose risposte del Papa: non ha alzato barriere e ha detto ai giovani di continuare a sognare, di aiutare la Chiesa a convertirsi, a rinnovarsi. Ad un recente incontro una persona, sbagliandosi, ha detto che ad ottobre ci sarà il Sinodo dei giovani, anziché il Sinodo sui giovani. Se anche l’espressione non era esatta, era vera: è il Sinodo dei giovani, perché tanti pastori si sono messi in ascolto e quando si riuniranno a ottobre porteranno le istanze, i desideri, le voci dei giovani.
3.
L’anno scorso, come diocesi, ci siamo dati questo programma: «Tra la gente con la gioia del Vangelo». Siamo un popolo che vuole essere come sale che dà sapore e come luce che illumina tutti quelli che sono nella casa, così ci dice il Vangelo (cfr. Mt 5,13-16). «Tra la gente», perché sappiamo di essere un popolo non arroccato sulla cittadella, a fare le nostre cose (cattoliche), ma proprio perché siamo cattolici, siamo contenti di immergerci nella realtà, nello sport, nella scuola, negli ambienti di lavoro (durante la Visita Pastorale alla parrocchia di Borgo il parroco mi ha portato una mattina intera al mercato, tra la gente). Sì, vogliamo “metterci dentro”. Stare tra la gente «con la gioia del Vangelo». Non sempre si è allegri: a volte occorre anche un po’ di “divina commedia”, cioè far venir fuori la gioia che sta in fondo al cuore anche quando qualche nube ci rende tristi.
Divideremo il percorso del nuovo anno pastorale – ma non saranno soltanto riunioni, catechesi, istruzione, verranno proposte delle esperienze – in tre “arcate”.
4.
Nella prima “arcata” (da settembre a Natale) proveremo a rispondere a questa domanda: che cosa è successo veramente «alle prime luci dell’alba», in quel primo giorno della settimana?
Alludo alla Pasqua, alla risurrezione di Gesù, il big bang della fede cristiana. In quei primi istanti l’evento della risurrezione ha messo in moto poche persone, ma una quantità smisurata di energia. I primi testimoni hanno capito che era successo qualcosa di incredibile: Gesù è risorto! La comunità cristiana degli inizi non raccontava altro. Le prime parole non erano: «amiamoci gli uni gli altri», «siamo fratelli». Le prime parole erano: «Gesù è vivo!». Poi è venuto tutto il resto: la comunità che si riunisce, «erano un cuor solo e un’anima sola», «tutto era fra loro comune», i cristiani che diventano coraggiosi testimoni (cfr. At 2,42-48), ecc.
Ma cos’è successo veramente? Perché dodici pescatori illetterati e timorosi hanno conquistato il mondo? Perché Stefano ha avuto il coraggio di dare la vita per Gesù, poco dopo averlo conosciuto?
La seconda “arcata” (da Natale a Pasqua) ci chiederemo: che cosa c’entra la risurrezione di Gesù con la nostra vita? La risurrezione riguarda solo Gesù?
Qui sarà molto interessante comprendere come la vita presente, pervasa dalla potenza della risurrezione di Gesù, possa trasformarsi. A volte si è in crisi, giù di morale per qualche fallimento: si può risorgere! Gesù ci dà l’energia, ci libera dai nostri condizionamenti e ci libera dalle nostre paure.
Ma la risurrezione è una bella notizia anche per il nostro futuro. Parlare così a voi giovani sembra impertinente; ma, guardando al futuro, si pensa alla vecchiaia e poi alla morte: come sarà? Gesù Risorto ci comunica una eternità infinita di vita, di amore, di luce. La Chiesa non può tacere questa notizia, si svuoterebbe il messaggio cristiano.
La terza “arcata” (da Pasqua all’estate): come possiamo incontrare Gesù Risorto e la potenza della sua risurrezione (cfr. Fil 3,10)? La potenza della risurrezione è disponibile o è solo per pochi? È chiusa in cassaforte?
Sarà bello rivivere alla luce dei Vangeli le esperienze di incontro col Risorto degli apostoli e dei primi discepoli: Maria di Magdala e le donne; Pietro e Giovanni che corrono al sepolcro; gli apostoli, prima chiusi nel Cenacolo e poi fuggiaschi sulle rive del lago, che diventeranno grandi missionari; i discepoli di Emmaus che corrono a Gerusalemme per raccontare l’incontro; il persecutore Paolo che incontrerà Gesù sulla via di Damasco…
Dico con fierezza che il luogo “normale” dell’incontro con Gesù Risorto è la Chiesa. La Chiesa ha alcuni segni ai quali Gesù ha consegnato la sua forza – li chiamiamo sacramenti – in cui lui opera. Quando vado a confessarmi e il sacerdote dice: «E io ti assolvo dai tuoi peccati… », ho la certezza matematica che sono perdonato e torno a casa contentissimo.
Quando sento le parole pronunciate dal sacerdote sul pane: «Questo è il mio corpo», so che il Signore si dà a me, vivo, nel suo vero corpo.
Pensiamo, soprattutto, al primo sacramento: la risurrezione di Gesù sfocia nelle acque del Battesimo. Nel Battesimo la potenza della risurrezione di Gesù ci avvolge, ci pervade e ci fa nuovi.
«Gesù, noi crediamo che sei vivo e siamo felici questa sera di fare festa con te. Così sia.